lunedì 12 dicembre 2016

István Mike Mayer


István Mike Mayer, il debordante 'Pista' che vestì il rosso-blu negli anni 1940 e 1950. Magiaro di Budatétény, oggi inglobata nel XXII distretto della capitale ungherese ma fino al 1950 cittadina autonoma, venne acquistato dal Bologna nel 1947, su consiglio di Béla Sarosi ed espressamente voluto da Gyula Lelovics, suo connazionale e allenatore del Bfc. Arrivò accompagnato da un'ottima fama: in un triennio al Ferencváros aveva segnato più di 100 reti – epica una sua tripletta in un Ferencváros - MTK 3-0 nel marzo del 1946, partita giocata al fianco di László Kubala durante la quale bombardò letteralmente la porta dei bianco-blu di Budapest –, e aveva anche esordito nella Nazionale in cui evoluivano il bomber Ferenc "Bamba" Deák e il giovane Ferenc Puskás. I suoi inizi a Bologna non furono facili: un po' l'equivoco del ruolo (a volte impiegato come centravanti, a volte come ala), un po' l'ambientamento a una nuova realtà, lo videro non sempre titolare e raccolse la miseria di sole 6 reti. L'anno seguente la svolta; Mike, confermato titolare nel ruolo di ala destra dal nuovo allenatore del Bologna, l'austriaco Anton 'Tony' Cargnelli, già allenatore di fama negli anni Venti e Trenta, esplose in tutto il suo talento: 21 reti in 28 presenze, terzo posto nella classifica marcatori, ma soprattutto un repertorio straordinario di tecnica abbinata alla potenza: tiri da 30/40 metri che spesso si infilavano nel sette della porta o che bruciavano i guanti al portiere avversario. Una potenza fisica, di gamba, devastante, una specie di Nordahl ungherese che giocava ala. Memorabili i suoi 5 gol in un 6-2 al Livorno (record di marcature in un singolo match del campionato 1948-49), e le doppiette in Bologna - Juventus 3-0 e Bologna - Milan 3-1. Il resto è storia. Fu proprio Mike, dalla finestra della sua abitazione in via Luciano Toso Montanari, in zona Mazzini, a notare un ragazzino col pallone incollato al piede che faceva mirabilie. Lo segnalò subito a Lelovics che lo portò a fare un provino al Bologna. Il suo nome era Giacomo Bulgarelli. Mitico Pista! Üllői


venerdì 14 ottobre 2016

Sansone e Fedullo e il mondiale del 1930


Da appassionato lettore di storie rosso-blu del passato, mi è spesso capitato di leggere, senza poterne accertare la fonte, della pre-convocazione di Sansone e Fedullo nella lista dei trenta calciatori che si sarebbero giocati la presenza nel primo mondiale della storia, quello disputato in Uruguay nel 1930 — dopo una lunga diatriba tra le federazioni europee, la AUF e la stessa FIFA di Jules Rimet. Ho cercato di fare ordine e ho scoperto alcune cose interessanti. Intanto un primo dubbio: possibile che Sansone, all'epoca nemmeno ventenne, fosse stato preso in considerazione tra i trenta giocatori da una Nazionale reduce da due vittorie consecutive alle Olimpiadi, nel 1924 a Parigi e nel 1928 ad Amsterdam? e dove giocava, dato che oltre alla sua accertata provenienza dal CA Peñarol (in rosa nel 1931 e nel 1934, al suo breve ritorno in patria dalla prima apparizione bolognese), prima di quella data non vi sono notizie su di lui come giocatore? A quanto pare Rafael Sansone fu sì uno dei selezionati dalla AUF per la prima coppa del mondo. Non tra i trenta, ma era comunque nel listone iniziale. Sansone, prima di approdare al Peñarol nel 1931, era un giocatore del Central FC di Montevideo (oggi Central Español FC), club dalla maglia rossa a righe sottili bianche e calzoncini azzurri — squadra dalla quale, diversi anni dopo, il Bologna acquistò anche Héctor Puricelli, il celebre "testina d'oro" — che giocava nel campo di Parque Fraternidad, a Montevideo. 



Nel 1927 il Central retrocesse in segunda (la nostra B), ma vinse il campionato e tornò subito in primera, con Sansone in squadra a fare mirabilie. 'Faele' fece così bene nelle due annate successive da essere pre-convocato, assieme ad altri giocatori, nella prima lista dell'AUF per il mondiale. Fedullo (il cui cognome originario era Ferulo), soprannominato in patria "Piteta", era invece un giocatore già affermato: nazionale uruguayo con diverse presenze nella Celeste, più vecchio di 5 anni rispetto a Sansone (classe 1905), era una delle stelle della IASA (Institución Atlética Sud América, meglio nota in Uruguay col nome originario di Sud América, maglia arancio-nera e calzoncini neri) e del campionato Oriental. Ma la sua militanza uruguagia non si limitò solo a questa squadra: giocò anche per il Solferino e per il più celebrato Rampla Juniors FC, squadra dalla maglia rosso-verde con cui disputò una tournée in Europa nel 1929. Fedullo, anch'esso inserito nella lista iniziale del mondiale 1930, fu scartato all'ultimo momento con la lista di buena fe, che decise la rosa definitiva dei 22 per il mondiale. Assieme a 'Piteta' furono esclusi all'ultimo giro altri grandi del fútbol uruguayo dell'epoca, come il futuro rosso-blu Occhiuzzi e i campioni olimpici Pedro Arispe e Juan Arremón. 


