venerdì 14 giugno 2013

Amedeo Biavati



Nel giorno in cui la figlia Daniela ricorda il grande Amedeo Biavati, meravigliosa ala destra del Bologna pluriscudettato degli anni '30 e della Nazionale campione del mondo nel 1938, pubblico un piccolo tributo a una delle partite più belle giocat
e da "Medeo", partita nella quale segnò una rete da leggenda che lo fece entrare ancora di più - se possibile - nella storia del calcio internazionale e nel mito della nostra Nazionale: Italia - Inghilterra 2-2 del 1939, giocata a S. Siro. (Si narra che Eddie Hapgood, formidabile terzino dell'Arsenal vincitutto degli anni '30 - che quel pomeriggio impazzì nell'inseguire Biavati che gli sfuggiva con il suo "doppio passo" -, dopo il gol andò a stringere la mano a Biavati, tale era stata la prodezza.)

Amichevole 1938-1939
Milano, Stadio Comunale S.Siro, sabato 13 maggio 1939 ore 15.00
ITALIA-INGHILTERRA 2-2
MARCATORI: Lawton 19', Biavati 49', Piola 64', Hall 77'
ITALIA: Olivieri; Foni, Rava; Depetrini, Andreolo, Locatelli U.; Biavati, Serantoni, Piola, Meazza, Colausig - Allenatore: Vittorio Pozzo
INGHILTERRA: Woodley, Male, Hapgood, Willingham, Cullis, Mercer, Matthews, Hall, Lawton, Goulden, Broome - Allenatore: Tom Whittaker
ARBITRO: Bauwens (Germania)
NOTE: Partita diventata famosa per un gol di mano di Silvio Piola.


Da "La Stampa" del 14 maggio 1939
di Luigi Cavallero

(...) S'è iniziato appena ed ecco la folla balzare in piedi, urlare con quanto fiato ha in gola. Biavati, servito da Depetrini poco oltre la metà campo, lotta fianco a fianco con Hapgood, « Gibilterra del calcio », il terzino più astuto e più forte d'Inghilterra. 

Alla riscossa

Lotta, non cede, lo supera, lo lascia alle spalle, stringe verso il goal, avanza tutto solo. Sono attimi indimenticabili. Finalmente l'azzurro è solo, con la palla fra i piedi, a non più di cinque metri da Woodley. Tira a colpo sicuro. Segna. Ed è il finimondo. I compagni lo soffocano di abbracci, l'enorme folla delira. Anche gli spettatori inglesi applaudono. Punto gioiello. (...) Ma ora attacchiamo. Biavati entusiasma, tanto è abile nello scappare via al suo terzino. Un'uscita a vuoto di Woodley per poco non ci dà il secondo punto. 
Biavati, Biavati, ancora Biavati. Centra e Piola gira a lato di testa. (...)

sabato 8 giugno 2013

Angelo Schiavio, il più grande


Inauguro il mio personale blog sui "football heroes" del Bologna Football Club, con il più grande tra i grandi, con la bandiera delle bandiere, ovvero Angelo Schiavio, che indossò la gloriosa casacca rosso-blu dal 1922-23 al 1937-38. Sedici anni di trionfi, di scudetti, di coppe internazionali e di gol, di tanti, tantissimi gol: 251 ufficiali tra campionato e coppe europee, più 15 in Nazionale. "Angiolino" Schiavio nacque a Bologna il 15 ottobre del 1905, da una famiglia della buona borghesia bolognese originaria delle vallate attorno al lago di Como, il cosiddetto "Triangolo Lariano", precisamente di Gorla, frazione di Veleso. Il padre, Angelo Schiavio sr, era un noto commerciante di tessuti e il suo negozio in via De' Toschi era presente a Bologna dal 1904. Schiavio era l'ultimo di otto fratelli, il primo nato a Bologna. Gli altri erano Ercole, Giustina, Raffaele, Marcello, Giuseppina, Venanzio e Giovannino. Fratellini che allietavano le giornate di donna Teresa Stoppani, la madre di Angiolino. Schiavio scoprì il calcio molto presto e subito venne notato dal Bologna a cui non sfuggirono le movenze di questo magrolino che dribblava tutti segnando caterve di gol.

« Angelo Schiavio, il centroattacco italiano che fra tutti quelli che ho conosciuto, mi ha impressionato di più. Gran bel giocatore, sano, forte, altruista era diventato l'idolo di Bologna e dell'Italia intera. Palleggiatore eccellente, Schiavio era capace di smarcarsi con sorprendente abilità, nel corpo a corpo era deciso, possedeva un magnifico intuito ed era anche generoso in campo. Se occorreva realizzare, Schiavio guizzava, colpiva palloni impossibili; un autentico uragano. Se bisognava preparare l'azione, attirava gli avversari su di sé e poi lanciava i compagni. Nelle mischie era il primo a buttarsi con ardore ineguagliabile. » 

( Giuseppe Meazza )

"E al posto di volata Schiavio, l'autore morale del gol della vittoria; lo Schiavio dei tempi d'oro e delle giornate combattive. Che importa se il giocatore ha avuto, specie nel primo tempo, i suoi periodi di incertezza e di sbandamento ? Sono stati i palloni difficili, quelli che bisogna conquistare col talento e col cuore del combattente, i palloni che hanno illustrato la classe di Schiavio ! Certi dribblings rischiosi e brucianti sull'avversario che si avventa; certi autentici morsi alla palla per tenerla stretta; certi scatti da leopardo per vincere l'antagonista che non cede: ecco la partita del soldato da plotone d'assalto".

( Bruno Roghi, da "Il Littoriale" del 9 luglio 1929 )

Dopo una breve comparsata nei "Boys" del Bologna, Schiavio lasciò momentaneamente il calcio dedicandosi agli studi e, nel 1920, ottenne la licenza tecnica, passando così all'Istituto tecnico superiore dove cominciò a frequentare il ramo ragioneria. Ma il football lo attraeva, erano più le ore che Angiolino dedicava al pallone che quelle passate sui libri, e nel 1921 decise di abbandonare gli studi per entrare a fare parte dell'azienda paterna, nel negozio in pieno centro storico a Bologna. Nel frattempo, dopo una breve parentesi nella Fortitudo Bologna, nel 1922 fece ritorno al Bologna ed entrò definitivamente a far parte del club rosso-blu, nella squadra riserve. Tra i boys Angiolino compiva autentici prodigi, segnando a ripetizione. Alla vigilia di Natale del 1922, scese in tournée in Italia una delle più forti squadre danubiane dell'epoca, gli austriaci del Wiener AF, forti di sei giocatori nell'orbita della nazionale austriaca – tra cui spiccavano i famosi Horejs e Adolf "Adi" Fischera, quest'ultimo autentico mito del football viennese e grande virtuoso del pallone –, e gli ungheresi dell'Ujpest di Budapest. La prima partita giocata contro il Wiener, venne persa dai rosso-blu per 0-1 con rete di Klein. Schiavio, che fu supportato in quella partita da Perin e Giuseppe Della Valle come mezze ali, si mise particolarmente in luce, attirando con il suo stile del tutto personale l'occhio già particolarmente attento del "mago" Hermann Felsner. Quel ragazzino talentuoso aveva le stimmate del fuoriclasse in erba.

L'esordio in prima squadra

Così, l'ultimo giorno dell'anno del 1922, si giocò la seconda partita contro i magiari dell'Ujpest. il Bologna era decimato dalle assenze: oltre al grande Alberti, il fortissimo centravanti titolare infortunato al menisco, diedero forfait anche Perin, Baldi e Giuseppe Della Valle, il capitano dei rosso-blu, l'uomo simbolo di quel Bologna, convocato in Nazionale. Felsner fu costretto a schierare al centro dell'attacco l'enfant prodige Schiavio, e con lui Baccilieri e Felice "Gisto" Gasperi, focoso calciatore che, prima di essere reinventato terzino da Felsner, nei boys del Bologna faceva coppia d'attacco con Schiavio. Nonostante il pronostico sfavorevole, l'inedito Bologna schierato da Felsner prevalse per 1 a 0, con rete proprio di Schiavio su passaggio di Pozzi. Felsner incantato dal gioco fantasioso, tecnico e veloce di Schiavio, lo fece esordire in campionato nel match interno contro la Juventus, il 28 gennaio del 1923. Fu un esordio fortunato. Il Bologna vinse per 4 a 1, anche se Angiolino non iscrisse il suo nome nel tabellino dei marcatori. Da quel giorno però Angelo Schiavio non uscirà più di squadra: per sedici lunghi campionati divenne il condottiero e l'uomo simbolo del Bologna. Ne sarà il capitano e diventerà il più grande realizzatore di tutti i tempi del glorioso sodalizio rossoblù. Con 242 gol in campionato in 348 presenze accertate (i gol diventano 251 se si contano le reti nelle coppe europee e le presenze 364 – e tralasciando ovviamente tutti gol realizzati nelle amichevoli, che all'epoca non erano solo semplici ‘amichevoli’, ma spesso matches molto importanti. Era infatti l'unico modo per i club di confrontarsi a livello europeo. Contando quindi anche quei gol, il bottino di Schiavio aumenta in maniera significativa) e 15 realizzazioni in azzurro in 21 presenze, la più famosa nella finale mondiale del 1934, quando un Angiolino stremato e confinato all'ala, con uno dei suoi magnifici tiri trafisse il grande Plánička, regalando all'Italia il suo primo titolo mondiale. Il suo palmarès recita così:

1 campionato del mondo 1934  
1 bronzo olimpico 1928
2 Coppe Internazionali: 1927-1930 e 1933-1935 
4 scudetti 1924-25, 1928-29, 1935-36, 1936-37
1 titolo di capocannoniere del campionato 1931-32 (25 gol) 
2 Coppe dell'Europa Centrale 1932, 1934
1 Torneo Internazionale dell'Expo Universale di Parigi, 1937.

Purtroppo le statistiche delle reti segnate prendono in considerazione solo la Serie A, a partire del girone unico in poi, 1929-30. Al nostro Angiolino quindi vengono attribuite solo 109 reti ufficiali nella tabella dei grandi cannonieri, e gliene vengono cancellate ben 133, tutte realizzate in 7 campionati pre girone unico. Senza questo scippo, una scelta arbitraria che ancora oggi grida vendetta, Angelo Schiavio sarebbe il quarto realizzatore di tutti i tempi nella storia del campionato italiano, dietro a Silvio Piola, Giuseppe Meazza e Francesco Totti. Di questo Angiolino non se ne fece mai un cruccio. Le cose importanti per lui erano altre. Schiavio era un uomo buono e leale, anche se ai più poteva apparire come una persona burbera. Di lui raccontano come fosse una persona socievole con tutti i suoi compagni di squadra e con i suoi avversari, tranne che con uno: Luis Monti. Il centromediano argentino della Juventus, il famoso "doble ancho" (armadio a due ante) ex San Lorenzo de Almagro, detestava Schiavio alla pari di Matthias Sindelar, il "cartavelina" del calcio viennese. Durante un famoso Juventus - Bologna del 1932 – partita decisiva ai fini dell'assegnazione dello scudetto –, Monti, verso la fine del primo tempo, calpestò volontariamente, e con Schiavio già a terra, il ginocchio di Angiolino. Fortunatamente il fango del vecchio campo di Corso Marsiglia cedette e attutì il tremendo impatto. La gamba di Schiavio non si spezzò, anche se il centrattacco rosso-blu poté rientrare solo zoppicante e all'ala, dove un tempo si posizionavano i calciatori infortunati. Così la Juventus, grazie a Monti, eliminò praticamente dalla contesa il giocatore avversario più forte e pericoloso, recuperò il gol dell'iniziale svantaggio e segnò infine anche la rete del 3-2 finale e decisivo. Rete che spianò la strada ai bianco-neri verso il tricolore di un campionato che, dalla 3ª alla 25ª giornata, era stato condotto al primo posto in solitaria dal Bologna. Una beffa atroce. Schiavio e Monti furono riappacificati solo anni dopo grazie alla mediazione di Vittorio Pozzo.

Ringrazio Nicola, nipote di Angelo Schiavio, per lo splendido materiale d'archivio che mi ha gentilmente concesso.

Alcuni articoli su Angelo Schiavio dalla penna dei migliori giornalisti dell'epoca. Cominciamo con questo aticolo di Bruno Roghi sul "Littoriale", all'indomani della vittoria del Bologna sul Torino nella finale scudetto del 1929.

"E al posto di volata Schiavio, l'autore morale del gol della vittoria; lo Schiavio dei tempi d'oro e delle giornate combattive. Che importa se il giocatore ha avuto, specie nel primo tempo, i suoi periodi di incertezza e di sbandamento? Sono stati i palloni difficili, quelli che bisogna conquistare col talento e col cuore del combattente, i palloni che hanno illustrato la classe di Schiavio! Certi dribblings rischiosi e brucianti sull'avversario che s'avventa; certi autentici morsi alla palla per tenerla stretta; certi scatti da leopardo per vincere l'antagonista che non cede: ecco la partita del soldato da plotone d'assalto".

Da "Il Littoriale" del 18 novembre 1933

"L'attacco rosso-bleu è di pari rendimento a quello milanese ? Il numero uno, Schiavio, rivaleggia con Meazza. Quale dei due valga di più lo stabilirà la battaglia di domenica. Condottiero ideale, cannoniere implacabile, trascinatore entusiasmante, Angiolino è la freccia del quintetto offensivo. il suo scatto, la prontezza nell'esecuzione, la stoccata inesorabile, il felice tocco della palla, formano il repertorio di Schiavio. Lo sconcertante caracollare del centrattacco bolognese non trova arresti, né è sufficiente la stretta sorveglianza, cui di solito è sottoposto, per respingere le sue veementi azioni. Fedullo e Biavati, preziosi coadiutori, lo sanno lanciare in profondità con allunghi che spiazzano le più attente difese". 

Schiavio, la bandiera del gioco bolognese 

di Ettore Berra 

"Schiavio era la bandiera del gioco bolognese. Più tecnico di Della Valle, il suo palleggio era difficile da controllare. Non affrontava l'avversario di fronte, ma gli si presentava di tre quarti, poggiandogli contro il fianco e tenendo lontana la palla in modo che non gliene venisse tolto il possesso. Gli avversari dicevano che più che il fianco, poggiasse sul loro petto il gomito. Le braccia, infatti teneva divaricate e piegate ad angolo con vertice appunto nel gomito, sicchè parevano due tronconi di ali agitati nervosamente come nello sforzo di un volo. Più che sospingere, trascinava la palla con l'interno del piede, gli occhi a terra, si che con quei due tronconi sbattenti, sembrava un uccellaccio che portasse tra le grinfie una preda. Grande giocatore, un fiuto di prim'ordine, un senso del gol innato. Con Della Valle formava un tandem di grande potenza scardinatrice. Si scambiavano sovente il posto, bloccato uno, aveva via libera l'altro, e non si sapeva quale dei due fosse più da temere."

Rodolfo Pezzoli, da "Il Littoriale" del 29 dicembre 1932, all'indomani del ritorno di Schiavio in nazionale


"Angiolino ritorna". Per il tifoso bolognese quando "Angiolino ritorna" son... scorpacciate di goals e deliranti entusiasmi sugli spalti del Littoriale. "Angiolino ritorna". L'immagine suscita una visione che gli sportivi d'Italia han, forse, impressa nella retina e nel cuore. Ecco: il centro attacco del Bologna ha la palla tra i piedi e d'intorno la muta degli avversari. Un balzo in avanti: Angiolino è passato. Un avversario gli si para ancora dinnanzi. E' un attimo: l'atleta sovverte la legge fondamentale dell'equilibrio, pare incespichi, certo cadrà. Un urlo della folla: Angiolino è passato e il pallone l'ha fra i piedi lui. Un'ultima sgroppata ed il pallone è là. Cioè in rete. Atleta personalissimo Angiolino Schiavio. Nel Bologna quando "Angiolino" non va pare che tutta la squadra non "giuochi"; giacchè è da "Angiolino", pare, che la squadra prende il cipiglio più fiero e l'"animus" irriducibile per la lotta e per la vittoria. Da quanti anni Angiolino Schiavio è il portabandiera della squadra bolognese? La memoria fa risalire agli anni del vecchio Sterlino, ai primi grandi campionati del Bologna, alle prime clamorose vittorie. Alti e bassi ha segnato in tanti anni "Angiolino". A periodi fulgidi l'atleta fa seguire periodi meno felici. Perchè è sulla passione che "Angiolino" basa la sua carriera di calciatore che gli ha procurato vivissime gioie. Passione che lo ha mantenuto allo sport, malgrato l'attività che richiede la ben avviata azienda paterna, che lo costringe a sacrifici ben duri; passione quella che gli ha fatto affrontare un operazione dolorosa e che lo ha fatto risorgere contro i facili pronostici dei più. Passione ora che le sorti del fido Bologna parevano un poco dipendere da lui, nazionale ancora una volta, quando il suo nome pareva dover essere per sempre escluso dalle cronache azzurre. "Angiolino ritorna", ecco quel che si dice lo sportivo bolognese. Ma non è soltanto il tifoso rosso blu che saluta con simpatia il ritorno di Schiavio, è tutta la generosa folla sportiva d'Italia che saluta con piacere e compiacimento la ricomparsa del bolognese fra le maglie azzurre, posto che gli compete per le sue smaglianti condizioni, per il suo giuoco brioso e fantasioso, ricco di gemme, inconfondibile e vario. Nessuna sorpresa per il ritorno di Angiolino: è la classe dell'atleta che esige la presenza del veltro fra l'aristocrazia del calcio italiano. Chi non è lieto di questo ritorno?".