sabato 9 luglio 2016

Emil Arnstein


Emil Arnstein, nato nel 1886 ai tempi dell'Impero austro-ungarico, ebreo boemo di Votice (oggi Repubblica Ceca, 60 km dalla capitale Praga), non fu solo uno dei fondatori del Bologna FC – oltre che consigliere, vice-presidente, presidente nel 1910, e primo arbitro federale in Emilia –, ma anche un calciatore del club rosso-blu nel ruolo di mediano. Arnstein, assieme al fratello Hugo, era stato tra i soci fondatori anche di un altro sodalizio calcistico, il Black Star di Trieste. Creato nel 1906 da Richard Löbl e Otto Krans (il primo ex DFC Prag, squadra della comunità ebraico-tedesca di Praga, mentre Krans proveniva dal DBC Sturm Prag 1898), il consiglio del club triestino era composto da tedeschi, cechi, inglesi, italiani e ungheresi. il Black Star indossava una casacca bianca con stella nera sul petto e calzoncini neri, mentre la sede societaria, ubicata nella città dell'alabarda nel cuore del Borgo Teresiano, veniva indicata sui quotidiani di lingua tedesca dell'epoca in questa maniera: "Black Star. Brief-Adresse: Emilio Arnstein, Via Torrebianca 9, Triest". Approdato a Bologna nel 1908 e fondato il club rosso-blu nell'ottobre del 1909, l'Emil Arnstein "footballer" venne schierato nelle amichevoli nei primi due campionati giocati dal Bologna, nel 1909-10 e nel 1910-11. Fu tra i protagonisti di un infuocato derby contro l'ASCM (Associazione Studentesca del Calcio Modena, società che poi diede vita al Modena FC nel 1912), il 17 aprile del 1910, sul Campo delle Manovre a Modena. L'incontro, vinto dal Bologna per 1-3 non senza polemiche, vide i rosso-blu scendere in campo in 10 contro 11, causa defezione del mediano Pietro Bignardi bloccato in caserma per il servizio militare. Sotto il tabellino dell'amichevole tra ASCM e Bologna. Fonte: Ass. Calciofili Modenesi.

Associazione Studentesca del Calcio Modena-Bologna 1-3 (0-3), poi abbandono del Modena all’81’, Modena, Campo delle Manovre (Campo di Marte), 17 aprile 1910.
MODENA: Rovina; Dal Bianco, Cartasegna; Mariani U., Scardovi, Zanasi C.; Ventura L., Beccherini, Secchi, Reggiani, Braga. All.: Ventura.
BOLOGNA: Orlandi; Mirto (Chiara ?); Nanni, Della Valle, Arnstein; Gradi, Mezzano, Bernabeu, Rauch-Louis, Donati.
Arbitro: Brivio di Verona
Marcatori:
ASC Modena: ? (?’)
Bologna: ? (15’), ? (?’), ? (45’)
Note: il Bologna scende in campo in 10 uomini (causa defezione di Bignardi per servizio militare, nda). All’81’ l’ASC Modena abbandona il campo per protesta contro una decisione dell’arbitro Brivio che non concede una marcatura di Reggiani. Successivamente Luigi Ventura, capitano del ASC Modena, chiese al Bologna di concedere un retour match che i cugini rifiutarono ritenendosi legittimi vincitori.


Il 17 aprile una Associazione Studentesca composta di  Rovina, Dal Bianco e Cartasegna; Mariani Ugo, Scardovi e Zanasi Canzio; Ventura, Beccherini, Secchi, Reggiani, e Braga, scese in campo alle 3 del pomeriggio contro un Bologna in dieci uomini per  l’assenza di un terzino. I campioni emiliani di IIIa Categoria schierarono Orlandi e Mirto; Nanni, Della Valle e Arnstein; Gradi,  Mezzano, Bernabeu, Rauch-Louis e Donati. Davanti a un pubblico enorme che non lesinò fischi agli ospiti, i bolognesi si portarono subito avanti per 2 reti a 0 contro un’ASC incapace di replicare. Verso il 40’ gli animi si surriscaldarono. Un giocatore rossoblu sparò verso la rete difesa da Rovina dalla distanza, il pallone destinato a finire sul fondo fu deviato da un bambino nella rete modenese. Apriti cielo! L’arbitro Brivio di Verona, socio dell’Hellas, convalidò il goal e i modenesi, capitan Ventura in testa, presero a contestare la decisione seguendolo per tutto il campo. Brivio fu irremovibile e il primo tempo si concluse sul 3 a 0 per i bolognesi. La ripresa vide un’ASC più gagliardo accorciare le distanze dopo una pressione che costrinse gli uomini di Arnstein, e di Antonio Bernabeu fratello del futuro fondatore del Real Madrid, Santiago, allora studente al Collegio Spagnolo di Bologna, nella loro metà campo. La speranza non era morta quando di traverso si mise nuovamente l’arbitro: Reggiani dopo un’azione confusa in area bolognese raccolse un pallone vagante e segnò il goal del 2 a 3 quando mancavano appena 9 minuti al fischio finale. Mentre i modenesi esultavano si udì un fischio dell’ineffabile Brivio: fuorigioco, il goal è annullato. Fioccarono le proteste, Brivio fu circondato ma ancora una volta non ritornò sui suoi passi e mantenne ferma la decisione. Avendone avuto abbastanza Papagni raccolse i suoi e li condusse fuori dal campo ritirandoli dalla contesa. Brivio assegnò la vittoria al Bologna e si diresse in stazione tra una marea montante di fischi e improperi. I bolognesi  e i modenesi si riunirono al Caffe Cacciatori dove fu offerto agli ospiti, da parte della Virides e della A.S.C.M., un sontuoso rinfresco. Nei giorni successivi il diplomatico Arangio Ruiz fece sapere, per smorzare le polemiche, di accettare il verdetto dell’arbitro. Dello stesso avviso non fu invece Ventura che ritenendo la partita nulla per errore tecnico lanciò una nuova sfida ai bolognesi che non accettarono, ritenendosi giusti vincitori.

giovedì 12 maggio 2016

Schiavio — Il segreto dell'Angelo


Gran bel pomeriggio all'Archiginnasio. Tanta gente a testimoniare l'affetto, la stima e la riconoscenza che i bolognesi nutrono ancora, a distanza di tanti anni, verso la figura di Angiolino. A dimostrazione che la sua Leggenda, e quella del Bologna, non tramonteranno mai. Viva Anzlén! Viva il Bologna!


domenica 3 aprile 2016

Bologna vs Hellas Verona, una rivalità antica


I giallo-bleu scaligeri furono una tra delle prime squadre in assoluto incontrate dal Bologna nel corso della sua prima stagione sportiva (Bologna - Hellas 1-0, 3 aprile 1910, "Targa Bologna"), sul campo dei Prati di Caprara. Contro il Verona scintille anche fuori dal terreno di gioco: le due tifoserie, un tempo rivali anche a livello politico, non si sono mai amate. Nei precedenti storici giocati a Bologna tra le due squadre, spesso ricchi di gol, spiccano alcuni risultati clamorosi: Bologna - Hellas Verona 7-0 del 4 ottobre 1925; Bologna - Hellas Verona 10-1 del 27 novembre 1927; Bologna - Hellas Verona 6-1 del 2 febbraio 1997; Bologna - Hellas Verona 1-4 del 6 ottobre 2013. Diversi anche i campioni approdati in rosso-blu dalle file veronesi: Giordano Corsi, Gino Pivatelli e Ugo Pozzan su tutti. Nel post il tabellino e le immagini di una delle più larghe vittorie bolognesi nei confronti della squadra veronese.

Bologna - Hellas Verona 7-0 [4-0], 4 ottobre 1925 - 1^ giornata  
BOLOGNA: Gianni; Borgato, Gasperi; Genovesi, Baldi, Giordani; Pozzi, Della Valle III, Schiavio, Perin, Muzzioli. - All. Hermann Felsner.  
HELLAS VERONA: Carra; Zuppini, Corsi; Cavalleri, Peics, Zanardi; Bolla, Chiecchi III, Boso, Chiecchi II, Recchia. - All. Imre Schoffer.  
Arbitro: Palestra di Pavia.
Reti: Della Valle 14', Schiavio 38', Della Valle 39', Pozzi 40', Pozzi 51', Muzzioli 72', Schiavio 83'.


BOLOGNA, 4. -- Trionfale il debutto dei campioni nella nuova stagione, e clamorosa per il risultato numerico la vittoria da essi ottenuta contro la prima squadra che è stata loro opposta. Né per ottenere il largo punteggio registrato è stato necessario al Bologna ricorrere a tutte le risorse del suo giuoco e della sua classe. Qualche uomo ha potuto così risparmiarsi e approfittare della partita per un vero e completo allenamento: altri, invece, e segnatamente Della Valle, Schiavio, Muzzioli, Baldi, Gasperi, già a punto, si sono prodigati generosamente per tutta la partita che ha visto fare largo posto alle azioni individuali come è caratteristico dei primi incontri. Il Bologna non ha faticato a dominare per velocità, intuito e decisione nel tiro. Non sono giovati ai veronesi i diversi spostamenti di uomini effettuati, e certo nemmeno l'uscita dal campo di Chiecchi III al 24° minuto della ripresa. A questo punto però la squadra era già largamente battuta. Pubblico assai numeroso e grandi ovazioni ai rosso-bleu al loro ingresso in campo. Arbitra Palestra in modo assai longanime. L'incontro ha avuto una una fisonomia uniforme nei due tempi: il primo è stato condotto con maggior impegno dal Bologna. Della Valle inizia la serie dei punti all'8' scagliando fulmineo in goal il pallone passatogli da Perin; Schiavio al 32' segna da tre metri districandosi fra un groviglio di avversari; ancora Della Valle al 37' e poscia Pozzi al 38'. La ripresa accresce la già abbondante messe di goals dei rosso-bleu. Un preciso passaggio di Muzzioli a Pozzi permette a questi di segnare al 6'. Al 27' Muzzioli con un tiro formidabile infila la rete di Carra, la quale è violata per l'ultima volta al 36' da Schiavio, che toglie il pallone dai piedi del portiere veronese.