Giulio Cesare Turrini, firma calcistica di "Stadio", da un articolo scritto l'11 giugno 1964


"Il calcio gladiatorio degli anni Venti era civettuolo solamente nella toletta personale, e così Angiolino Schiavio portava il fazzolettino nel taschino posteriore dei calzoncini, e spesso la reticella sui capelli, che non dovevano perdere la piega. Irreprensibile sotto questo aspetto, "Anzléin" aveva alle ginocchia robuste fasce elastiche che lo tranquillizzassero per gli arrembaggi in area di rigore, e poi procedeva a gomiti larghi, due convincenti paraurti che spesso andavano ad ammacare le carrozzerie degli altri. Schiavio correva con la palla come trascinata, sotto le ginocchia, inaccessibile e facendosi largo nella ressa sfoggiava arte di "dribbling" e violenza di tiro. Ci piace pensare che corresse così anche in quell'altro infuocato pomeriggio romano di trentacinque anni fa, quando il Bologna incontrò il Torino per la finalissima, e giocava in nove uomini: e Schiavio prese la palla dalla sua difesa, la portò fino all'altra area e poi la diede al povero Muzzioli, dicendogli: "Tira!", e Teresina fece il gol storico. Negli anni di Schiavio (e di Gasperi, e di Della Valle, e di Baldi, e di Gianni e di tutti gli altri) il calcio diveniva già un fatto picaresco e memorabile; così Schiavio catturò per sé l'idolatria dei bolognesi dello Sterlino e poi del Littoriale, mentre a Milano Meazza, a Napoli Sallustro, a Torino Borel stavano per fare altrettanto. E l'agiografia ricorda di Schiavio quel giorno che a Torino Luisito Monti quasi volle fracassargli una gamba, purchè il Bologna non spezzasse il quinquennio juventino; o quell'altro giorno del 1934 quando l'Italia pareggiò con Orsi il gol di Puc, nella finalissima con i boemi, e si dovette andare ai supplementari per un titolo mondiale. Schiavio era quasi vecchio e, comunque, stremato. Ma sprigionò ancora la scintilla, trafisse il grandissimo Plánička, e l'Italia fu campione. Angiolino Schiavio fu veramente il primo adorato "enfant du pays", qui a Bologna dove il calcio – nato ai Prati di Caprara e alla Cesoja – splendette subito di luce vera".

Gianni Brera, giornalista e scrittore, articolo scritto per i 50 anni del Bologna

"L'ultima immagine di Anzléin Schiavio atleta mi balena alla memoria in un grande ellisse di camiciole con le maniche corte: l'Arena a giugno. Doveva arrivare il Giro d'Italia: forse il quarto vinto da Binda. Era in programma Milan - Bologna. Al centro dell'attacco bolognese giocava Anzléin Schiavio fatto magro dagli anni, dal gran correre e dai calci. A guardia della porta del Milan era Compiani. Io stavo appostato presso quella porta con Giorgio Strehler, che allora ignorava Shakespeare ma sapeva egualmente insegnarne di bellissime. Il Milan voleva vivere il suo stadio garibaldino, fatto di tumultuose scorribande in contropiede, di arcigne rincorse in difesa, di spallate e calcioni assai gagliardi. Il mio eroe di allora era el Ginin Perversi, volonterosamente affiorato a Milano dai dolci paduli della mia riva. Schiavio era già nel mito, come avviene di certi dei che altri più fortunati soppiantano nella venerazione degli umili. D'improvviso lo vidi scendere a rete in un gran bagliore di luce: aveva le gambe arcuate, gonfie e quasi bitorzolute di muscoli ipertrofici: teneva i gomiti larghi e difendeva la palla ad ogni tocco di dribbling con una sorta di balzo fra lo scimmiesco e il felino. Inspiegabilmente il carosello dei difensori milanisti si apriva innanzi a lui: poi strinsero in grande affanno Perversi e Schienoni, e intanto Compiani era chinato in avanti e si batteva le mani sulle cosce come chi si aspetta qualcosa. Schiavio accennò uno scarto sulla destra: levò gli occhi dalla palla che aveva toccato da ultimo col sinistro, poi miracolosamente battè rasoterra di collo destro. La palla rigò l'erba già rinsecchita dal solleone, ebbe una sorta di rimbalzo all'altezza del rigore: Compiani si distese e guizzò stancamente verso il palo di destra: giunse a palme unite sulla linea un istante dopo il passaggio della palla. Lo stesso Schiavio parve stupito dal gol. Aveva battuto un destro senza convinzione, forse esausto dallo scatto e dai dribblings precedenti in cuor suo avrebbe preferito - immagino - aprire ad un compagno, a Reguzzoni che seguiva l'azione sull'estrema sinistra, poi l'istinto l'aveva indotto a tentare lo spiraglio intravisto sulla destra.

Schiavio nel mito

Compiani era al centro della porta, a sua volta si aspettava un passaggio: da quasi venti metri il vecchio sornione l'aveva sorpreso sul tempo. Schiavio alzò le braccia e tentò un saltello che sicuramente venne limitato dall'abitudine. Qualche compagno accorse ad abbracciarlo. Lui si schermì con un timido sorriso. E tornò trotticchiando a centro campo. Il Bologna passò altre due volte. Schiavio sparì per tornare nel mito. Né mi stupì, conoscendolo di persona, molti anni dopo, che fosse svenuto al veder entrare, a un palmo dalle dita di Planicka, il pallone che sanciva la prima vittoria mondiale dell'Italia. Non mi stupì che Monti (una sorta di spietato corazziere del quinquennio) gli avesse stroncato una gamba all'inizio di un incontro decisivo per lo scudetto. Schiavio doveva essere per tutti un avversario tremendo. Vedendolo spesso ritratto da fotografi e da disegnatori, me ne feci un' idea forse stramba ma non implausibile: che avesse graffi, borghie ed uncini alle articolazioni delle braccia e delle gambe, simile a certi guerrieri che non videro l'archibugio. E quando seppi da lui che, nato e cresciuto a Bologna, imparato il calcio e raggiunta a Bologna la celebrità mondiale, era tuttavia comasco di origine, quell'immagine che mi ero fatto prese tale consistenza in me da commuovermi. Appassionato come sono di storia padana, il trasferimento della famiglia Schiavio da Como a Bologna mi parve una riparazione dovuta dai lombardi comaschi a fratelli lombardi più fedeli. Bologna infatti non aveva mai abbandonato la Lega; a Bologna non v'è lombardo che non si trovi a casa, cara deliziosa città in cui mi pare di aver vissuto altre vite, non so in quale tempo favoloso".

Francesco Arcangeli, scrittore e poeta, testo del 1941, da "Incanto della città"

Colpito da Schiavio il pallone "Suonava"

"Il mio primo ricordo di Schiavio è di qualità sonora: si lega al colpo rotondo, echeggiante del pallone calciato da “Angiolino” dentro la rete del Genova sul finire di una memorabile partita. Avevo appena nove anni, e mio zio mi aveva fatto scendere dalla tribunetta di legno, sussultante agli urli della folla, improvvisata a uno degli estremi del vecchio campo dello Sterlino. Era finale di campionato, Bologna - Genoa 1924: il Bologna perdeva, aveva due gol sulle spalle e la gente se ne stava quieta, rassegnata a qualche commento brontolato amaramente, in fretta. Lo zio mi aveva fatto scendere, perché ormai non c’era più nulla da fare per il Bologna e nulla da vedere per noi. Ma d’improvviso scoppiò quel colpo sonante e mi trovai preso in un nero tumulto di corpi agitati; qualche cosa che esplodeva continuamente: il grido interminabile della folla che aveva ritrovato la sua voce e il suo animo più violento. Tornando di recente, dopo anni di assenza, a una partita di calcio, mi sono stupito e deluso di trovare fra il pubblico tanta freddezza, tanti bei ragionamenti sul gioco: anche l’incitamento al vecchio Bologna scendeva dalle grandi scale del Littoriale con una folata più stanca, quasi sfiduciata. Sarà forse il ricordo a ingrandire le proporzioni di quei tempi già abbastanza lontani; eppure dev’essere vero che allora, intorno al quadrato erboso e un poco avvallato dello Sterlino, si combattevano battaglie di giocatori e di pubblico più acri e brucianti. La partenza dei treni speciali, le entrate in campo delle squadre, i colori delle maglie e gli scudetti, i nomi stessi dei giocatori avevano una risonanza più alta, qualche cosa che attaccava l’animo della gente ad ogni vicenda del dramma calcistico. Antica provincia italiana che combatteva oscuramente, con una tenacia sproporzionata all’impegno della posta apparente, le sue ultime, patetiche lotte.

L'arte di Schiavio

Che commozione, che incontro di frusta letteratura e di ardore primitivo in certi resoconti sportivi! Su quelle pagine rosee o paglierine, che la memoria ricompone da un passato irrevocabilmente diverso, si agitavano le immagini, i nomignoli, gli epiteti.“Le rondinelle bresciane”, “le bianche casacche vercellesi”, “i diavoli rosso-neri”, turbavano la mia fantasia infantile quanto le pagine di Salgari. Dal buio che copre quegli anni aggallano ancora, accanto a Yanez, alla Capitana del Yucatan, al Corsaro Nero, i nomi, soprattutto, di quegli ungheresi che venivano, allora a rinforzare le squadre italiane, a educarle alla tecnica “danubiana”. Ancora, se di quella prima partita ch’io vidi, Bologna - Genoa 1924, mi sembran presenti, con una chiarezza quasi sgomenta, certi episodi (le “entrate” della testa lunga e rapata di De Vecchi, il terzino del Genova che le platee avevano battezzato, favolosamente, il “figlio di Dio”; i salti a gomitolo, di una elasticità incredibile, del piccolo portiere De Prà; l’appostarsi paziente e minaccioso dell’ala genovese Santamaria e la furia selvatica, da botolo, del bolognese Pozzi), pure, a restituirne il tono quasi leggendario mi servon meglio i nomi; quello di Catto, pronto, rapido come una discesa improvvisa, e quelli distesi in un seguito sonoro, sillabato, pesante, della famosa mediana del Genova: Barbieri- Burlando-Leale. Niente uguagliò ai miei occhi il gioco di Schiavio. Solo il suo stile e la sua figura mi fecero capire quanto di sano, di coraggioso, di anticamente turbolento vi può essere nella rissa sportiva; quanto, nello stesso tempo, di artistico. Quella di Schiavio fu arte di improvvisazione, ma aperta, leggibile in chiare note; di una evidenza popolare, di una violenza un tantino melodrammatica. Era già di scena quando gli undici del Bologna uscivano di corsa dalla scaletta: con una certa emozione scoprivo sempre, immediatamente, il suo passo; quella specie di ventre a terra, quel galoppo rattenuto e ondeggiante, e pure continuamente assicurato al terreno. Ne risultava una robusta, variata eleganza. Quel ritmo da cavallo governato da un cervello pronto, era preparato al passaggio, allo scatto, al tiro, come quello di qualsiasi altro centroattacco; ma isolava la sua azione in un tempo distaccato in cui era difficile intuire, per l’avversario, la battuta d’arresto per l’intervento.

Schiavio idolo della "moltitudine scamiciata"

A Schiavio non si risparmiavano critiche. Gli si imputava il difetto di “cercare l’uomo” troppo ostinatamente e, ancor più, quello di tener quasi sempre le spalle voltate alla rete nemica inattesa del pallone. Ma il suo gioco ritardato valeva il gioco d’anticipo degli altri. Con quella caparbietà, con quella postazione, pareva che “Angiolino” compromettesse la sorte di ogni attacco. In realtà, non gli mancava quasi mai la velocità di ricupero per rovesciare la situazione. Scoccava apertamente dall’angolo più difficile, senza che i difensori potessero farci nulla, il passaggio all’ala, di solito alla sinistra, con una precisione violenta, aizzante; oppure si rimangiava il ritardo giostrando a galoppo capovolto, testardamente, fra le gambe degli avversari e trovando quasi sempre lo spiraglio per mettere a segno il tiro. Non era tiro troppo secco, né troppo studiato; ma variato, improvviso e misuratamente violento. C’era nelle sue risoluzioni di gioco la passione sincera di certi tenori delle opere verdiane, quando arrivano all’acuto: quando, dopo un brano di luoghi apparentemente risaputi, si attende – e pure non si prevede mai abbastanza – l’effetto della romanza col suo diapason di canto. Forse per questo i “popolari” amavano smisuratamente Schiavio. E ripeto che fu Schiavio a farmi amare ancora, per qualche tempo, la sua squadra. Del Bologna fu l’alfiere ostinato e intelligente, quello che ne riassumeva il carattere più schietto. I suoi gol facevano mareggiare le platee come un pelago: volgendo in alto la testa si vedevano allora oscillare in cadenza, in cima alle scalee del Littoriale, due o tre cartelloni che recavano una sua fotografia ritagliata e applicata sul bianco: enorme fotografia che lo ritraeva in atto di scoccare il tiro, con un chiaroscuro risentito a segnare ogni fascio di muscoli, in una specie di macerata energia. Intanto l’appello “Schia-vio”, “Schia-vio”, batteva come il cuore della moltitudine scamiciata.

L'intesa con Meazza


I capolavori calcistici di Schiavio furono molti e non certo a tutti ho potuto assistere; ma ne ho ancora abbastanza a mente per darne un breve florilegio. A cominciare da quella azione della partita Bologna-Torino 1929 in cui “Angiolino” partì col pallone da lontano e arrivato, ondeggiando a finte continue, tra gli avversari, a qualche metro dalla porta, decise di fare il punto con la forza: vedo ancora il portiere Bosia, sbalordito dalla violenza di quell’attacco frontale, protendersi vanamente all’indietro per arrestare il bolide che gli rovesciava i guantoni e veniva a morire alle sue spalle. Quando voleva, Schiavio era fra i più veloci anticipatori che si vedessero sui campi di gioco: dirò della sua prontezza nel raccogliere il rimando a parabola che gli giunse, una volta, da un terzino. Il pallone aveva appena toccato terra che egli, in corsa, con un colpo misterioso fra il tacco e la costola esterna della scarpetta sinistra, già lo aveva lanciato, con una straordinaria precisione, all’ala; continuando la corsa fu in tempo a raccogliere la “centrata” e a tirare. Di queste abbreviature, connubi segreti dell’intelligenza con l’istinto, se ne videro parecchie in una famosa partita Italia-Germania, quando gli fu affiancato Meazza: fra loro le intese furono mirabili. Sembrò di leggere un manuale di calcio, ma rinnovato ad ogni pagina dall’arte. I rozzi, tenaci tedeschi li assediavano ferocemente. A un certo momento si vide Schiavio cadere sotto un grappolo di maglie bianche e di calzoncini neri. Il grappolo si agitava sgarbatamente; ma, dopo un attimo, il pallone uscì dal mucchio. Tagliato e lento era stato il tocco che “Angiolino” era riuscito a imprimergli tra quella selva di polpe: l’ala destra italiana se lo guardò venire, quasi guidato dall’intuizione incredibile del centroattacco, liberato e ruotante come una bomba che prilla e sta per scoppiare, sul piede.