domenica 7 febbraio 2016

Il Bologna Squadrone, 1936


[...] Le messi buttavan bene, la canapa, le vigne i frutteti anche: dunque il « Bologna » doveva vincere. Forza Gasperi che hai lasciato la lavanderia per commerciare la nostra frutta. Forza Perin che cuoci il nostro pane. Forza Della Valle che ci disegni le strade e i canali della bonifica. Anche le risaiole cantano la canzone del « Bologna ». E il « Bologna » vinse. Mussolini mieteva il grano di Càrpena e aveva un gran cappello di paglia. Lo Sterlino, il vecchio campo del vecchio « Bologna »: un campo erboso e in pendio ritagliato dal parco d'una villa patrizia. Fuori, sorgevano celebri trattorie popolari, punto d'obbligato passaggio per i fattori che venivano in biroccino dalla via Toscana. Plebe e aristocrazia petroniane s'incontrarono laggiù per amor del calcio; in tribuna c'era addirittura un letterato carducciano, con una coperta sui ginocchi nei pomeriggi nevosi. Erano gli anni che il professor Giuseppe Lipparini non mancava a una partita e scriveva una novella intitolata « Offside ». Se ne parlò molto al Pavaglione, davanti a Zanichelli. Studenti e operai, affratellati da un'ardente passione, veri calciatori all'antica, quelli dello Sterlino. Avevano cosce enormi, scarponi di cuoio giallo o verdino legati con stringhe bianche e attorno alla fronte un fazzoletto di bucato. Portavano in giro un glorioso paio di gambe storte, maturate dalle contusioni e gonfie di parastinchi. Entravano alla spicciolata nel campo, come in un orto, da un cancelletto di ferro. Non c'erano ancora i sottopassaggi, questi « golfi mistici » dello spettacolo sportivo, dai quali sbucano a un cenno le squadre lisce e agghindate. Le maglie di seta si contavano sulle dita di una mano; gli « avanti », sfidando l'ernia, sparavano in porta da trenta metri; una rete rotta da una pallonata fu conservata come una bandiera del '48; i tiri spioventi dei terzini eran considerati un segno di salute e un motivo di allegria. Gli arbitri poi, estrosamente vestiti, somigliavano ai velocipedisti dell'Ottocento. Dopo la partita, il « capitano », con la valigetta di fibra rossa in mano, saliva sul tram e rientrava in città al canto dell'inno sociale. Il tranviere perdeva la testa e lasciava a terra le vecchie signore. Imperavano i calciatori della Mitteleuropa. « Chi boja ed chi tudésch » (per noi, tutti i tecnici biondi provengono dalla Foresta Nera). I « tedeschi » dunque che un tempo avevan lasciato Bologna di notte, alla chetichella, con gli zoccoli dei cavalli fasciati di stracci, ci tornavano ora in casa, per la via dello Sterlino. Questa volta le scarpe fecero rumore e tirarono calci scientificamente perfetti. Ci voleva un rimedio. Giornata d'allenamento. La giacca su una spalla, il cappello in cima e il toscano in bocca, i fattori se ne vengono dalla trattoria del Ragno a vedere, anche loro, il trainer tedesco. Ohi, ragazzoli che novità è mai questa ? Invece di tirare i calci di rigore che sviluppano i muscoli e stuzzicano l'appetito, i giocatori saltano la corda, si buttano il pallone con le mani, hanno scarpette da podisti. Quest'aria da vecchio ricreatorio, questi giocherelli da signorine non persuadono. La tecnica, la tecnica ! I fattori tornarono alle briscole, scuotendo la testa. L'avvento della tecnica infatti doveva affinare lo stile e insidiare l'animo del giocatore. Si sentì parlare di compravendite e defezioni. E a Bologna ci fu il tradimento. Il centrattacco Alberti passò al « Genoa » che accettò di sottoporlo all'operazione al menisco: magico e nuovo nome nelle cronache calcistiche. Alberti tornò l'anno dopo allo Sterlino e decise la sconfitta del « Bologna ». Era troppo. Un noto « tifoso », che nei giorni feriali smerciava liquori con amabile viso, menò schiaffi con la morte nel cuore; i ragazzi piangevano come vitelli, in tribuna si gridava « Menisco, Menisco » per invitare alla calma. Di lì a poco Alberti morì. All'ingresso del campo il « tifoso » liquorista, le lacrime agli occhi e il cappello in mano, umile e pentito come una Maddalena, raccoglieva denaro per onorare il suo idolo, da lui vilipeso. Squilla la cornetta e sventola il bandierone: il « Bologna » è campione d'Italia. « Schiavio », « Schiavio », ma Schiavio, il « capitano » se ne va: ha trentun anni, gioca da quindici, i muscoli sono stanchi, l'azienda paterna lo reclama: « Angiolino », una volta campione del mondo, due volte campione d'Europa, e tre d'Italia, si ritira nel suo negozio a vender cravatte, maglie, camicie e mutande. Schiavio non è, almeno per Bologna, il solito atleta glorioso che scompare. E' un buon figliolo serio e laborioso che ha imparato a giocare fuori porta per farsi onore nel suo squadrone: e v'è riuscito. Da quindici anni Angiolino, dimenticando d'essere un signore, non fuma, non beve, non ha una domenica libera. Son quindici Pasque e quindici Natali che rinuncia ai tortellini per scender leggero sul campo. Tutto per il « Bologna », solo per il « Bologna ». Schiavio significa – anche i non sportivi lo sanno – onestà e lealtà, spirito di sacrificio, cuor generoso, fedeltà assoluta. La maglia di un tempo è rossoblù come oggi: il professionismo non l'ha macchiata. Angiolino lascia lo stadio. Per lui molti romagnoli dal cappellone canicolare rinunceranno alle gite domenicali; per lui molti soldati cesseranno di soffrire, molti ragazzi di strillare, molti maturi signori d'impallidire dall'emozione. E' un bolognese che se ne va, un po' del vecchio « Bologna » provinciale, del povero e combattivo squadrone che « tremare il mondo fa ». Senza di lui la vecchia canzone perde del suo fascino popolaresco, smorza il suo tono guascone, rivela il suo atto di nascita: giallo e ingiallito dal tempo. Dall'ufficio di Schiavio si vede nella piazzetta di Re Enzo lo stendardo rossoblù issato sul pennone nei giorni di festa. Sarà un richiamo? La cornetta sembra impazzita dalla gioia; l'odono le vedove alla Certosa e sorridono anch'esse sfiorando i garofani dal gambo troncato.