Non rinunciò mai al suo stile


Schiavio non rinunziò mai al suo stile. Per questo la sua carriera fu forse, relativamente, più breve di quella di altri calciatori. A un certo momento comprese la necessità del ritiro, e si ritirò. Delle sue ultime partite m’è rimasta un’impressione tra penosa e ammirata. Le gambe, che avevano troppo a lungo “cercato l’uomo”, che erano state operate e inceronate, non gli rispondevano più. Quelle che erano state le felici libertà, le sprezzature del suo gioco apparivano ormai come vizi, se pur nobilmente portati. Fra i comandi del cervello e l’esecuzione lo scatto si velava, si frapponeva un attimo di ritardo: l’attimo che segna inevitabilmente la decadenza d’un atleta. Pure non rinunciò, ch’io mi ricordi, a una sola finta, a una sola apertura di tacco; portava il suo stile, ormai scomposto e rilassato nelle sue giunture che un tempo avevano fatto unità, come un peso di cui non ci si può scaricare. Nell’ultimo incontro che gli vidi giocare era pallido: un pallore fiero, profondo, sul quale si marcavano più risolute le sopracciglia nere e i tratti magri e imperiosi del suo volto di ragazzo intelligente. Sulle gradinate non oscillavano più i cartelloni con la sua immagine. Era inverno, la partita interessava poco, la gente si accontentava di un silenzio discreto e quasi costante. In quell’aria gelata vedo ancora Schiavio atteggiarsi nell’ultima rovesciata, eseguita a piede rattratto; ma fu troppo breve, e mandò il pallone agli avversari. Ricordo anche che nell’eseguirla teneva le spalle voltate alla rete nemica".

Vladimiro Caminiti, immaginifica penna di "Tuttosport", intervista il grande "Angiolino": Angiolino Schiavio

Di Vladimiro Caminiti.

"Il calcio, quando non era ancora adulto ma aveva tutti i connotati per piacere; il calcio, quando l'Italia era un Paese irreggimentato dietro la lettera D (del Duce...) e viaggiavano le prime auto Fiat di nome Balilla perché i figli d'Italia erano tutti Balilla; il calcio, quando Bologna, Bologna la grassa o la dotta, non era men bella di oggi, un salotto anzi più cristallino e rilucente tra torri e merli; il calcio insomma ai tempi del milione di Bonaventura e della canzone «oh potessi avere mille lire al mese »; quando i calciatori erano strampalati giovanotti, quale morto di fame quale figlio di papà, decisi a dare pedate alla faccia di tutto; il calcio dei tempi di Angiolino Schiavio appunto...".

Gli inizi.

Schiavio nacque a Bologna il 15 ottobre 1905. Scoprì il calcio prestissimo. La grande guerra avvolse in un nuvolone di fumo e macerie anche la sua infanzia. Nel dopoguerra, a Bologna tornò la vita di sempre, il ragazzino, nato col pallone tra i piedi, una vocazione, si iscrisse alla Fortitudo, una società di Bologna. A sedici anni, nel 1921, giocava in prima squadra nella Fortitudo. Era alto sul metro e settantacinque, snello ma solido. Il suo dribbling era secco, a seguire, i suoi fondamentali irrobustiti dai «muri». Il calcio traversava un momento topico. Millanta società nascevano e morivano, da una parte la Federazione Italiana Gioco Calcio, dall'altra la Confederazione Calcistica Italiana. Quale avrebbe prevalso? Fu Vittorio Pozzo, il torinese anglofilo ed amico degli alpini, un po' retorico ma molto sincero, a mettere ordine nel nostro calcio. Intanto Angiolino cresceva bene. Il 31 dicembre 1922 si disputava a Bologna il confronto tra la Rappresentativa Emiliana e la Rappresentativa Veneta. Il centravanti della Fortitudo fu convocato. Giocò bene, il Bologna gli mise sopra gli occhi e se lo assicurò con quattro soldini.

Il trio delle riserve

Cose strabilianti sono successe in Italia. Il Piccolo Re ha praticamente consegnato Casa Savoia all'uomo di Predappio. Mussolini duce del fascismo si avvia a diventare il padrone dell'Italia. A Bologna, il fascismo è disputato da un socialismo rosso. Mussolini ex socialista anche lui non perde tempo e si sbarazza di tutti i nemici. Arpinati è federale di Bologna ed è sportivo grandioso. Ha un certo geniaccio, una personalità assai libera. Farà costruire lui lo stadio di Angiolino, lo stadio Littoriale di Bologna, così teatrale e sinfonico, dove nasce la leggenda del «Bologna che tremare il mondo fa». Il Bologna appunto di Schiavio. Il 31 dicembre 1922 il Bologna affrontò in una attesissima gara amichevole nel vecchio stadio (il mitico Sterlino), la celebre squadra ungherese dell'U.T.E. (l'Ujpest Budapest) Infortunato il centravanti titolare Alberti. Convocati in Nazionale, dal paffuto mangiator di tortellini e agnolotti Augusto Rangone, Perin e Della Valle, venne schierato contro i magiari l'intero trio d'attacco delle riserve: Baccilieri, Schiavio e Gasperi (che allora giocava all'attacco). Il Bologna vinse uno a zero con un gol di Angiolino, un dribbling a seguire ed un tiro di destro angolatissimo. Il dottor Felsner, che allenava la squadra, parlando un italiano stentatissimo ma facendosi capire con i suoi innumerevoli esercizi con la palla, da quel momento cominciò ad occuparsi personalmente della preparazione di Schiavio. E nacque così un grande campione.

« Entravo come un dannato...»

Ventun partite in Nazionale e quindici gol. Terzo all'Olimpiade di Amsterdam. Campione del mondo 1934. Schiavio centravanti rapsodico. Un lottatore ed un tecnico. Un coraggioso per antonomasia. Meazza più tecnico di lui e più bello. Lui più duro, più travolgente, anche più rissoso. Lui con un cuore in petto di pioniere. Lui il calciatore libero e padrone del suo destino. Raccontava «Erano veramente altri tempi... C'erano dei valori, che rappresentava con noi e per noi Vittorio Pozzo...». Noi affrontammo in successione, tra il 27 maggio e il 10 giugno 1934, Stati Uniti, Spagna due volte, Schiavio non giocò la seconda volta, vittoria nostra con un gol di Meazza, poi l'Austria, 1-0 gol di Guaita, infine la Cecoslovacchia... Angiolino non stava troppo bene. I giornali dicevano che era tutto rotto... Il gol della vittoria però fu suo. L'arbitro era lo svedese Eklind... «Una lotta accanita, ritmo vertiginoso, difese di roccia. La partita è tesa sul filo di parità. Si affrontano le più grandi scuole del mondo...». Così raccontava la radio. Erano cominciate le radiocronache..."Pareva che loro, con il fraseggio ordinato classico della scuola ceca, prevalessero... Al 26' del secondo tempo proprio per un suo fallo, su calcio di punizione dal limite, Cambal diede a Puc che scartò Ferraris IV°, Monzeglio e segnò.

Sembrava finita


Sembrava finita, ma Pozzo scambiò i ruoli d'attacco, Schiavio all'ala e Guaita al centro... Al 36' il pareggio, gol di Orsi su passaggio di Guaita... E poi i tempi supplementari... Ancora dai ricordi di Schiavio: «Ero stanchissimo, ero tutto a pezzi. Forse era più lento il gioco a quei tempi ma si giocava meglio. C'era più scienza. La vocazione nostra faceva sì che puntassimo tutto sulle risorse tecniche. Eccelso era Meazza, forse dì me più bravo, non sta a me dirlo, tanto lo ha detto la storia, ma sicuramente più professionista. Io ero più dilettante. Io pensavo ad altre cose. Lui stava attento a non farsi male, io entravo come un dannato... Il calcio era proprio la mia passione del tempo libero, ben ripagata non lo nego, ma non professione come per Meazza...». La vittoria al primo Mondiale, firmata dall'Angiolino, arrivò all'inizio del primo tempo supplementare. Il 5' per l'esattezza. Avanzò Ferraris IV, pallone a Guaita che smarcò Schiavio in profondità. Il suo famoso dribbling secco a seguire, due fatti fuori, e prima che il portiere uscisse un gran tiro. Lo stadio esultò. Con quella partita e quella vittoria si può dire il calcio diventò in tutta Italia il fenomeno sociale che sappiamo...

L'italiano perfetto

Tutto quello che venne dopo. Il calcio falsamente professionale, al servizio di lor signori, soprattutto quei pedatori foresti ricchi e viziosi che guadagnavano anche per i pedatori modesti, generosi e non viziosi, che correvano per loro. I modesti dovevano accontentarsi di poche lire, i foresti prendevano sottobanco autentiche fortune. Con la sua classe, Schiavio, qualche anno dopo, avrebbe potuto guadagnare tanto di più di quello che in effetti guadagnò. «Io ho smesso di giocare nel '37 senza rimpianti. Ai miei tempi di giocatori veramente professionisti non ce n'erano tanti. Si giocava più lento? Sì, ma gli attaccanti erano attaccanti, non mezzi misti come succede oggi, il centravanti era centravanti, non era punta... ». Un uomo pratico ed un industriale di successo. Tra il '22 e il '37 protagonista assoluto sulle nostre scene calcistiche ".

Carlo Zangarini, dalla "vita sportiva", articolo tratto dal mensile del Comune di Bologna del 1934, intitolato: quando il "tifo" è poesia


"Tra gli entusiasmi per la vittoria italiana nella gara di calcio, che il punto di Schiavio segnò fulminea e decisiva, e la febbre di attesa per la Coppa d'Europa, dove il Bologna, apparso finalmente nella piena luce, che gli era dovuta, si accinge ad afferrare la gloria del primato, il tifo bolognese volle celebrare un convegno di fraternità e di ardore, che riuscì una commovente e convincente dimostrazione di maturità sportiva e "intellettuale". Usiamo questa parola, senza sottintesi di retorica convenzionale e di complimentosi adattamenti. La data festiva risale al 12 del trascorso giugno. Abbiamo atteso fino ad oggi a intrattenerci della cosa, per dar tempo alle eliminatorie di rischiare la posizione del valoroso undici cittadino. Decisa, ormai, la gara del settembre tra il Bologna e l'Admira, cade ogni plausibile ragione del nostro silenzio. Esiste una nutrita schiera di appassionati del calcio che si è data il nome di Tifosi Rosso-Blu, la quale celebra i suoi ferventi ritrovi in una piccola tabaccheria del centro, là dove Bologna, pur nel rinnovamento edilizio, meglio conserva il ricordo delle sue medievali corporazioni di mestieri. Via Orefici, che ha la bocca d'oro, è naturale che sia ghiotta di buon pesce e di belle frutte. Tra tanta grazia di Dio, lo sport ha finito per trovarsi di suo pieno gusto.

Santo "Angiolino"

Lo spaccio di tabacchi del sorridente e laborioso "Otello" è la casa madre del tifo calcistico bolognese. Ci sono, è vero, alcuni bars – presso le scalee de Pincio e a mezzo della via Rizzoli – accreditati come succursali. Ma il tempio, sacro al rito, è qui. E lo frequenta un popolo vario, di sesso e di occupazioni. C'è, persino, e il non meno notevole per gradi di febbre, il tifo femmina. E qualche sacerdote: perchè lo sport esalta, nella creatura, la sana forza di Dio. Ogni giorno, le vetrine raccolgono la storia grafica e fotografica della molteplice vita sportiva nazionale. Ma, dentro, tutta la botteguccia canta la gloria superba e fedele dello sport nostrano. E c'è, alto su la parete, di sopra al banco, l'altare dedicato a Santo Angiolino Schiavio. Un reverendo trovava che, per il momento, bastasse invocarlo venerabile. Ma la impaziente religione di Otello lo ha, addirittura, canonizzato. Tutto ciò espresso, ora per ora, con un fervore di incantevole disinteresse, che ha qualcosa di fanciullesco e di eroico. È l'esaltazione del muscolo, sublimata in una bontà intima e cordiale, che trasmuta il tanto discusso tifo in un atto inconsapevole di intelligenza e di spiritualità...".

Articolo tratto da: "Centravanti", di Emilio Violanti, introduzione di Bruno Roghi

“..Fu il palleggio sicuro di Schiavio ad agevolare la sua azione di centravanti di sfondamento. Camminava e correva ondeggiando lievemente, sì che l’avversario non sapeva più da che parte prenderlo. Lo scatto pronto, autoritario. L’azione potente e veloce. Aveva un dribbling stretto, secco, imperioso. Il suo tiro era una fucilata”.

Da: "Cento anni di calcio italiano". Di Franco Ossola e Renato Tavella

"...Angiolino" Schiavio, bolognese purosangue, uno che ha il gol che scorre nelle vene. Rapido, astuto, ambidestro, ricco di temperamento non ha paura di infilarsi nelle aree piene di difensori, anzi prende la cosa come un invito. Sa tirare di taglio e di punta con una precisione implacabile. Ma questo scudetto non è che l'inizio della sua sfolgorante carriera di rossoblù ed azzurro, ed è per questo che ora nel nostro racconto possiamo lasciarlo un po' da parte, considerati i momenti di gloria che ancora aspettano e lui e il suo Bologna".

Un gol per la leggenda

« Dài, Anzléin, racconta com'è che le avete suonate a tutti», non si stancavano di chiedere e chiedere i tifosi. Quando Angiolino Schiavio passava per le strade della sua Bologna non c'era scampo: doveva ricostruire per l'ennesima volta le imprese ed i furori, le gioie e, soprattutto, il gol, quel suo ultimo tiro che aveva dato all'Italia il titolo mondiale. Prima di tirar su la serranda della sua bella aziendina di tessuti, l'eroe di Roma si trasformava tutte le mattine in un aedo. C'erano volte in cui, infervorato, ricordava un particolare in modo più puntuale ed allora il gruppo di appassionati e curiosi cresceva ed il tempo pareva ferrmarsi. Proprio come era accaduto quel meraviglioso pomeriggio del 10 di giugno 1934. La memoria dei fatti era ancora nitida, stampata a pieni titoli su tutti i giornali, in caratteri cubitali e dirompenti: «Gli Azzurri conquistano alla presenza di Mussolini il campionato del mondo» (E. Colombo, «Gazzetta dello Sport»); «Animati dalla presenza del Duce i calciatori italiani conquistano il campionato del mondo» (E. De Martino, «Corriere della Sera»); «Alla presenza del Duce gli azzurri vincono per 2-1» (R. Casalbore, «Gazzetta del Popolo»); «I calciatori italiani alla presenza del Duce conquistano il campionato del mondo dopo un epico ed appassionante incontro con i rivali cecoslovacchi (2-1)» (V. Pozzo, «La Stampa»). Epppure, vuoi mettere, sentire ogni cosa dalla viva voce di uno dei protagonisti era ben altro. E quando il pathos della narrazione si faceva così intenso e pieno da accomunare, come sempre accade, in un solo magico cerchio di emozioni chi racconta e chi ascolta, c'era sempre qualcuno che, serafico, domandava: «Ehi, Anzléin, che ne hai fatto dei soldi del premio? Un bel gruzzolone, sorbole».

Tanti quattrini. Più di Pirandello...

Sì, una piccola ricchezza. Neppure Pirandello, fresco vincitore del Nobel – prima di lui solo Carducci e Deledda per la nostra letteratura – aveva forse rimediato tanti quattrini. L'impertinenza della richiesta sortiva l'effetto opposto ed invece che stimolo a continuare si mutava in freno. L'incantesimo frantumato, Schiavio smetteva di raccontare, sorrideva felice e indicava la sua aziendina, come a dire: qui li ho cacciati i 22 milioni di premio. Tanto era infatti uscito dalle borse della Federazione per ogni giocatore della rosa mondiale. Un bel gruzzolo, in effetti, se è vero che corrispondeva allo stipendio annuo lordo di un direttore di sezione nel personale civile dello Stato, vale a dire una piccola autorità. Niente male, si diceva la gente, per cacciare dentro una rete dei palloni di cuoio. Ma erano pensieri bonari e semplici, dettati non dall'invidia, perché, allora come oggi, ai beniamini degli stadi era concesso tutto, salvo il tradimento della bandiera. E c'era stato un momento in cui Angiolino Schiavio aveva anche immaginato di farsi da parte. Al pari di Combi, dopo il grande trionfo, aveva volontariamente detto addio alla causa azzurra, servita 21 volte per 15 reti. Desiderava chiudere in gloria, proprio come il compagno, portiere della Juventus. Solo che la tentazione si era estesa e minacciava di riguardare anche un'altra maglia, quella rossoblù del Bologna. La tifoseria, più ancora, l'intera città insorse. A furor di popolo Schiavio fu costretto a ritornare sulla decisione: vada per la Nazionale ma per il "Bologna che tremare il mondo fa", no e poi no. Una defezione insopportabile se si tiene conto che proprio in quella stagione 1935-36 i bolognesi, guidati dal coraggioso allenatore Weisz, stavano tornando a digrignare denti e grinta per il solito assalto alla Juventus della cinquina".