venerdì 5 febbraio 2016

Genesi del derby dell'Appenino


I primi approcci del Bologna con il calcio fiorentino avvennero negli anni Dieci del secolo scorso: il primo avversario dei rosso-blu fu il Firenze FC, club fondato nel 1908 – maglia bianco-gigliata – che aveva il suo campo di gioco al Prato del Quercione (nel parco delle Cascine di Firenze). La sfida, una partita amichevole giocata l'11 aprile del 1912 al campo della Cesoia, fuori Porta San Vitale, vide i bolognesi affermarsi per 3-1. Era il Bologna di Arrigo Gradi e Antonio Bernabeu, di Guido Della Valle e Natalio Rivas. L'anno successivo si replicò, sempre in amichevole: vittoria bolognese per 8-1 il 6 aprile 1913, e rivincita fiorentina per 6-1 il 25 maggio 1913, contro un Bologna notevolmente rimaneggiato. L'11 aprile 1915, in amichevole allo Sterlino, il nuovo campo del Bologna fuori Porta Santo Stefano, fu il turno della PGF Libertas Firenze, squadra di Prima Categoria fondata nel 1912 che disputava anch'essa le partite casalinghe al Prato del Quercione. I fiorentini, in maglia rossa, furono liquidati con un perentorio 8-0, con quattro reti per tempo. Rivincita ancora allo Sterlino, l'8 ottobre 1916, durante la sosta bellica dei campionati: 8-1 per il Bologna, che scese in campo con questa formazione: Gianese; Busi, Frigeri; Vicini, Badini I, Sala Rosa; Della Valle II, Pifferi, Della Valle III, Badini II, Alberti.

Primo dopoguerra


Dopo la I G. M. salirono prepotentemente alla ribalta il Livorno di Mario Magnozzi e il Pisa di un giovanissimo Mario Gianni, squadre che vinsero il torneo centro-meridionale nel 1920 e nel 1921 e si guadagnarono la finale nazionale per lo scudetto contro Inter e Pro Vercelli. Il Bologna, che nel frattempo aveva raggiunto per due volte la finale di Lega Nord e si apprestava a vincere il suo primo scudetto, ospitò di nuovo in amichevole allo Sterlino i bianco-rossi della Libertas Firenze, il 22 marzo 1925: 5-0 per i rosso-blu guidati dal 'mago' austriaco Hermann Felsner. Era chiaro che il calcio fiorentino era ormai poca cosa, subalterno in Toscana rispetto a Livorno e Pisa, squadre nel primo lustro degli anni Venti stabilmente ad alti livelli e ricche di grandi giocatori. Fu così che nell'agosto del 1926, dalla fusione tra Libertas Firenze e CS Firenze (altro club cittadino che nel 1915 aveva assorbito il Firenze FC), nacque l'AC Firenze, rinominata "Associazione Fiorentina del Calcio" e nel 1927 AC Fiorentina, maglia a quarti bianco-rossa con giglio e dal 1929 di colore viola. Il primo match a Bologna tra i rosso-blu e la giovane Fiorentina, si giocò al Littoriale il 21 aprile 1929 e terminò con un netto successo bolognese: 3-0, con reti di Bernardo Perin, Giuseppe Della Valle e Gastone Baldi. All'andata, il 25 novembre 1928, nel campo di via Bellini, venne disputato il primo incontro ufficiale tra le due squadre: Fiorentina - Bologna 2-3, con tripletta di uno scatenato Angelo Schiavio e reti viola di Bandini e Meucci. A fine stagione il Bologna si laureò campione d'Italia per la seconda volta nella storia, mentre la Fiorentina si piazzò al 16° posto e venne retrocessa nella prima edizione della Serie B. Fu l'inizio di una grande rivalità, spesso teatro di duri scontri tra le due tifoserie, che ancora oggi mantiene inalterato tutto il suo fascino d'antan.

giovedì 28 gennaio 2016

Bologna - SampDoria, rivalità antica ma "giovane" allo stesso tempo


Il primo incontro tra il Bologna e l'altra metà di Genova che non tifa Grifone, risale al doppio confronto del campionato di Prima Categoria 1919-20 (massima serie) contro l'Andrea Doria: i doriani, maglia a quarti bianco-blu con blasone cittadino cucito sul petto, vennero sconfitti nell'inospitale e angusto campo di via Clavarezza, la mitica "Cajenna" – che sorgeva dove ora è edificata la gradinata Nord del tifo genoano –, per 1-4, con doppietta di Emilio Badini e una rete a testa per Giuseppe Della Valle e Bernardo Perin. Era l'8 febbraio 1920. Due mesi dopo si replicò allo Sterlino: 2-0 per i rosso-blu con due reti di Pietro Genovesi. Era l'Andrea Doria di Luigi Burlando, grande centromediano originario del capoluogo ligure, atleta che eccelleva ad alto livello in diverse discipline, dalla pallanuoto alla savate, la boxe francese molto in voga durante la Belle Époque. Nel secondo dopoguerra, le prime partite giocate contro la neonata SampDoria, dopo la fusione avvenuta nel 1946 tra Sampierdarenese e Andrea Doria, videro nuovamente il Bologna affermarsi sia a Marassi (0-1, rete di Ferruccio Valcareggi) che al Comunale per 2-0, con reti di Taiti e Cappello. Proprio il funambolico Gino Cappello – nella foto in alto a destra in splendida acrobazia – fu spesso protagonista di quei primi confronti, a volte anche molto accesi, contro i blucerchiati della Superba. La rivalità tra le due squadre e tifoserie si inasprì nuovamente a fine anni '70 e '90, quando il Bologna inflisse un doppio dispiacere alla Samp. Partite sentite quindi, con un passato che richiama anche alla cessione di Roberto Mancini, il grande rimpianto di una generazione di tifosi bolognesi.

domenica 17 gennaio 2016

Quando Bologna - Lazio si giocava in serie B



Mentre la Nazionale di Bearzot si laureava campione in Spagna e il campionato italiano diventava il più bello del mondo, due squadre storiche e gloriose della serie A vivevano l'oblio della cadetteria: la Lazio, che già negli anni Venti e Sessanta aveva vissuto l'amarezza della retrocessione, vivacchiava ormai dall'inizio degli anni '80 in serie B: retrocessa a tavolino nel 1980 per il calcioscommesse, e poi sul campo nel 1985, faticava a rientrare in pianta stabile nella mass
ima serie. Il Bologna invece affrontava il dramma sportivo della sua prima storica retrocessione: già sfiorata la B diverse volte a fine anni '70, la condanna senza appello arrivò nel 1982: dopo un campionato dalle tante vicissitudini negative, con tanto di presidente finito in carcere a Ferrara e un finale di stagione con la solita compravendita di partite (Napoli - Genoa su tutte, con l'incredibile "passaggio" di mano direttamente in calcio d'angolo di Castellini a favore del grifone e dal quale scaturì poi il gol salvezza genoano di Faccenda, fu uno scandalo in tal senso) che questa volta giocò a sfavore dei rosso-blu felsinei, il Bologna finì mestamente (e meritatamente) in B per la prima volta nella storia, tra le lacrime dei tantissimi tifosi che seguirono la squadra nell'ultimo match ad Ascoli. Fu così che le due squadre si ritrovarono e si incontrarono per una prima e inedita sfida in serie B nel campionato 1985-86: vittoria del Bologna all'andata per 1-0 con rete di Pradella e pareggio per 0-0 nella partita di ritorno all'Olimpico, con una Lazio che schierava gli ex Fabio Poli e Giuliano "Fiore" Fiorini. Furono anni e sfide in cadetteria che però avevano sempre un piacevolissimo sapore di serie A: grande pubblico, grande tifo, trasferte di massa e spesso anche diversi problemi di ordine pubblico tra le tifoserie fuori dal terreno di gioco: domeniche di grande atmosfera e passione, poco importava la categoria. Nel 1987-88, l'anno del brillantissimo Bologna di Gigi Maifredi che diede spettacolo di gioco nel campionato cadetto, entrambe le squadre ritrovarono finalmente l'agognata serie A (i rosso-blu dopo cinque lunghi anni di B e uno di serie C1...): il Bologna arrivò al primo posto al termine di un campionato giocato in maniera strepitosa, mentre la Lazio agganciò la terza posizione utile per la promozione. Bologna - Lazio, una sfida mai banale.

Bologna e Lazio di fronte per un tuffo nel passato.

Da L'Unità, 15 settembre 1985.

La serie «B» mette nel piatto dello spettacolo alcune partite di cartello per buongustai. Inziamo subito con Bologna - Lazio, incontro tra due «stars» intenzionate a risalire la china. I locali di Mazzone sono animati da autentico furore. Si tratta di cancellare il pessimo debutto (sconfitta patita contro il Pescara) e di ribadire le proprie ambizioni dinnanzi ad una squadra indicata come la favorita del torneo. La Lazio domenica scorsa all'Olimpico ha fatto subito vedere di essere avviata a rispettare il ruolo di protagonista assegnatogli alla vigilia. La tifoseria sembra già «calda» al punto giusto, considerata la ressa di gente che accompagna le sedute di allenamento della squadra di Simoni.

La Lazio battuta a Bologna.