Da "I campioni del giorno e avvenimenti: Schiavio", inserto monografico della "Gazzetta dello Sport" edito nel 1934, interamente dedicato a Schiavio

Da anni una passione continua a bruciare nel petto di chissà quante migliaia di urlanti tifosi ansimanti ogni domenica al Littoriale magnifico ed imponente. E sotto la Garisenda da tempo sventola, nella gloria del dolce sole bolognese, il vessillo di mille battaglie, di mille vittorie. Scuola rosso-blu: scuola di forza, scuola di ardimento e di sacrificio. Non è vero; povero e grande Badini? Tu non rispondi, a parlare per te il gesto di Anversa in quel lontano 1920. Povero e grande Badini, non rispondi ma tu sai che alfieri provetti sempre han sostenuto il vessillo rosso-blu. Il prode Perin, l'audace Pozzi, l'inesauribile Giordani, l'inimitabile Genovesi, ecco la scuola bolognese, la scuola del bel gioco. Bandiera rosso-blu vuoi il tuo alfiere? Ecco Baldi, ecco Muzzioli. Tu non muori, il tuo destino reclama ancora una volta il capitano glorioso: ecco Della Valle. Poi, ad indicare ad amici ed avversari la vitalità della scuola ecco l'ultimo alfiere: Angelo Schiavio, che porta nella signorilità del gesto l'origine della squadra, nella forza del tiro la potenza di vita di Bologna calcistica, nella ingegnosità delle trame l'intelligenza del gioco rosso-blu. Angelo Schiavio, ecco l'ultimo rampollo – almeno per ora – di una squadra calcisticamente nobile che ha vissuto all' ombra delle torri antiche dell'immortal Bononia. Angelo Schiavio, ecco l'ultimo capitano che guida una nave battente bandiera rosso-blu e che sfida, nel ricordo di tante vittorie, altre tempeste calcistiche. Angelo Schiavio, ecco l'emblema dello sport puro, dello sport fatto per il sano diporto del corpo e la forte preparazione del cuore. Uomo ammirabile non solo per la ricchezza del suo gioco, ma anche e più per la forza morale e per la passione di bandiera che vive nell'animo suo, come vive la sacra face olimpica nell' alto della Torre di Maratona. Angelo Schiavio lo vedrete sempre giocare con una volontà piegante i muscoli - anche più reietti - a seguir la battaglia, lo vedrete sempre rincuorare il compagno sfiduciato od inchinare quello capriccioso. Esempio magnifico di operosità quale uomo: il suo comportamento in campo è lo specchio fedele della sua vita. Serio, morigerato, Della Valle dice che basterebbero due Schiavio per tenere a posto una squadra. Tutte queste qualità che lo portano ad essere considerato giocatore molto vicino all'ideale, egli le ha acquistate solo per la sua non comune forza di volontà.

Il carattere di Schiavio

E' noto infatti come Schiavio sia per natura piuttosto focoso, ma in campo è difficile vederlo trascendere: questo perchè il nostro Angiolino sa tenere a posto i nervi da lui educati spartanamente a quella vecchia scuola di volontà, quale è la scuola felsinea. Angelo Schiavio è petroniano puro sangue, non solo per sentimenti, ma per nascita sua, avendo egli infatti visto la luce il 15 ottobre 1905 nella gentile città di Re Enzo. Ultimo di otto rampolli che vennero a riempire di grida e di risa la casa di donna Teresa Stoppani e del povero papà Angelo d'indimenticata memoria, trovò subito modo d'affiatarsi con i fratelli Raffaele, Marcello, Venanzio e con le sorelle Giustina e Giuseppina per fare il diavolo a quattro, mettendo a soquadro la casa. Per altro la sua infanzia passò così come è comune a tutti i ragazzi di questo mondo, cioè tra il cavalluccio ed i soldatini, prendendo qualche inevitabile sgridata per le immancabili bizze. I giorni trascorrevano monotoni ed eguali, sinché il piccolo Angiolino cominciò ad usare il sillabario. Si era nel 1911. Venne il diversivo delle ore passate sui banchi di scuola, vennero le prime amicizie e le prime partite di bottoni che dovevano essere strappati dal vestito. «Fu così – è Schiavio che racconta – che senza volerlo mi trovai ad assistere a qualcuna di quelle partite che i ragazzi improvvisano in un qualsiasi luogo. Come e quando abbia io cominciato a giocare, però, non lo ricordo». Ma se non si ha possibilità di stabilire e rievocare data e causa dell'inizio al calcio del capitano bolognese, si sa bene che allora, in quel ragazzino, la passione nata così quasi all'improvviso, continuò ad aumentare d'intensità tanto che i suoi lo videro più di una volta ritornare a casa con le scarpe rotte, dopo aver giocato per qualche ora, e chissà in quale viuzza, colle orecchie tese e gli occhi bene aperti, temendo la improvvisa comparsa di qualche vigile. A casa erano pronte le sgridate e qualche castigo «ma appunto – soggiunge sorridente Schiavio – forse perchè la mia farniglia era contraria, ho persistito nel praticare lo sport ». Lo studio intanto subiva un certo collasso, ne era causa principale il tempo che Angiolino perdeva attorno al pallone. Sì, proprio un vero pallone, usato s'intende, che una combriccola di monellucci era riuscita a procurarsi.

Gli inizi

Lo scolaretto fattosi omino, aveva finite le elementari e s'era avventurato nei meandri del latino e dell'algebra, che i professori dell'Istituto Tecnico cittadino cercavano d'inculcare in quel cervello troppo pieno di palloni e di calci. Di quella prima attività Schiavio ricorda poco o niente ed ecco che cosa ha egli risposto ad una nostra domanda su tale argomento: «Alcuni giornalisti hanno parlato della mia prima attività, raccontando un mucchio di inesattezze. Certi han fatto nomi d'una Vigor (chi era costei?) e d'una Savoia, raccontando storia che non ricordo. So che ho giocato in qualche squadretta di ragazzi formatasi in un qualsiasi viale della periferia, senza campo di gioco, con un' attività ed una vita irregolare». Era quella di Angelo Schiavio, quindi, un'attività - diciamo così - attiva a tratti, seguendo in ciò vita, morte e miracoli di quelle società di dodicenni. Ma, il futuro campione sentiva desiderio di un qualche cosa di più fondato e presto lo ritroviamo così tra gli allievi del Bologna, con i quali gioca alcune partite, prima di fare le valige per il collegio, dove la sua famiglia spera di vederlo... rinsavire. Intanto nel 1920 egli ottiene la licenza tecnica e passa all'Istituto Tecnico Superiore dove comincia a frequentare il ramo Ragioneria. Ma il gioco lo attrae molto e son troppe le volte che i trattati di computisteria o di diritto si ergono a limitare una porta improvvisata dove Angiolino cercherà di indirizzare i palloni da lui calciati. Sgridate e castighi non sortono esito ed il giuoco ha la meglio sullo studio e strappa una adepto dalle... spire della ragioneria. Siamo nel 1921 e per Angelo Schiavio si inizia una nuova vita che la sua serietà e la sua volontà renderanno sempre e più operosa. Sulla ditta cui fa parte Schiavio molto si è scritto e molto di impreciso. Abbiamo perciò creduto opportuno sentire dalla viva voce di Angiolino qualche dilucidazione: Siamo andati appunto perciò a trovarlo nel suo ufficio in via Marchesana, per conoscerlo, oltre che sul campo ed in caffè – dove peraltro non è tanto spesso – anche a tavolino. Pieno di lavoro fin sopra i capelli – per dirla con una frase comune – Angiolino aderisce gentilmente al nostro invito. «Troncati gli studi – ci ha detto – ho cominciato nel 1921 a lavorare nell'azienda paterna fondata sin dal 1904 e nella quale lavorano i miei fratelli.

Nel negozio di famiglia


Non è quindi vero quanto taluni credono che io con altri soci (nella ditta cui faccio parte, non vi sono soci, perchè composta tra noi fratelli) abbia fondato tale azienda». La dichiarazione di Schiavio ci fa conoscere così che egli non ha sfruttato il nome di campione, ma che il gioco del 'calcio è stato ed è per lui solo sano diporto. Infatti allo sport Angiolino non dedica se non il tempo che il suo lavoro d'ufficio gli lascia libero. Ed il lavoro non è poco in una ditta quale è quella di Schiavio, conosciutissima a Bologna dove, oltre il magazzino di vendita all'ingrosso di via Marchesana, conta vari altri negozi nelle arterie principali della bella città petroniana. Negozi arredati splendidamente e' dove chiunque può trovare qualcosa che, lo interessa: dalla camicia al giocattolo, dalla maglia all'articolo sportivo. Lasciata da parte, come abbiamo già detto, la partita doppia, Schiavio ha modo, di dedicarsi di più ad un' altra specie di partite, quelle di calcio. Già in città si comincià a conoscere questo giocatorino che disorienta molte difese e segna dei bei goals, anche in partite non troppo regolari e per campo e per durata. Si è nel 1921, l'anno famoso della scissione federale, e la Federazione Italiana del Giuoco del Calcio affianca al campionato di prima categoria un campionato di promozione. Le squadre bolognesi, quali rimangono nei ranghi federali, quali si schierano tra i dissidenti. La Fortitudo è nelle file della F.I.G.C. dove si iscrive al campionato di promozione e viene posta nel girone A del gruppo emiliano. Per questa balda squadra si iniziano così i domenicali confronti sul terreno di via Maggiore. E' un undici tutto fuoco, pieno di risorse e d'un certo valore come tecnica di gioco. Anche Angiolino, invitato a firmare il cartellino per la Fortitudo, viene ben presto messo in prima squadra per difendere i colori sociali nella disputa regionale. L'inizio è promettentissimo; a Suzzara i bolognesi dominano per quattro a zero, vincono altre partite e in casa e fuori, tal che a metà gennaio la Fortitudo è al secondo posto con sei punti, preceduta solo dall'Ostiglia che ne ha otto, però con una partita in più. Queste due squadre iniziano una lotta a ferri corti. distanziando ben presto tutte le avversarie. Il 22 gennaio, nel grande confronto, la Fortitudo, sul campo di Porta Mazzini, piega per quattro ad uno i rivali. Ma l'Ostiglia non «molla» ed il distacco resta invariato malgrado le molte vittorie dei bolognesi che vincono anche a Borgo San Donnino, che schiacciano la Vigor e passano ovunque.

I gol nella Fortitudo

Ai primi di febbraio la Fortitudo è in testa con dodici punti, seguita dall'Ostiglia con dieci: il distacco è invariato, la lotta è sempre più avvincente. Intanto i bolognesi ripiegano il Suzzara per tre ad uno e Schiavio, che già aveva segnati parecchi goals, mette - in questa occasione - la sua firma su due palloni dei tre da rete. A marzo la Fortitudo è a quota sedici, l'Ostiglia a quindici ma con una partita in più, gli altri son tanto lontani. Bisogna infatti scendere a quota sei per trovare la Vigor. Finalmente l'evento. L'Ostiglia ospita la Fortitudo, piega la capolista, ricambiando il risultato dell'andata e passa al comando della classifica. Scoraggiamento nelle file bolognesi; l'attacco non va, Schiavio è troppo debole per il suo ruolo, i giuocatori sono stanchi. Quanti sono i tifosi tante le opinioni cattive. Ma dopo otto giorni ecco la riprova e la squadra di Borgo San Donnino viene addirittura seppellita sotto sei bei palloni. Ritorna a brillare il sole, riappare la speranza sopita, i tifosi ricantano l'inno all'a vittoria e Schiavio segna ancora i suoi ormai caratteristici goals. La Fortitudo riesce in una parola a raggiungere il girone finale che racccoglie, oltre che i bolognesi: l'Ostiglia – fiera rivale di eliminatoria – il Faenza e la Forti e Liberi di Forlì. La squadra di via Maggiore, in buona forma, piega nettamente per tre a zero i faentini. Schiavio. all'attacco, fa meraviglie, segna e fa segnare dei goals splendidi. Ecco però la trasferta ad Ostiglia, contro quella che sarà la vincitrice del girone; i fortitudini si lasciano scompaginare anche, anzi specialmente, per la pessima giornata della difesa. I bolognesi ritornano alla vittoria contro i Forti e Liberi che piegano per tre ad uno, per andare quindi a pareggiare (due a due) in quel di Faenza. Come si vede l'attacco è buono e realizza il realizzabile; è invece la difesa che non regge e si lascia battere con relativa facilità.

Centravanti della Rappresentativa dell'Emilia

Schiavio conduce sì l'attacco verso il goal avversario, ma non può far niente per rinforzare le retroguardie. Così, nella partita che doveva decidere il primato, l'Ostiglia piega i bolognesi sul loro campo, per due ad uno. Più tardi, scoperte delle irregolarità nelle file ostigliane, verrà fatta ripetere la partita, che, peraltro, chiudendosi ad uno ad uno, lascierà immutata la classifica con in testa l'Ostiglia ed al secondo posto la Fortitudo. Durante lo svolgersi del campionato in parola, in occasione dell'incontro tra una rappresentativa delle squadre del torneo di promozione dell'Emilia ed una rappresentativa pari serie del Veneto - incontro disputato a Venezia e chiusosi con la vittoria degli ospitanti per uno a zero - Schiavio è chiamato a condurre l'attacco emiliano. Per quanto forse affiancato a compagni non conosciuti riuscirà a tessere trame capaci di mettere in serio pericolo la rete degli euganei. E' questo il primo riconoscimento ufficiale dei meriti calcistici del nostro Angiolino che, appena sedicenne (si era infatti al 19 giugno 1922), poteva difendere, in un incontro interregionale, la propria terra. Era finito per la Fortitudo il campionato di tante speranze. E Schiavio, per la stagione calcistica (1922-23) che stava per iniziarsi, sognò altre mete e, da buon figliol prodigo, tornò alla società che lo aveva avuto alcuni anni prima tra i suoi allievi, tornò alla massima società calcistica cittadina iscritta al campionato di Prima Divisione nella Lega Nord. Subito notato il suo spirito di realizzatore egli si acquista definitivamente il posto tra le riserve rosso-blu. Per Angiolino molto è già fatto, infatti egli ha possibilità di trovarsi a contatto con veri campioni quali Della Valle, Perin, Alberti, Baldi, Genovesi ed ha modo di perfezionare il suo stile e di apprendere molte finezze finora ignorate. Gioca con le riserve parecchie partite, poi, qualcuno, che ha già intravisto in Schiavio il nuovo campione, consiglia di provare il promettentissimo diciassettenne. Si formano correnti opposte, anche perché il nostro Angiolino non è troppo formato. Nel giocare cade molte volte a terra, sia perché apppena marcato, sia perché quel suo curioso gioco di «dribbling» che comincia a diventare caratteristico spesso lo esaurisce fisicamente.

Il gol dell'ex

Viene provato il 27 novembre in una formazione mista contro gli antichi compagni di Porta Mazzini. Per i rosso-blu scendono in campo: Rossi, Borgato, Pilati e Rubini, titolari di ruolo e sette riserve tra le quali anche Schiavio. Azioni alterne con predominio del Bologna che, si concreta presto con un punto segnato da Angiolino, punto che manda in visibilio il pubblico di campo Angelo Badini. La Fortitudo, dopo il primo dispiacere ricevuto dal suo stesso ex giuocatore, deve subire altri tre punti da parte di Rubini, Rossi e Baccilieri ed in tutti e tre i goals si manifesta conncretamente la mano, anzi il piede, di Schiavio. Per la squadra del dott. Felsner è necessario curare nuovi elementi; il campionato non è corto e bisogna che i sostituti siano sempre pronti perchè le vittorie di Como, di Udine, sul Cremona, sul Milan vogliono essere confermate. Perciò la squadra riserve del Bologna, che partecipa al campionato regionale riservato alla sua categoria, diventa ognor più omogenea e più forte e schiaccia la Reggiana, il Parma e altre squadre, con una lunga teoria di goals, di cui molti portano la firma di Angiolino. Anzi il diciassettenne viene talmente notato che riaffiora l'intenzione di riprovarlo in prima squadra in un incontro difficile. Ed ecco - quanto mai atteso - il grande debutto. L'aquilotto ha messo le penne ed ha irrobustite le ali per il grande volo; il giocatorino poco studioso inizia la sua lunga e brillante carriera. L'anno 1922 sta per finire; siamo a Natale, e, come era consuetudine, scendono anche a Bologna gli squadroni d'oltr'Alpe per gli immancabili incontri internazionali. Quale migliore occasione, per i dirigenti della società petroniana, se non questa per mettere alla prova la maturità calcistica di Angiolino senza rischiare in partite di campionato? Vigilia di Natale: il Wiener A. F. scende dalla sua terra con un bagaglio di esperienza acquisito attraverso una lunga pratica internazionale di giuoco, come la possiedono i sei nazionali che sono nelle sue file, tra i quali i famosi Fischera e Horejs. Incontro di cartello, Schiavio dovrà affiancarsi ad alti nomi del firmamento calcistico italiano contro i campioni d'Austria. La maglia che ricopre i muscoli tesi nell'acredine della lotta, nello spasimo dello sforzo, anche se è rosso-blu, va oltre la cerchia di San Michele in Bosco e di Colle San Luca, è la bandiera della Patria che deve essere difesa contro gli stranieri nella battaglia incruenta ma infuocata. E Angiolino lo sa che cosa deve dare, sa quale è il suo onere. La partita si svolge con fasi alterne sempre reggendosi sul piede del doppio zero, quand'ecco – al 22' della ripresa un punto di Klein donare la vittoria agli ospiti cavallereschi, poiché altri goals non saranno segnati. Debutto sfortunato per Schiavio, ma il pubblico bolognese compreso delle qualità del nuovo centravanti aveva ormai concessi – di «motu proprio» – i galloni di moschettiere all'imberbe campione.

Al posto di Cesare Alberti

Il centro-attacco del Bologna: Alberti, una delle nostre figure più rappresentative in tale ruolo, per un fortuito incidente di giuoco e per la sopravvenuta complicazione al menisco infortunato, sarà costretto ad abbandonare i campi di calcio almeno per tutta la stagione 1922-23. Bisogna ricorrere ai ripari. il dott. Felsner conosce bene il suo nuovo pupillo – Schiavio – ma teme che la giovane età tradisca il giocatore. Intanto per l'ultimo giorno dell'anno 1922 scende allo Sterlino la massiccia squadra magiara dell'U. T. E. Oltre ad Alberti mancano, per cause varie, Perin e Baldi, mentre Della Valle è a disposizione della nostra nazionale. Bisogna, per forza, provare le riserve ed il trio d'attacco è proprio quello dei cadetti rosso-blu: Baccilieri, Schiavio, Gasperi. Malgrado tutti i pronostici siano sfavorevoli, gli Italiani vincono per uno a zero ed è proprio Angiolino a segnare su passaggio di Pozzi. Ritroviamo Schiavio, il 7 gennaio del successivo 1923, tra le riserve del Bologna che battono quelle spalline per tre goals di vantaggio, di cui uno segnato dal nostro giocatore. Sinché nella domenica seguente (14 gennaio) debutto in partita di campionato a fianco di Della Valle e Perin nell'incontro giocato a Pisa tra Spezia e Bologna. Finalmente i giornali di primo piano s'accorgono del diciassettenne cannoniere ed infatti la Gazzetta dello Sport; nel resoconto della partita Bologna - Juventus giocatasi il 28 gennnaio allo Sterlino, e vinta dai petroniani per quattro ad uno, scriveva: "Priva come sempre di Alberti, la prima linea rosso-blu ha avuto in Della Valle e Perin i suoi uomini migliori, egregiamente coadiuvati dal giovane Schiavio». Ed il centrattacco, che in meno di quattro mesi è dalle riserve assurto al ruolo di centravanti di prima squadra, ha ormai la strada segnata e le grandi cronache, da questo giorno, avranno di che occuparsi di lui.

In rete contro il Genoa

Una nera giornata per il Bologna è invece radiosa per Schiavio. Vogliamo alludere alla partita giocata il 18 febbbraio dai rosso-blu contro il Genoa e vinta da quest'ultimo per due a uno. Eran tre anni che allo Sterlino nessuno riusciva a passare, doveva essere proprio la giornata di sole per Angiolino, quella destinata a sfatare la leggenda dell'inviolabilità del terreno bolognese. La partita è appena iniziata, si è al 7' di giuoco quando, per un'incertezza di Barbieri, Pozzi riesce a sorpassare l'avversario valoroso ed a centrare un pallone spiovente di una precisione estrema. Pronto il giovane centravanti, intuita l'azione, sopraggiunge in velocità, scarta destramente Moruzzi, indi raccoglie di testa e segna con un tiro fulmineo. Allora lo stadio gremito e che, silenzioso, aveva assistito all'azione magnifica, scattava all'unisono in una acclamazione lunga e poderosa che commosse profondamente l'animo del giovinetto autore di tanta prodezza. Il ragazzo, del resto, nel seguito della partita, doveva mostrare altre meraviglie da stupire ancor più la folla ed il pur grande Burlando, che non riusciva a contenere la foga di quell'indiavolato centravanti. Era sembrato il vaticinio della più bella vittoria petroniana, invece i giocatori di San Giorgio riuscivano a pareggiare le sorti ed anzi a portarsi in vantaggio. Se l'inanimato Dio di Piazza Nettuno non vide quella sera la domenicale accolta di tifosi giulivi, tutta Bologna sportiva seppe però di avere nelle sue file un nuovo grande campione: sicuro continuatore delle glorie felsinee. Stralciamo tra i molti successi di Angiolino e notiamo un goal da lui segnato a Compiani e che pareggia le sorti a Cremona, altri tre segnati all'Udinese ed uno allo Spezia. Pure nell'annata 1923~24 Angiolino porta il suo non trascurabile contributo alle vittorie del Bologna, affina il suo gioco, irrobustisce le sue gambe, completa il suo sviluppo. Vengono così i «goals» contro il Pisa e la magnifica partita dl Vercelli. Di questo memorabile incontro sarà anzi interessante ricordare qualche particolare. Sotto una pioggia continua sul campo della «Pro», il 23 marzo 1924 Schiavio disputò una partita indimenticabile. Il giovanetto conduttore d'una poderosa linea attaccante, dopo aver combattuto strenuamente per l'intera partita, segnò l'unico punto della giornata. Bologna, in quell'occasione, accolse i suoi calciatori trionfalmente ed Angiolino fu addirittura celebrato «irresistibile». Molti altri episodi potrebbero essere ricordati, ma per dire tutto dl Schiavio, bisognerebbe parlare molto a lungo. Basti dire che la storia di Angiolino è la storia dello stesso Bologna; così potremmo ricordare che la squadra felsinea nell'annata cui accenniamo riusciva a vincere il proprio girone, venendo ammessa alla finale. Il titolo però, dopo le partite decisive, veniva – in forza dell' art.15 del Regolamento – assegnato al Genoa. Per la stagione 1924-25 il Bologna affila le armi, deciso a lottare per lo scudetto.

Si afferma un campione

Schiavio, ormai titolare di ruolo, conduce una linea di campioni rispondenti ai nomi di Rubini, Della Valle, Perin e Pozzi. S'inizia a grande andatura. Vittorie e vittorie premiano la felice preparazione della squadra di Felsner che presto si trova a capeggiare la classifica. Poi, un attimo di rilassamento, permette il riavvicinamento della Pro Vercelli e della Juventus, ma la partita Bologna e Derthona – chiusasi con la vittoria dei rosso-blu per quattro goals ad uno, dei quali tre segnati da Schiavio, (uno anzi da venti metri ed uno ad un minuto esatto dalla fine) ristabilisce le posizioni che neppure l'esito pari dell'ultimo incontro, giocato dagli emiliani col Novara, riesce a variare. La finale rivede il Bologna davanti al Genoa vincitore, a sua volta, del proprio girone. Come l'anno prima i genovesi espugnano il campo dei petroniani in una partita combattutissima, dove Schiavio ha modo di far rilevare ancora una volta le sue qualità di grande campione. Egli riesce anzi, dopo avere durante tutta la partita impegnato molto De Prà, a raccogliere, al 44' di gioco, un pallone di Pozzi e a segnare un bellissimo goal che salva l'onore della giornata. Ed un giornale, all'indomani, scriverà: «Perin e Schiavio si dividono gli onori della giornata». Il 31 maggio, sei giorni dopo il primo incontro, il Bologna ricambia la visita e vince sul munitissimo campo di Marassi per due ad uno. I goals bolognesi sono segnati dall' ex-virtussino Muzzioli e da Della Valle. Schiavio – mezz'ala sinistra – gioca col solito brio e porta il contributo abituale all'attacco felsineo. La «bella» sarà giocata a Milano sul campo di viale Lombardia sotto l'arbitraggio di Mauro. Alla fine dei due tempi regolamentari, le squadre saranno alla pari (due a due), ma il Genoa non scenderà in campo per i tempi supplementari perchè il pubblico, accorso in numero addirittura pauroso, si è disposto perfino sulle linee laterali. Una giusta decisione federale farà ripetere l'incontro che si giocherà a Torino. Dopo novanta minuti di gioco le squadre saranno ancora alla pari, i tempi supplementari non varieranno l'esito della partita. Finalmente nella terza «bella» (la bellissima... per i bolognesi) giocata a San Siro a porte chiuse, in pieno mese d'agosto ed alle dieci del mattino, il Bologna vincerà lo scudetto, il suo primo scudetto. Si chiuse così un campionato che per lui e per la sua squadra era stato pieno di sole.

Gli elogi della "Gazzetta dello Sport"

Quindi il 23 agosto ha luogo a Roma un incontro tra il Bologna - campione della Lega Nord – e l'Alba – campione della Lega Sud – incontro che si chiude con la vittoria petroniana. Le prodezze dell'ormai noto centravanti rosso-blu -non potevano restare oltre nascoste ed ecco, che a far parte della carovana partente per le due partite iberiche, è chiamato anche il giocatore bolognese. Così la Gazzetta dello Sport commentava il comunicato ufficiale: «Tra gli azzurri di nuova elezione notiamo Milano IV, centro-sostegno della Pro Vercelli, e Schiavio, centravanti del Bologna. Ci compiacciamo in modo particolare per la scelta di Schiavio che, per le rimarchevoli virtù e per la freschezza dello stile, non poteva sfuggire all'esame degli esperti. E' un giocatore ancora giovane e nuovo alle battaglie internazionali, ma è maturo per il tirocinio. Verrà presto il suo turno». Il 10 luglio, a confermare tale notizia, nella partita d'allenamento degli azzurri a Ventimiglia, in linea come mezz'ala sinistra con Conti, Della Valle, Magnozzi e Forlivesi, Angiolino non solo non sfigura davanti a tali nomi, ma anzi segna due goals. La breve «tournée» – che si chiuderà con due «uno a zero» a nostro sfavore – non lo vedrà però in campo. All'aprirsi della stagione 1925-26 sono in vista altre due partite internazionali, il quattro e l'otto novembre. Ma, per l'allenamento di Genova, Schiavio non è chiamato. Oscuramento di forma? Incidente di gioco? Niente di tutto ciò, perchè quando ci si accorge che una grossa falla v'è all'attacco, si pensa subito al bolognese. Ma, nella formazione ufficiale per l'incontro con la Jugoslavia che avrà luogo a Padova, Angiolino non è compreso. Scenderà tuttavia in campo perché Baloncieri non sarà presente. Schiavio sente la grande responsabilità. Su di lui – il debuttante in maglia azzurra – tutti gli sguardi saranno rivolti ed egli, che sa cosa sia lottare per la Patria, vuol essere soldato valoroso. E' pallido, molto pallido, forse è un tremito che scuote il corpo dell'atleta che vibra ad ogni sussulto del cuore pieno di gioia e che pulsa velocemente, di timore. Animo! - glielo dicono i compagni più vecchi, gli amici più cari. Animo! – glielo ripete la mamma lontana e tutto il suo pubblico, quello d'un tempo di via Maggiore e quello d'oggi dello Sterlino.

Esordio in Nazionale

Ecco, l'atleta non trema più per quell'emozione – spiegabile – di debuttante; ora è là in campo a lottare e vincere nel nome d'Italia. Subito, ai primi minuti, un'intesa Della Valle-Schiavio sfiora un paletto della casa di Fredric, ma su rovesciamento di fronte Bencic segna per i propri colori. Sarà dunque la sconfitta? No, risponde Angiolino alla muta domanda della folla e serra le labbra e stringe i pugni. Poi, quando ricevuto un pallone riesce a superare il terzino Pazur, da ben 15 metri segna il pareggio. Grida di giubilo e d'incoraggiamento, si chiede il secondo goal e questo viene quando su allungo· di Cevenini, Schiavio sopraggiunge e conquista di precisione la vittoria. Dopo tanto debutto, si crede non inutile di portarlo in Ungheria tra i probabili per l'incontro di Budapest. Partita memorabile quella in terra magiara; Schiavio non giocò, ma ricorda ancora bene – che quell'uno ad uno era una nostra vittoria. Dopo la partita sfortunata molti piangevano. Dagli occhi di Bernardini cadevano le lacrime che bagnavano il fango aggrumatosi sui muscoli stanchi dell'atleta che aveva giocato buona parte della partita a gambe nude, perchè gli si erano rotti e parastinchi e calzettoni. All'albergo ci volle Schiavio - di solito tanto quieto - ad intonare la canzone allora di rito nel « clan» azzurro: «... il pellegrino che viene da Roma... ». La seconda maglia azzurra viene regalata ad Angiolino il 18 aprile del successivo 1926, in occasione della partita di Zurigo contro la Svizzera e terminata in pareggio. Subito dopo – 9 maggio – ecco la terza presenza. «Retour-match» con gli elvetici a Milano, Schiavio – con a lato il suo grande compagno Della Valle – seppe in tale occasione meravigliare folla e tecnici per il suo giuoco brioso, variato ed intelligente che fruttò i tre goals di cui, anche se due non portavano la sua firma, erano purtuttavia opera sua precipua. Bruno Roghi – il giorno dopo – scriveva: «Quali furono i migliori giocatori in campo? Gli otto uomini d'attacco composero nel primo tempo un blocco meravigliosamente fuso. L'innesto della coppia bolognese diede i risultati sperati.

Schiavio e Della Valle

Tutti gli occhi erano fissi su Schiavio. Il condottiero della nazionale, incastonato tra due autentiche mezze ali energiche ed infaticabili come Della Valle e Magnozzi, ebbe momenti da giocatore di alta classe. Il suo passaggio fulmine a Della Valle, passaggio che fu la premessa del primo goal: il suo smarcamento che gli consentì di ricevere un pallone perfetto e di scaraventarlo nella rete da venti metri, furono gli episodi più appariscenti del giuoco di Schiavio. Specie nel primo tempo il suo stile fu' assolutamente elettrizzante per sagacia, per varietà e per precisione ». Per la partita che la nostra nazionale disputa a Stoccolma il 18 luglio Schiavio - pur facendo parte della carovana azzurra - non giuoca per la presenza del torinese Libonatti che viene a lui preferito. Le maglie rosso-blu combattevano intanto la loro battaglia per non lasciarsi strappare lo scudetto tanto faticosamente conquistato. Sono vittorie e vittorie che aggiungono altre foglie al setto d'alloro conquistato già l'anno prima dalla squadra di Della Valle. Registriamo a caso: Bologna-Hellas 6-0; Bologna-Internazionale 4-1 ; Bologna-Brescia 6-0; Bologna-Pisa 7-0; Bologna-Doria 3-0; Bologna-Legnano 6-0; Bologna- Juventus 2-0. L'eliminatoria era superata così brillantemente, occorreva superare la finale contro la Juventus di Torino. Le prime partite terminavano rispettivamente due a due e zero a zero, ma la «bella» – disputata a Milano – riserbava una brutta sorpresa. Infatti, malgrado gli sforzi disperati dei petroniani, che condotti da Schiavio cercavano la via della vittoria, gli juventini riuscivano a vincere. Nella squadra felsinea fu una mazzata e le annate seguenti risentiranno il severo colpo. I campionati 1926-27 e 1927-28 vedranno perciò il Bologna lottare e classificarsi anche bene, senza peraltro che gli riesca di tentare la scalata al titolo. Schiavio, nelle annate di stasi – chiamiamole così – cui è sottoposto il Bologna, continua la sua ascensione nella scala dei valori nazionali. Peraltro risente anche lui del periodo. meno brillante che la squadra sta attraversando. Ciò non toglie che la « nazionale » lo veda di tanto in tanto tra i «probabili », così egli fa parte della carovana azzurra per la partita di Praga del 28 ottobre 1926. Angiolino non scenderà però in campo perchè al suo posto sarà ancora Libonatti. La partita si chiuderà nettamente a nostro sfavore e l'onore della giornata sarà salvato al 18' del primo tempo da Levrattone. Anche il 20 febbraio del successivo 1927 per la partita di Milano contro la Cecoslovacchia egli è chiamato tra gli azzurri, sarà ancora riserva per... colpa di Libonatti. Finalmente il 17 aprile è titolare di ruolo contro il Portogallo a Torino, in quella partita che doveva essere un po' una passeggiata per i nostri colori. Sarà quindi ancora, riserva della nazionale per l'incontro Italia-Spagna disputatosi a Bologna per l'inaugurazione del Littoriale.