I tifosi fan volare il Bologna

Trentamila sugli spalti per la partita con la Lazio, grandi incitamenti come ai vecchi tempi della «A» - Spettacolare gol di Pradella, applausi scroscianti per Marocchino.

di ENZO MASI

BOLOGNA, lunedì 16 settembre 1985 — Dopo lo sgambetto di Pescara il Bologna si rimette al passo a spese di una «vedette». Trafigge la Lazio con uno spettacolare gol di testa dell'ottimo Pradella, dopo un quarto d'ora; avvalora il vantaggio con un gioco concreto e razionale fino al riposo; difende lo stesso vantaggio nella ripresa, a tratti con leggero affanno ma con rari rischi, inevitabili quando si gioca di rimessa: l'ultimo, proprio a 2' dal termine, per un forte fendente di Caso (ben servito da Poli) che accarezza, a portiere battuto, la traversa. Un tempo per parte, dunque; ma successo meritato della squadra di casa che nel primo tiene saldamente le redini e nel secondo contiene efficacemente la costante ma non irresistibile pressione laziale vanificandola a qualche metro dall'area. Gli azzurri perdono la battaglia a centrocampo (dove si gioca a zona: Gazzaneo, De Vecchi, Nicolini contro Vinazzani, Caso, Magnocavallo, con cambio di marcature) poi non sanno approfittare delle piccole ingenuità di giovani terzini rossoblu, come Luppi, nella ripresa. Ma Ottoni appare impeccabile regista della retroguardia, prima annullando Fiorini, lunatico e pasticcione, poi tenendo a bada Poli, senz'altro il più ficcante e insidioso della Lazio, mentre Garlini appare dispersivo concentrandosi solo nell'ultimo quarto d'ora.

Pradella migliore in campo

Il Bologna è brioso e manovriero in avanti, ben disposto a centrocampo con Gazzaneo e De Vecchi costanti punti di riferimento: il primo con un oscuro lavoro di raccordo e di rilancio, il secondo con una svelta regia senza fronzoli. Svetta tuttavia l'attaccante Pradella, il migliore con Nicolini, instancabile in fase di interdizione e anche con Marocchino davvero positivo, applaudito a scena aperta quando esce al 70'. Il centravanti chiama Malgioglio a due grandi parate prima di azzeccare l'incornata giusta; ma è sempre una mina vagante nella difesa laziale anche quando, nel secondo tempo, resta il solo attaccante. Pradella appare volitivo e grintoso pure in fase di alleggerimento; subisce anche un'ammonizione come Gazzaneo, Lancini e Galbiati. L'ex granata è bravo e generoso. I portieri se la cavano bene: Malgioglio è battuto da un tiro a fil di palo, ma prima si esibisce più volte sullo stesso autore, Pradella; Zinetti interviene sul finire del primo tempo, al 41' su tiro da lontano, a sorpresa, di Calisti, al 44' con una bella uscita a pugni chiusi. Registriamo anche un paio di errori per parte: Marocchi all'11' non sfrutta un pallone rubato, in un duello volante con Malgioglio, da Pradella, sparando a lato; Galbiati ai 58', su respinta della difesa, sbaglia lo specchio da posizione favorevole. Per concludere la partita è sufficientemente apprezzata dai trentamila sugli spalti (213 milioni dincasso, tifo rossoblu come al vecchi tempi) che, prima del fischio, hanno applaudito un'altra squadra di casa, la Beca Baseball, recente vincitrice della Coppa dei Campioni. 

Campionato di Serie B 1985-1986, 2^ giornata.
Bologna, domenica 15 settembre 1985, Stadio Renato Dall'Ara.
BOLOGNA - LAZIO 1-0 (1-0)
BOLOGNA: Zinetti, Lancini, Luppi, Quaggiotto, Ottoni, Nicolini, Marocchino [Bellotto dal 24' st], De Vecchi (cap.), Pradella, Gazzaneo, G. Marocchi [Piangerelli dal 44' st]. A disposizione: Cavalieri, Baldisserri, Bellotto, Piangerelli, Marronaro. — All. Carlo Mazzone.
LAZIO: Malgioglio, Podavini (cap.), Calisti, Galbiati, Filisetti [Fonte dal 28' st], Magnocavallo, Poli, Vinazzani, Fiorini, Caso, Garlini. A disposizione: Ielpo, Calcaterra, Spinozzi, Toti. — All. Luigi Simoni.
Marcatori: Pradella 15' pt
Arbitro: Lamorgese (Potenza).
Ammoniti: Pradella, Gazzaneo, Lancini e Galbiati.
Spettatori: 22.322 paganti per 213.800.000 lire più 4.088 abbonati per una quota partita di £. 40.126.875. Note: giornata estiva, terreno in perfette condizioni. Circa 200 tifosi laziali in curva San Luca.

giovedì 7 gennaio 2016

Milan - Bologna 0-8, 1922 - La vittoria esterna con più ampio scarto della storia rosso-blu