Eroe di Amsterdam

Altra maglia azzurra vestirà Angiolino in una partita giocata il primo gennaio 1928 a Genova contro la Svizzera e sarà proprio a fianco di Libonatti che egli giocherà come mezz'ala destra, trovando subito l'accordo col nuovo grande compagno. Intanto si pensa alle Olimpiadi di Amsterdam, e ad una severa preparazione. Angiolino per conto suo affila le armi per il torneo mondiale dove è chiamato a difendere il nome d'Italia. Il quadriennale raduno della forte gioventù del mondo stava per iniziarsi. Dalla Grecia classica, Pindaro risorgeva per affidare al cavo bronzo di ogni aedo, le odi nuove. L'Alfeo olimpico riprendeva a cantare la sua bella canzone rotolando l'acque limpide di balza in balza. Il lauro, coronante la fronte dei vincitori, rinverdiva. Nona Olimpiade: accolta di forti! Verso quella meta, tenendo nel cuore la speranza e la fiducia dell'Italia tutta, partivano: Baloncieri, Banchero, Bellini Bernardini, Caligaris, Combi, Degani, De Prà, Ferraris IV, Gasperi, Genovesi, Janni, Levratto, Magnozzi, Pastore, Pietroboni, Pitto, Rivolta, Rosetta, Rossetti, Schiavio, Viviani. Partivano per portare nella caliginosa terra d'Olanda un raggio di luce della terra del sole. E nello Stadio maestoso di Amsterdam – baciato dalla dolce carezza dello Zuidersee attivante la sacra face olimpica bruciante sulla Torre di Maratona e spiegante il candido vessillo dai cinque colorati anelli – il pubblico convenuto da ogni terra del mondo dovrà sapere l'audacia, il valore e l'animo dei ragazzi d'Italia. Si giunge ad Amsterdam, nella vecchia città che vorrebbe ma non sa imitare i tanti misteri della nostra Venezia, misteri fatti di lenti sciacquii e di mille ombre disegnate sui rii silenti ma pieni di tanta malìa.

Prodezze azzurre

Nella vecchia Amsterdam si è data convegno la gente sportiva di tutto il mondo che, nell'agone audace dello sport, tende i muscoli, serra le labbra, smorza il fiato, cercando l'alloro da portare in Patria. Son venuti anche i bruni figli di Roma per portare quassù il tricolore loro, son venuti i giovani del mezzogiorno a realizzare il sogno del loro popolo. Son molte e bene agguerrite le avversarie? Che importa, se Roma vuole, il segno sarà raggiunto. E, con nel cuore la fede più forte gli azzurri d'Italia si lanciano incontro alla vittoria. Giunge il 29 maggio, prima partita e prima vittoria italiana sui cugini francesi per quattro a tre. Schiavio però non è sceso in campo, nel suo ruolo ha invece giocato Banchero. Due giorni dopo, nella partita opponente gli azzurri agli spagnoli, a Schiavio viene affidato il compito di condurre il nostro attacco. Partita splendida; Angiolino non fa certo rimpiangere lo scambio con Banchero, ma malgrado i tempi supplementari gli iberici riescono a mantenere la partita sull'uno ad uno. Ma il quattro dello stesso mese la grande sorpresa, gli italiani, nella ripetizione della partita di tre giorni prima, fiaccano le linee dei rossi e vincono in bellezza per sette ad uno. La travolgente foga dei nostri giocatori non ha conosciuto ostacoli nella sua marcia verso la vittoria più bella. Schiavio, ancora al comando della linea d'attacco, posto che per queste Olimpiadi non lascierà più, segna il suo bravo goal e collabora attivamente per la segnatura degli d'altri sei punti. Gli azzurri si sono acquistati il diritto di disputare la semifinale, però pubblico e stampa non credono gli italiani capaci di inquietare soverchiamente i campioni d'Uruguay che si trovano opposti ai nostri giocatori. L'inviato speciale del Daily Telegraph scrive addirittura: «Mi rifiuto di credere che gli azzurri possano creare degli imbarazzi seri alla squadra sud-americana ».

Grande intesa con Baloncieri

Sul campo invece le cose dovevano andare diversamente. Al fischio dell'olandese Eijmers gli azzurri scattano, Schiavio è in grande giornata. La porta di Mazzali è assediata, il goal matura. Appena al 9° minuto Angiolino riceve la palla, disorienta Arispe e Canavesi (terzini uruguaiani), smista a Baloncieri che segna. La gioia degli italiani è indescrivibile. La battaglia riprende e sono ancora gli azzurri che premono. Non sono passati che pochi minuti dal goal di Baloncieri ed è Rivolta che scende sicuro verso la porta avversaria e rimette al centro perfettamente. Mazzali, portiere degli americani, esce di porta e tenta di respingere di pugno. Schiavio – pronto – salta contemporaneamente all'avversario e tenta di colpire di testa, sfiora la palla che va a Magnozzi, mentre il pugno di Mazzali prende in pieno Schiavio il quale ricorda: «mi fece proprio un orecchio così ». Si crea una mischia sul limitare della linea fatale, il «motorino», che è tutto solo, potrebbe calciare a volo ma esita un attimo prima di tirare, lasciando il tempo al negro Andrade di rialzarsi e respingere di pugno. L'arbitro non fischia neppure il «rigore», Magnozzi si accascia, gli italiani ristanno, la foga iniziale sembra tradita dal punto mancato. Ne approfittano gli americani per attaccare Combi e segnare al 17', al 28' ed al 31'. Durante il riposo nessuno di quei 25.000 spettatori pensava che gli azzurri avrebbero incassato meno di mezza dozzina di goals. La ripresa invece doveva essere a completo nostro favore. Gli italiani attaccano, assediano ancora la rete di Mazzali, sinchè arriva il secondo punto. Lasciamo la parola a Bruno Roghi: «Ed ecco, accolto da una delirante acclamazione di tutta la folla elettrizzata, rimprovviso secondo goal italiano. Su rimessa laterale di Pitto, Baloncieri gira di testa a Schiavio che è pressato da Arispe. Il bolognese passa, sempre di testa, la sfera di cuoio a Levratto. Il portiere uruguaiano salta, ma Levratto arriva in tempo. Il colpo di testa è di rara prontezza e di grande precisione. La palla ruzzola nell'angolo della rete uruguaiana. 15' della ripresa: 2-3 ». Il pubblico, tutto in piedi, soggiogato dal giuoco degli italiani, chiama a gran voce il pareggio. Gli uruguaiani sentono che può essere questo il momento segnante la loro caduta dal trono cui erano saliti, piccoli re della palla rotonda, a Parigi; stringono le maglie della difesa, retrocedono. Son dieci i difensori della casa di Mazzali. Gli azzurri serrano le labbra nello sforzo supremo, sanno che la Patria chiede tutto di loro ed essi tutto le danno. Su un'asta dello stadio sventola il nostro tricolore, ma la bandiera d'Italia dovrebbe salire sul più alto pennone. Schiavio ed i compagni suoi compiono cento, mille prodezze, ma i campioni del mondo reggono l'urto e si difendono come possono, senza badare ai mezzi.

Il Grande Uruguay alle corde

Tanta che al 43' Levratto, mentre sta per concludere una magnifica trama d'attacco costruita da Angiolino, viene – in area di rigore – atterrato brutalmente. Così quelli che dovevano ripetere l'«exploit» di Parigi, eliminarono il nostro undici dal torneo olimpionico di Amsterdam. L'Argentina costringeva, in seguito, al pareggio gli uruguaiani, contro i quali, nell'incontro di ripetizione, doveva poi cedere per due ad uno. Agli azzurri intanto, eliminati dal torneo, restava da disputare la cosidetta partita di bandiera contro l'Egitto. L'incontro, si sa, fu senza storia: Banchero segnò quattro volte, tre Schiavio, tre Magnozzi ed una Baloncieri. Alla fine i calciatori del Nilo perdevano per otto punti di scarto. Il pallone era finito undici volte nella rete dell' esterrefatto Houndi che, a partita ultimata, chiese per quanto la sua squadra perdeva, non essendo riuscito a contare tutti i goals che gli erano passati! Angiolino nel torneo olimpionico 1928 è stato certamente uno degli uomini migliori. In ogni incontro disputato il bolognese è sempre stato una salda colonna dell'attacco; anzi ha quasi sempre apposta la sua firma a palloni da rete, ovvero, nei goals segnati dai compagni, ha messo sempre il suo «visto». Specie le due ultime partite hanno mostrato uno Schiavio in condizioni superbe di forma. Contro l'Uruguay Angiolino ha costruito i goals di Baloncieri e di Levratto, ha porto un pallone da rete a Magnozzi ed uno al vadese (43' di giuoco), che aveva già segnato il nostro secondo punto. Si può ben dire che tutte le azioni decisive della partità hanno avuto in Angiolino l'elaboratore più geniale ed insostituibile. La stampa si espresse sul suo conto in modo assai lusinghiero celebrandolo tra i migliori centravanti dell'Olimpiade olandese, assieme al sudamericano Petrone ed al tedesco Poettinger. Ed invero il nostro atleta, non solo non usurpò le lodi che lo celebravano campione di classe, ma neppure lo inorgoglirono. Ritornò nella sua bella Bologna per riprendere la vita d'ogni giorno e rientrare, senza ombra alcuna di superbia, nei ranghi rosso-blu. Ritornò senza raccontare le sue imprese, dai quali racconti la sua serietà rifugge, ritornò senza. troppo baccano nella chiassosa brigata petroniana. Dopo la prova brillante sostenuta ad Amsterdam, Schiavio ritornava a rivestire il rosso-blu.

Il secondo scudetto

Si iniziava il campionato 1928-29, l'anno che doveva fregiare per la seconda volta il vessillo petroniano dello scudetto già conquistato tre anni prima. Le squadre della massima divisione sono ancora divise in due gironi, il Bologna è nel secondo gruppo con Ambrosiana, Biellese, Brescia, Cremonese, Fiorentina, Fiumana, Genoa, Hellas, Juventus, Lazio, Napoli, Pistoiese, Reggiana, Venezia, Vercelli. V'è tutta una serie d'incontri di eliminatorie ed i veltri lottano con foga per piegare le pur forti avversarie. Dopo un lungo periodo di battaglie faticose, finalmente il traguardo è raggiunto: il Bologna è in finale. Se la prima tappa – la più lunga – è ultimata, ne resta però ancora un' altra, più corta ma più aspra. Il titolo è in palio tra la squadra felsinea e quella del Torino. Nella città sabauda, i petroniani soccombono, dopo avere vinto la prima partita al Littoriale. Una vittoria e una sconfitta: occorre la «bella». La Capitale, in festa, accoglie i due undici venuti a contendersi, in cavalleresca tenzone, il titolo di campioni assoluti d'Italia. Si ritrovano di fronte i leali avversari di tante battaglie, sotto il cielo di Roma Madre. Lo stadio è elettrizzato e scocca scintille ad ogni tocco dei due poli contrari che portano quale insegna rosso-blu, quale granata. Il primo tempo finisce come s'era iniziato: zero a zero. Schiavio sa che molto la sua squadra attende da lui e lavora per quattro; vedrà poi nella ripresa coronati i suoi sforzi. AI 25° minuto Pitto batte la palla che arriva ad Angiolino; i torinesi conoscono che sorta di «gatta» sia il bolognese e gli si fanno sotto. Schiavio smista a Muzzioli che, atteso un attimo, riporge ad Angiolino, il quale s'è spostato verso sinistra, permettendo a Muzzioli di passare al centro e dove egli gli passa un pallone da rete e «Teresina» non sbaglia: uno a zero. Sarà la vittoria. Continuerà la battaglia, i piemontesi assedieranno Gianni, ma i petroniani resisteranno. Anzi Schiavio e Della Valle punteranno qualche volta sulla rete torinese. Il secondo scudetto è vinto, vinto per un goal, che, se dovuto al piede di Muzzioli, è ancor più dovuto al cervello di Angiolino, ingegnoso costruttore dell'azione. Se Schiavio poteva ricucire sulla sua maglia lo scudetto tricolore, agli occhi dei critici egli appariva ormai anche tra i migliori centravanti d'Italia.

Miglior giocatore in campo


Cosicché nell'annata 1929 egli riveste altre tre volte la maglia del colore gentile del nostro cielo. Al Littoriale il 3 marzo calano i cecoslovacchi. Schiavio dà, in quel giorno, la migliore dimostrazione del suo giuoco e la stampa lo celebra il miglior uomo in campo. Gli azzurri vincono per quattro a due e molto del loro bottino è dovuto al formidabile centravanti del Bologna, che davanti al proprio pubblico ed a fianco di Libonatti in una linea formata da assi rispondenti ai nomi di Conti, Rossetti e dell'allora magnifico Piccaluga, compie prodigi. La partita che nel primo tempo si equilibra su un due a due, vede una ripresa totalmente a noi favorevole, ciò che permette agli azzurri di vincere bene. Il 4 aprile spedizione in terra d'Austria. Partita-battaglia. Gli avversari ricercano stinchi e menischi. Dopo dieci minuti di giuoco Janni è messo fuori combattimento. Sarà per il calcio italiano la perdita pressochè definitiva del bravo centrosostegno torinese. Schiavio è retrocesso mediano, posto che dovrà ricoprire per ben ottanta minuti di giuoco. Nell'uscire dal campo, l'encomio per lui più caro gli sarà rivolto. Ventiquattro giorni dopo Angiolino è chiamato ancora una volta all' onore della maglia azzurra a Torino contro la Germania, in una partita tanto sfortunata per i nostri colori. Sul campo dei granata Schiavio scese a guidare una linea di autentici campioni quali: Conti, Della Valle Rossetti e Cevenini III, mostrandosi all'altezza del compito affidatogli. Sfortuna volle che appena al 20' di giuoco per un incidente egli dovesse lasciare il suo posto. Allora Della Valle passava al centro e Busini III° entrava quale interno destro. Il nostro giuocatore non poteva rientrare che pochi minuti prima del fischio finale quando Della Valle – contuso – dovette a sua volta abbandoare il campo. La cronaca registrò in quell'occasione una buona partenza degli italiani che segnarono con Rossetti al 6' di giuoco poi, come abbiamo accennato, menomati nelle file, essi non poterono impedire il pareggio di Hornhaùer ed il punto della vittoria di Frank al 33' della ripresa.

Gioie ed amarezze di una « tournée » nel Sud America

Non è ancora spenta l'eco della vittoria riportata dai veltri sui torinesi ed ecco, dopo soli quattro giorni dall'indimenticato incontro di Roma, che il Bologna fa le valige e si imbarca sul Conte Rosso, per una tournée nel Sud America. Sullo stesso transatlantico sono anche i giuocatori piemontesi ma non spira buon vento tra campioni e battuti, per quell'atmosfera tesa creatasi durante le tre partite di finale. E così le due squadre arrivano al di là dell'Oceano per ritentare l'impresa che già nel 1923 aveva lusingato il Genoa. Un paio di giorni di riposo, ed il 25 luglio il grande debutto americano dei campioni d'Italia contro la Rappresentativa di Rio de Janeiro. Partita giocata alle dieci di sera con luce naturalmente artificiale, palla colorata di bianco, clima umido e freddo. Gasperi assente. Invero l'incontro si presentava poco favorevole ai nostri colori. Ciononostante i bolognesi tengono duro. Anzi, nei primi venti minuti riescono a segnare il loro bravo goal, ma i diciotto giorni di traversata e le molte novità trovate hanno presto il sopravvento e Gianni, pur entusiasmando il pubblico per le sue splendide parate, deve raccogliere nella sua rete, per ben tre volte, il pallone. Qualche giorno dopo i rosso-blu sono a San Paolo per incontrare la Rappresentativa Paulistiana che conta nelle sue file Sernagiotto, Del Debbio e De Maria. L'attacco dei petroniani fila a meraviglia e, dopo venti minuti, il Bologna conduce per tre a zero: la vittoria si delinea netta e convincente. Schiavio avuta la palla riesce a giocare i terzini ed ormai, indisturbato, sta per segnare, quand'ecco – vista la mala parata – un sudamericano fa letteralmente ruzzolare, con uno sgambetto, il nostro centravanti. Sabbatini, accompagnatore del Bologna e arbitro dell'incontro, per non essere tacciato di partigianeria non fischia il rigore e lascia correre molto, troppo, tanto che alla fine gli italiani perdono per quattro a sei. Dopo due giorni altra sconfitta e stavolta per sei ad uno, inflitta agli italiani dal Corinthians e partenza per Montevideo in cerca di arie migliori. Non molto diversa è la sorte del Torino che ha iniziato la sua «tournée» in Argentina. Il viaggio procura qualche dispiacere a più di un giocatore.