Terza vittoria del BFC a Milano-Milan negli ultimi undici anni – che non sono nemmeno poche, considerando le miserie societarie prima dell'avvento di Joey Saputo. Forse non tutti sanno che la vittoria in trasferta con più ampio scarto nella storia, il Bologna la colse proprio a Milano contro il Milan, il 5 novembre 1922, per 0-8, con 5 reti di uno scatenato Giuseppe Della Valle e 3 di Cesare Alberti, formidabile e sfortunato campione di S. Giorgio di Piano. Era il Bologna che Hermann Felsner stava plasmando pazientemente, e che dopo la mancata vittoria in finale contro la Pro Vercelli nel 1921, si apprestava a conquistare altre tre finali di Lega Nord consecutive, il secondo posto del 1927, e gli scudetti del 1925 e 1929. Ma torniamo ai protagonisti di quella partita memorabile: Alberti, cresciuto nei 'Boys' rosso-blu e destinato a una sfolgorante carriera sia nel Bologna che in Nazionale, ebbe in dote una sorte davvero avversa: prima un infortunio al menisco che lo tenne fuori dai campi di gioco per due campionati, poi l'incredibile e assurda morte prematura nel 1926, proprio quando era rinato calcisticamente nel Genoa. Cesare Alberti, soprannominato "Mimmo" o "il mister", era il fratello minore di Guido Alberti, giocatore del Bologna dal 1912 al 1915, ottimo elemento che nei rosso-blu venne impiegato come mediano ma all'occorrenza anche come attaccante – scomparso anch'esso giovanissimo a soli 21 anni, durante la Grande Guerra. "Mimmo", velocissimo attaccante che poteva giocare indifferentemente come interno o centravanti, era un finissimo palleggiatore e un realizzatore spietato. Si infortunò durante Cremonese - Bologna 3-0 del 12 novembre 1922, in seguito ad un calcione ricevuto al ginocchio. Rimase fermo un mese, rientrò il 10 dicembre del 1922 a Tortona contro il Derthona, ma dovette abbandonare il campo per il dolore. La diagnosi non lasciò scampo: rottura del menisco, che a quei tempi, almeno in Italia, significava fine della carriera. Il Bologna gli concesse la lista gratuita e per  due anni non calcò i campi di gioco. Solo nel 1924, dopo essere stato operato con successo al menisco dal professor Federico Drago del San Martino di Genova, Alberti scese di nuovo in campo, ma questa volta con la maglia del Genoa, che nel frattempo lo aveva tesserato tra le proprie file: era il 19 ottobre 1924, terza giornata di campionato, Genoa - Hellas Verona 3-0, con doppietta proprio del redivivo Cesare. 

Genova, 19 Ottobre 1924 - Marassi, Campo del Genoa di via del Piano
GENOA - HELLAS VERONA  3 - 0   (0 - 0)
Reti: 69' Moruzzi, 86' e 90' Alberti
GENOA: De Prà, Bellini, De Vecchi, Costella, Barbieri, Leale, Neri, Catto, Alberti, Moruzzi, Bergamino I. Allenatore: Garbutt
HELLAS VERONA: Carra I, Zuppini, Bosio, Cavalieri, Carra II, Molnar, Recchia, Ferrais, Castiglioni, Chiecchi II, Levratto. All. Molnar.
Arbitro: Grossi di Milano

La Stampa Sportiva - A.21 (1922) n. 46, novembre

A Milano il Milan ha subito un disastro pel opera del Bologna. Otto goals-a zero indicano il non valore dimostrato dai rosso e neri e rincresce davvero vedere una quadra tanto gloriosa nel passato sempre, anche negli anni meno lieti, precipitare così. Manca ad essa squadra affiatamento, allenamento, tutto insomma, ma, sopra ogni cosa, parmi manchi una volontà ferma che la diriga.

Da "La Gazzetta dello Sport" del 6 novembre 1922

Bologna batte Milan 8-0

Milano, 5 novembre


L'elegante ground dei rossoneri aveva oggi una fitta cornice di pubblico accorso un po' per vedere il Bologna, uno dei leader del girone B, e un po' anche con la segreta speranza che i milanisti ottenessero una bella affermazione la quale indicasse la rinascita dello squadrone cittadino così carico di tradizioni, e che segnasse pure la resurrezione del foot-ball in Lombardia. Invece quali e quante delusioni! L'edificio immaginario che ognuno di noi si era costruito, è caduto sotto i colpi di maglio (e furono ben otto) dei forti campioni dell'Emilia, tanto che a metà del secondo tempo il pubblico deluso ha abbandonato il campo. Il perché del grave e grande «score?». Basta avere assistito all'incontro per rendersi ragione di quanto è avvenuto. I milanisti dopo una prima schermaglia briosa e vivace si sono lasciati travolgere per mancanza di coesione fra linea e linea e affiatamento fra uomo e uomo. Qualche buona occasione iniziale fu mancata in pieno dal Milan per indecisione e i milanisti ottennero anzi nel primo tempo quattro corner; poi il Bologna ha assaltato la porta del Milan ed ha segnato due punti nel primo tempo e 6 nel secondo. «Geppe» Della Valle, Alberti, Baldi e Genovesi hanno grandeggiato in campo. I primi 35 minuti videro il Milan giocare con brio e resistere bene; poi è venuto il crollo e il match ha perso ogni interesse. Per la cronaca diremo che i due primi punti del primo tempo furono segnati da Della Valle, uno al 4° e l'altro al 41° minuto, su corner. Nel secondo tempo 4 punti li segnò ancora «Geppe» all'8, 21, 26, 27 minuto, e due Alberti al 37° e 44° minuto. Il Bologna mancò di Perin perché ammalato. Al 34° minuto l'arbitro ha espulso dal campo Corsi del Milan.

Girone B - 4^ giornata
Milano, domenica 5 novembre 1922, Campo di Viale Lombardia
MILAN - BOLOGNA 0-8 (0-2) 
MILAN: Norsa; Bronzini, Allievi; De Franceschini I, Soldera I, Soldati Er; Morandi, Santagostino, Papa III, Corsi, Ballarin - All.: Soldera.
BOLOGNA: Gianese; Modoni, Rossi; Genovesi, Baldi, Pilati; Rubini, Della Valle III, Alberti, Baccilieri, Pozzi - All.: H. Felsner
Marcatori: 4', 41', 53', 61' e 72' Della Valle III, 56', 82' e 89' Alberti.
Arbitro: Brunetti di Torino