Uruguay - Bologna 0-1

E' proprio il vento che viene dalla Pampas selvaggia, che fa danzare una «rumba» deliziosa al «Martha Washington» attraversante il golfo di Santa Caterina. Schiavio, impassibile, ammira le evoluzioni di qualche compagno presso i parapetti del piroscafo. Finalmente si arriva, il ritardo è però sensibile. Tuoni e lampi anche a terra perchè la Federazione Uruguaiana chiede il risarcimento dei danni subiti non essendo il Bologna arrivato in tempo utile per disputare la prima partita. Si discute, si fanno gli occhiacci, si gira di qua e di là e, quando Dio vuole, alla meno peggio, tutto si accomoda. Intanto piove per intere giornate ed in albergo tra un tris d'assi ed una scala reale, i rosso-blu ne combinano di tutti i colori, facendo disperare Schiavio che, serio com'è, non vede di buon occhio gli scherzi dei compagni. Soltanto il 10 agosto è possibile l'incontro che mette di fronte i bolognesi ed i vincitori del torneo olimpionico di Amsterdam. Al fischio dell'arbitro, Schiavio lancia i compagni e la rete di Mazzali è assediata di colpo. Poi gli olimpionici si liberano e contrattaccano. La battaglia si fa ardente e gli spostamenti da una fronte all'altra sono rapidissimi. Il primo tempo termina in bianco. All'inizio della ripresa è ancora Schiavio che lancia i compagni e l'assedio del primo tempo si rinnova. Ora però la stretta si fa più energica ed ai campioni del mondo non riesce di liberarsi. Al 5' Schiavio ha la palla, attira su di sè l'attenzione della difesa avversaria, giuoca un terzino, porge a Magnozzi che, grazie alla tattica di Angiolino, è rimasto libero e Mazzali, il portiere che ad Amsterdam non ha conosciuto sconfitta, deve raccogliere il pallone in rete. Baci a Magnozzi, ma più a Schiavio vero e proprio costruttore intelligente dell' azione. Su questo punto, opera maagnifica del centravanti nazionale, si chiude la partita che vede i campioni del mondo battuti dai rosso-blu bolognesi. La vittoria di Montevideo aveva messo in subbuglio pubblico e stampa sud-americana ed aveva inorgoglito i nostri campioni. Pensarono gli argentini a mettere le cose a posto. La Nazionale Argentina batteva il Bologna per tre ad uno, che riusciva solo a pareggiare (zero a zero) con i cadetti della stessa nazionale, mentre perdeva per due ad uno con il Newell's Old Boys e con l'Huracan. I bolognesi si risollevavano con l'Argentina Sud vincendo per due ad uno, ma il Boca Juniors smorzava subito ogni velleità battendo gli italiani per uno a zero. Gli è che gli argentini si erano detti presso a poco così: «Vedremo noi questi vincitori di Montevideo che cosa sanno fare». Quindi, visto che cosa infatti sapevano fare davvero i bolognesi, decidevano che, dovendo vincere ad ogni costo, bisognava mandare negli spogliatoi un paio di italiani in ogni incontro.

Rissa alla Boca

Schiavio infatti ne sa qualcosa, lui – sempre leale e cavalleresco – si vede affibbiare delle pedate di tale calibro che lo costringono più volte ad uscire dal campo. Il centravanti azzurro dice che era impossibile vincere e ricorda la partita col Boca Junior, nella quale i nostri giocatori, perdenti per uno a zero e con il loro centravanti fuori campo, continuavano ad attaccare con foga. Ma per un visibilissimo «rigore» concesso ai nostri, nacque un tal pandemonio che Sabattini ed i suoi «poulains» tornarono a casa con molti non meno visibili lividi e Gasperi finiva al Commissariato di Polizia perchè, dopo aver pestato a dritta ed a manca, aveva preso a pugni anche un ufficiale argentino. Prima di far ritorno in Italia si tentò una nuova serie ai partite in Brasile. A San Paulo, il Bologna riesce a pareggiare con la Palestra Italia, quindi batte per tre ad uno la Rappresentativa Paulistana per poi chiudere la «tournée» il 1° settembre a Rio de Janeiro. Così, come all'inizio, con la stessa squadra di allora, il Bologna perde con eguale punteggio: tre ad uno. Di quest'ultima parte di «tournée» vogliamo ricordare qualche particolare. A San Paulo i bolognesi erano alloggiati in un albergo dove era obbligo andare a tavola in abito da sera. Che è, che non è, eccoti una volta apparire Martelli, l'aitante compagno di Schiavio, con il suo bravo «smoking» e con la testa bianca come una palla di bigliardo. Sabbatini s'arrabbia, gli altri ridono, il buon Martelli tenta di giustificarsi, arrossisce, si confonde. Il mistero viene svelato più tardi, quando si viene a sapere che era stato quel mattacchione di Pitto a convincere Martelli di radersi così, perchè – diceva il livornese – la testa rasata era molto «chic». La storiella fu molto gustata e Schiavio ricorda di avere allora riso anche lui, come pure rise, e ride ancora di cuore, per la disavventura capitata al compagno Gianni, portiere dei rosso-blu. Durante l'incontro con la Rappresentativa Paulistiana, Gianni funziona da guardialinee, ma per poco, chè presto viene alle mani con l'arbitro il quale afferma che Gianni lo ha minacciato con la rivoltella. II «gatto magico » giura ancora adesso che si trattava del portasigarette, ma intanto allora finì tra due poliziotti. Tra i giocatori che lasciarono miglior impressione nel pubblico e nella stampa sud-americana è da considerarsi in primo luogo Schiavio. Il grande asso bolognese in ogni dove suscitò viva ammirazione e per la varietà del suo gioco e per la finezza della sua azione e per la genialità della sua tattica. In quasi tutte le partite da Angiolino disputate in terra d'America, egli fu considerato tra i migliori uomini in campo se non proprio il migliore, specie poi negli incontri con la Rappresentativa Paulistana, con l'Uruguay e con l'Argentina del Sud. Il faticosissimo campionato 1928-29 ed il disgraziato viaggio nel Sud-America si fanno sentire nelle gambe dei giuocatori in rosso-blu. Ne deriva una somma di infortuni che, malgrado la ripresa verso la fine del torneo 1929-30, non permettono al Bologna di classificarsi oltre il quinto posto. Anche Schiavio è enormemente legato e non riesce a riprendere la forma degli ultimi campionati. Per di più egli deve essere ricoverato per qualche tempo presso la clinica Pinna-Pintor per una dolorosa operazione al menisco.

Capocannoniere


Anche l'annata seguente (1930-31) e per il Bologna e per il suo centravanti non si risolve che in un «bis» dell'edizione precedente. Bisogna scuotersi, lo reclamano i tifosi petroniani che si stringono, pur nella sventura, sempre e più attorno al vessillo rosso-blu. Ma ecco la riscossa. Preparazione silenziosa ma proficua ed all'apertura del torneo 1931-32 le prime tappe sono bruciate. Angiolino ha trovato la sua vena e i goals fioccano. La squadra è bene ingranata ed, a girone d'andata finito, il Bologna è in testa alla classifica: lo scudetto sembra assicurato. Intanto Schiavio viene chiamato per la partita Italia-Austria che avrà luogo a Vienna il 20 marzo. Un incidente di giuoco non permetterà però al nostro giuocatore di essere in campo, ma giuocherà invece la vittoriosa partita seguente a Parigi, contro la Francia, il 10 aprile. D'un tratto la marcia sicura della compagine bolognese viene arrestata dalla Lazio di Roma. La Juventus approfitta del momento propizio e che aveva tanto atteso; in un baleno, raggiunge e supera gli antagonisti con un finale di campionato che rimarrà famoso negli annali del calcio italiano. Angiolino non si darà pace, lotterà, lotterà e continuerà a segnare i suoi goals saettanti o dolci, ma pur sempre lascianti i portieri esterrefatti. Fino alla fine del campionato lo ritroveremo infatti alla testa della classifica di «tiratore scelto» (onore che dividerà con l'uruguagio Petrone, il famoso «artillero») con ben venticinque reti segnate. Molte partite lo vedono contuso, ma testardo nel voler rimanere in campo al posto di battaglia, per rincuorare i compagni e ostacolare gli avversari.

Schiavio guida il Bologna nella battaglia sportiva

A Torino, contro la Juventus, ferito, passa all'ala destra, dove forse potrebbe riposare di più dopo aver segnato il secondo punto portante il Bologna in vantaggio. Ma i torinesi nella ripresa pareggiano e sorpassano gli emiliani; è allora che Schiavio – caparbio – vuoi ritornare al suo posto. E' tutto dolorante il generoso campione, ma i muscoli tesi, irrigiditi in uno spasimo di volontà devono resistere, il cuore comanda, il capitano vuol donare l'esempio sublime. «Contuso, stanco, umiliato, Schiavio è ritornato a guidare il reparto durante l'aspro epilogo della battaglia: e dopo ogni azione perduta: dopo ogni pallone perduto, l'atleta, scrollando tristemente il capo con un gesto di rassegnazione, ha ripresa la lotta, sempre più logoro, sempre più forte. Ecco l'estremo tentativo di pareggio: il bolognese, tormentando la palla in un duplice duello sfiancante, supera due avversari. S'imbatte »in Caligaris e lotta ancora disperatamente. Vince Caligaris». Ora la carne tormentata, martoriata, non sente la forza della volontà e mentre il viso del campione si modella ad una smorfia di dolore represso, le palpebre non sanno trattenere una lacrima. Esempio superbo di romanità e di spartanità, se Lada risorgesse forse, ammirato, bacerebbe il novello atleta, il novello gladiatore che, se pur non ha le armi di quel tempo, porta nel gesto la nobiltà della stirpe. Se la vittoria di campionato era perduta, l'ammissione alla Coppa dell'Europa Centrale era però assicurata. La prima partita per tale torneo venne giuocata il venti di giugno al Littoriale e il Bologna vinse contro lo Sparta per cinque a zero. Schiavio segnò allora un goal e, come sempre, costruì ed elaborò gli altri quattro. Pur perdendo nel «retour-match» di Praga, i petroniani entravano in semifinale contro il First di Vienna. Anche questo secondo turno veniva superato brillantemente dagli uomini di Schiavio che entravano così in finale. Per i noti incidenti sorti durante lo svolgimento delle partite tra Juventus di Torino e Slavia di Praga, il Consiglio della Coppa riunitosi a Klagenfurth il 14 agosto deliberava l'assegnazione del trofeo al Bologna.

Campione d'Europa

I dirigenti della società emiliana – con gesto magnanimo – proponevano al Consiglio stesso di mettere in palio la Coppa d'Europa per un torneo autunnale da disputarsi tra Bologna, Juventus e Slavia, proposta che non veniva però accettata. Così la squadra rosso-blu si aggiudicava la Coppa d'Europa, in quello che era il massimo torneo continentale di calcio. Anche l'annata 1932-33 registrava, in tono minore però, una partenza veloce del Bologna, che presto si acquietava e pur non piegandosi mai completamente, non riusciva che a finire nelle piazze d'onore. Schiavio, invece, ha una annata brillante. Pozzo – il valoroso Commissario Tecnico della nazionale italiana – viene così a trovarsi in un grave dilemma: due centravanti (Schiavio-Meazza) in gran forma e carestia di interni. Ecco allora il colpo di timone del nostro C. T., colpo di timone che ha le stesse caratteristiche di quello tentato da un predecessore di Pozzo il quale risolse un problema presso a poco uguale quando si trovò a lanciare il «tandem» Libonatti-Schiavio. Anche ora come allora si sollevano critiche da parte della stampa e della folla di tifosi che gridano all'esperimento inconsulto. Ma «audaces fortuna adiuvat» ed il tentativo riesce; prove inconfutabili sono i sedici goals che la nuova coppia ha segnati nei due allenamenti di Novara e di Bologna; un coro d'evviva s'eleva in favore di Pozzo anche dal parte di quelli stessi che si erano decisamente schierati contro tale esperimento. La Germania sta per scendere a tentare la ripetizione dell'«exploit» del 1929. La radunata azzurra ha il suo quartier generale al Palace Hotel di Bologna dove Pozzo tiene i suoi uomini timoroso dei richiami del mondo elegante, o meno, che celebra San Silvestro in un modo... sportivamente poco corretto. Al solo Schiavio, sicuri della sua serietà, viene concesso il permesso di accudire agli affari della propria azienda, cosicchè ogni mattina lo si può vedere uscire di buon'ora dall'Albergo per dedicarsi al suo lavoro giornaliero. Ed ecco, ad inaugurare il 1933, la partita di Capodanno contro i tedeschi. Schiavio è capitano della squadra e con a fianco Meazza si fa ammirare per quel campione, che egli è. I goals segnati dal balilla e da Costantino di chi sono opera, se non di Schiavio palleggiatore fine, collaboratore geniale, costruttore originale? Palleggio Schiavio-Meazza, il bolognese si porta sotto Jakob. Wendl lo attacca, egli passa allora a Meazza che centra di precisione ed insacca un rete. Ecco il primo goal italiano.

Schiavio e Meazza

Orsi fugge, rimette a Schiavio che manda a Meazza; il balilla – pronto – passa a Costantino che non ha difficoltà a segnare. Ed ecco il secondo successo azzurro. Ma Angiolino è anche colpitore inesorabile, stoccatore di razza, tiratore preciso, ed a sorreggere la nostra asserzione, c'è il terzo goal. Dopo un'azione ricamata su una tela verde e polverosa da due aghi sensibili, quali Schiavio e Meazza, col refe invisibile portato dal pallone di cuoio, ecco la risoluzione fulminea e il refe continua la trama passando per la comoda cruna della porta teutonica". L'azione si svolge così. Meazza riceve la palla da Costantino ma non tocca, lascia a Schiavio che ormai spostatosi in avanti non riesce a cogliere. La palla batte di sorpresa sui piedi di Leinberger, nel rimbalzo successivo Meazza tocca e porge a Schiavio che intuendo l'azione, è scattato prontissimo. Jakob ed il terzino Haringer si fanno addosso al bolognese che destramente precede i due avversari e tocca il pallone; i due tedeschi – così giuocati – si scontrano e rovinano su Schiavio mentre la rete è violata ancora una volta. Ma se questa è l'azione coronante la splendida partita del bolognese, di ben altre gemme s'è infiorata quel giorno la sua corona di reuccio del regno dei calci. Spigolando nella cronaca troviamo di continuo Schiavio proiettato all'attacco della rete di Jakob alla ricerca del goal.

Schiavio continua minaccia


Wendl per salvarsi deve parecchie volte calciare in «corner», il portiere non riuscendo ad abbrancare, alza più di qualche palla oltre l'asta superiore. Ed Angiolino continua a minacciare la porta avversaria per vendicare l'alloro conquistato da Rohr e continua a beffare la difesa dei bianchi che egli si attira addosso per far sgusciare quindi la palla ora a Costantino, ora a Meazza, o Ferrari, o Orsi. Schiavio raggiunge altre due volte il goal avversario con due capolavori di merlettatura, ma l'arbitro annulla sempre ed Angiolino non ha la possibilità di aumentare oltre la segnatura. Ma che importa, quanto è stato fatto è già molto ed il capitano bolognese, soddisfatto, ristà. Sarà compito della critica l'elogiare la partita magnifica del nostro campione. Ritorna in squadra il 2 aprile per la partita di Ginevra contro la Svizzera – ancora con al fianco Meazza – partita che si chiude in nostro netto vantaggio. Schiavio segna anzi due dei tre goals italiani. Il suo lavoro durante l'intero svolgimento della partita è ininterrotto. Schiavio è partito da casa con una coscia dolorante ma ha voluto essere presente in campo e Pozzo non dovrà pentirsi della sua accondiscendenza. Sin dai primi minuti di gioco il bolognese fila in meraviglia di intesa con Meazza. Poi al 35', a coronamento della sua attività, viene il primo goal. Monti porge a Ferrari, questi pronto smista a Schiavio, il nostro campione stretto dai due terzini avversari apre su Orsi, «Mumo» intuisce l'azione del compagno e rimette al centro, dove Angiolino è appostato, un potente raso terra e Sechéhaye deve raccogliere il pallone in rete. La ripresa non cambia la fisionomia dell'incontro che è diretto dai nostri calciatori i quali concretano ancora al terzo minuto. Orsi fugge, con un lungo traversone disorienta la difesa e raggiunge Costantino, «Faele » – in posizione faavorevole – centra, ma il portiere svizzero para. Il goal che sembràva inevitabile è dunque svanito. Ma no, Schiavio prontissimo ghermisce il pallone che Sechéhaye non è riuscito a bloccare e segna il secondo punto. Più tardi penserà Meazza ad aumentare il bottino di una partita vinta nettamente ed in bellezza dagli azzurri campioni d'Italia.

Come fu che Pizziolo non fu ucciso da un... uovo di cioccolato

Della vittoriosa spedizione in terra ginevrina Schiavio rievoca volentieri qualche episodio brioso che riportiamo. Mentre nel «clan» azzurro si attende l'ora della battaglia, arriva in albergo un pacco così indirizzato: «Al Signor Mario Pizziolo». Il destinatario però non c'è, si dice sia andato ad ammirare il Palazzo della... Conferenza Internazionale, ma questo non ha molta importanza relativamente a quanto stiamo per raccontare. Quello che è certo si è che il pacco arriva nelle mani di Serantoni e di Gasperi. «Povero pacco», direte voi. Niente affatto. «Sera» e «Felicetto» sanno come bisogna agire in simili frangenti. Palpano bene, stringono, si guardano e senza parlare si dicono: «Che cosa mai ci sarà?». Se solo toccando avessero capito che si trattava di libri o di formaggio, molto probabilmente tutto sarebbe andato liscio; purtroppo il pacco misterioso non dava nessun indizio e logicamente i due amiconi – i quali riabilitano la curiosità di cui si dice sia nata donna – si videro costretti a ricercare la verità. Stavano appunto mettendo a nudo... la verità. quando il veneziano, fresco fresco della lettura di un «libro giallo» fermò l'operazione ed esclamò con foga: «Perbacco è una bomba, un attentato dinamitardo». Gasperi la volle bere e soggiunse con stoicismo: «Tanto meglio, se deve morire lui che è già in squadra, è meglio che moriamo noi povere riserve, non ti pare?». Il buon «Sera» non aggiunse verbo ed attese l'esito delle ricerche, cioè a dire l'esplosione. Si scarta con precauzione, ma l'atteso «bum! bum!» non arriva; salta bensì fuori dell'ovatta che nasconde niente po', po' di meno che un uovo. Sì, un uovo di cioccolato con il suo bravo pulcino giallo sporgente l'immobile beccuccio a scornare gli amiconi curiosi. «Sera» e Gasperi ammiccarono tra di loro, si trattava evidentemente di un ammiratore (o forse di un'ammiratrice) che ricordava così la Pasqua a Pizziolo, costretto perciò a dividere con tutti i compagni la... bomba inesplosa. Come abbiamo accennato Schiavio non partì con la certezza di giocare la partita contro la Svizzera perchè dolorante ad una coscia dove s'era riacutizzato uno strappo muscolare che risaliva a qualche tempo addietro. La domenica mattina il bolognese fu sottoposto ad un' energico massaggio. ma il centro-avanti rosso-blu non era per niente convinto della efficacia di tale operazione, perchè la gamba infatti dolorava ancora. L'atleta sentiva l'odore della battaglia vicina ed il suo sguardo perdendosi lontano esprimeva tutto il rammarico per la forzata assenza. Pozzo, dal canto suo, sicuro dei grado di forma palesato da Angiolino nelle ultime partite di campionato e certo del rendimento della coppia Schiavio-Meazza già provata a Capodanno con lieto successo, non voleva privare la squadra del bolognese. Ancora a mezzogiorno non si sapeva se la formazione avrebbe fatto scendere Meazza-Serantoni o Schiavio-Meazza.

Intelligenza di gioco


Solo pochi minuti prima dell'inizio l'altoparlante annunciò che il «tandem» ambrosiano-bolognese sarebbe stato in campo. Il capitano dei veltri aveva promesso a sé stesso ed al Commissario di far buona figura ed eccolo, fasciato di azzurro, con i compagni di tante battaglie, pronto anche alla nuova contesa. Prima di scendere in campo Schiavio si avvicina a Meazza e chiede a questi di non fargli dei passaggi per un po' di tempo, onde permettere alla gamba malata di riscaldarsi senza pericoli grossi. Il balilla acconsente di buon grado alla proposta del più vecchio compagno che, soddisfatto, si pone in fila indiana con gli altri per scendere in campo. La partita s'inizia ed il milanese avuta la palla per la prima volta, la smista a Schiavio. Questi indispettito del giuoco di Meazza, coglie al volo e con una cannonata fa sibilare la sfera di cuoio presso la porta elvetica e fa rattenere il respiro alla folla. Dopo la partita il bolognese si precipita su «Peppino» domandandogli spiegazione del malefatto. II centravanti nerazzurro, all'irrompente impeto del compagno, sorridendo risponde candidamente: «Mi sono guardato attorno e di smarcato non c'eri che tu. Cosa dovevo fare? Del resto per poco non segnasti». La logica del milanese era evidentemente stringente e Schiavio dice che allora il balilla non aveva infatti torto, chè la sua scortesia costava quasi un goal di più agli svizzeri. Oh grande e silenzioso atleta, credo che tu ricorda sempre, ogni qualvolta vesti l'azzurro, le partite sfolgoranti giuocate con la tua Fortitudo nel tempo che ormai è lontano. Così, nel ricordo delle prime gesta, trovi forza per nuove imprese. Le buone prove fornite dalla coppia Meazza-Schiavio inducono Pozzo a mantenere il posto ai due campioni. Ma verso il C. T. il caso non è benigno ed è un incidente di giuoco che costringe «Peppino» a rallentare il ritmo del suo giuoco: una caviglia lussata non vuol intendere ragione. Bisogna correre ai ripari ed è chiamato il veneziano Serantoni, l'interno destro della squadra di Meazza. Apriti cielo, tutta la critica è contro Pozzo che «non riesce a capire come i due giocatori siano di temperamento troppo eguale per andare d'accordo. II C. T. ascolta, scrolla le spalle, ma non desiste dalla sua idea, si vedrà alla prova che egli non aveva torto. A Ferrara il 4 maggio, l'allenamento degli azzurri vede la novità, cioè vede due giocatori con uno stile tutto particolare, cercatori entrambi di realizzazioni, intendersi a meraviglia e fondere omogeneamente il loro giuoco che sembrava fatto apposta per creare incomprensioni d'azioni. Poi, in una giornata di tempesta, al magnifico stadio Berta di Firenze trasformato in un mare attaccaticcio di fango, Schiavio dà la percezione esatta dell'intelligenza del suo gioco, della maturità sportiva del suo intelletto.

Battuto Planicka. I complimenti di Hugo Meisl

Le gradinate, giranti ad ellisse perfetta, nereggiavano di folla entusiasta da cui, nell'aere pesante per pioggia recente, s'alzava il sonito greve del fatidico «Allè Italia, allè!». E la sfera di cuoio, contesa da dieci, venti gambe, girava lenta, trattenuta dal terreno gommoso. S'annunciava una di quelle tipiche partite di combattimento dove vince chi ha più cuore, più fiato e più fortuna. Ma Schiavio vede oltre quel giuoco troppo elementare di abituali raso terra ed alza il pallone e comincia a fare disegnare alla sfera testarda delle linee aeree. Sarà il «là» per tutta la squadra che compresa la qualità dell'attacco migliore, continuerà a tessere una serie di triangoli volanti, ai vertici dei quali si trova esattamente un compagno pronto all'azione. E la battaglia si scambia in contesa di stile. La squadra è lanciata. Schiavio impegna Planicka al 5', al 17', al 25', al 30' ed al 32' con tiri pericolosi che vengono parati a stento. Ma i nostri sono ormai padroni, se non dominatori, del campo. Una trama Bertolini-Serantoni-Costantino-Ferrari dà modo a quest'ultimo di segnare con un tiro a volo splendido per intuizione e precisione. Qualche istante dopo Monti smista una palla a «Mumo» che rimette al centro; Schiavio, che aveva seguita l'azione, è pronto a raccogliere. Burger e Kostalek gli sono addosso di colpo, ma il bolognese destramente evita anche il minimo contatto; i due cecoslovacchi; così giuocati e ormai lanciati, non possono evitare un cozzo tra di loro, cozzo che li fa rotolare a terra. Il pubblico ride del giuoco di Schiavio che, ormai solo, non ha difficoltà a mettere in rete. I compagni si precipitano ad abbracciarlo, più lontano Burger e Kostalek, ancora imbambolati, sono a terra, il loro sguardo pieno di scoramento osserva; ma non vede, il cielo grigio che si specchia in un laghetto di acqua; sarà lo stesso Schiavio che li aiuterà a rialzarsi. Dopo la partita tutta la stampa ed i tecnici presenti tributeranno ad Angiolino la più affettuosa delle ovazioni. Meisl, il mago della nazionale austriaca, presente all'incontro, dirà: «Magnifico il goal di Schiavio, goal da ricordarsi per un pezzo».

Contro i "maestri"

Il concento di plausi levatosi in favore del bolognese portava automaticamente alla sua inclusione tra i probabili per l'incontro con l'Inghilterra. Dopo una capatina a Bologna per quei benedetti affari, eccolo il dieci maggio ad Orvieto dove si sono accampati gli azzurri. Nella pace claustrale della mistica città umbra profumata di maggese, di viole e di ciclami gentili, i campioni d'Italia preparano l'animo alla battaglia imminente. La caviglia di Meazza sembra in miglioramento e non è improbabile la sua inclusione in squadra. La mattina della grande giornata il primo sportivo d'Italia – S. E. Benito Mussolini – riceve a Palazzo Venezia i baldi atleti protagonisti del più grande incontro della stagione e dona loro il viatico della vittoria. I biondi figli d'Albione vengono dalla loro terra orgogliosi d'una fama che la tradizione alimenta; ai nostri campioni spetta l'onore e l'onere di sfatare la leggenda. Le maglie azzurre, comprese del loro alto compito, vogliono offrire al Duce d'Italia – presente alla contesa – l'indice del loro reale valore. Al fischio iniziale del tedesco Bauwens si registra una volata italiana su Hibbs. Schiavio smista a Meazza, a Costantino, tenta il goal con una rovesciata impeccabile. Poi Monti porge a Schiavio, il bolognese si tira addosso White e Goodall, quindi smista a Ferrari che, in buona posizione segna. Giubilo nel pubblico, ma più negli atleti che attaccano ancora. Schiavio attivissimo continua a spiazzare la difesa avversaria porgendo palloni preziosi ai compagni. Purtroppo Meazza non è ristabilito e tutta la linea ne risente. Costantino viene a trovarsi isolato. Ferrari ad un buon primo tempo fa succedere una ripresa sfuocata. Orsi pur lavorando generosamente giuoca troppo indeciso. Dei cinque attaccanti azzurri solo Angiolino riesce a dare preoccupazioni serie agli inglesi circa l'incolumità della loro rete e non ristà mai dal combattere forte lanciandosi a capofitto tra i terzini, scompaginando l'intera difesa britannica e tentando anche qualche tiro che, se più fortunato, avrebbe potuto anche mutare l'esito pari dell'incontro.

Schiavio coscritto (!) è l'opinione di Goodall

Parlando dell'incontro Italia-Inghilterra sarà interessante conoscere qualche particolare sul conto di Schiavio. Si sa che molto rumore fece nella stampa sportiva dell'intera Inghilterra la calata della nazionale britannica di calcio in terra latina. Tutti i giornali inglesi vollero in tale occasione offrire ai loro lettori le notizie più stravaganti sul conto degli italiani e del calcio nostro. Per quanto riguarda il bolognese ricorderemo che un giornale inglese, alla vigilia dell'incontro, scriveva «Angelo Schiavio è un coscritto del calcio italiano e la sua prima partita internazionale l'ha disputata contro i cecoslovacchi», si trattava infatti d'un coscritto alla sua diciassettesima maglia azzurra. Benedetta precisione! Come di consueto, finita la partita il giornalista che si rispetti dice a sè stesso: « Beh, andiamo a sentire che cosa dice Tizio o Caio», tanto fa lo stesso, saltano fuori così le interrviste più o meno interessanti. Dopo la partita con l'Inghilterra , le opinioni di tutti gli... intervistati decretarono a pieni voti uno Schiavio tra i migliori in campo. Goodall – terzino destro inglese – si espresse addirittura così: «Sono rimasto molto ammirato del giuoco di Schiavio, di cui apprezzo in modo speciale lo scatto magnifico».

Prode capitano


Se questa è l'opinione di un diretto, quanto abilissimo avversario, Schiavio può esser fiero e sicuro che, nel grigiore delle azioni d'attacco d'una partita ardente, egli ha tenuto alto il suo stile di giuoco, rendendo quanto da lui ogni sportivo si attendeva. E non è azzardato l'affermare che, con Meazza in forma, o per lo meno in buone condizioni fisiche, la vittoria italiana non sarebbe mancata; del resto se Costantino non si, fosse «impappinato» (è il vocabolo più adatto), davanti al pallone che gli aveva imbeccato il nostro Schiavio, la partita avrebbe avuto un altro risultato. Ad ogni nuova partita, una nuova prova della classe del campione, malattia del cuore che non conosce ostacoli, che scavalca barriere, che batte i guardiani più attenti. Malattia del cuore che non sente gli anni e sostiene il corpo nello svolgimento della battaglia. Malattia del cuore, o bravo Angiolino, malattia del cuore perchè è d'azzurro che il tuo petto vuol essere ricoperto, di quella maglia dal ceruleo più caro al cuore italiano. Schiavio: piccolo diavolo della palla rotonda, grande campione del mondo dei calci, prode capitano della squadra felsinea: «Forza!»; non muore il tuo gioco, non cede il tuo piede inesorabile. Bologna calcistica ha ancora bisogno del tuo aiuto.

Ritorno agli antichi splendori


E tu, soldato fedele, rispondi ancora e sempre il fatidico «Presente!». Rieccoti al posto di combattimento, rieccoti donare il brivido del tuo gioco merlettato alla folla stupita ed entusiasta, rieccoti pronto a lanciare un compagno od a raccogliere un pallone innocuo per sfrecciarlo nella rete avversaria. Così ti trova il campionato 1933-34 che vive ancora: pronto alla lotta. Ed eccoti, l'ultimo 12 novembre, segnare l'unico goal della partita, contro i granata, nella bella città dei Savoia. Ed eccoti donare il tuo nome alla vittoria di Brescia. Anche se la squadra traballa, tu hai sempre modo di donare cuore e fiato ai tuoi uomini; la cronaca dirà ancora: «Per fortuna dei rosso-blu Schiavio è in un periodo di superbo rendimento e vela, con la cifra del suo giuoco, ogni incrinatura del quintetto d'attacco». Quando molti credono il campione finito, ecco d'un tratto le migliori stagioni, ecco il giocoliere ed il cannoniere d'un tempo ritornato agli antichi splendori. Non ancora tutto si è vissuto della vita calcistica di Angiolino, altre emozioni egli riserba agli amici ed agli avversari. Il centravanti del Bologna – come abbiamo detto – sempre schivo dal parlare di sè e di far intendere la sua opinione su altri giocatori, ha fatto uno strappo alla regola e siamo lieti di offrire ai nostri lettori, quale primizia, una conversazione che abbiamo avuto con lui nel gennaio 1934.

«Che impressione ha riportata dal primo incontro giuocato in nazionale?» 

-Nessuna grande impressione; un po' d'orgasmo prima della partita, scomparso completamente dopo pochi minuti di gioco. Chi riesce a non lasciarsi vincere dall'emozione può giocare meglio in una partita internazionale che in tante altre di campionato.

-Della partita di Vienna, giocata come mediano, che pensa? 

-Non so che dirle e non so come me la cavassi in tale ruolo totalmente nuovo per me. 

-Quali crede siano le sue migliori partite internazionali? 

-A mio avviso le partite che ho giuocate meglio credo siano state quelle contro la Cecoslovacchia a Firenze (7 maggio 1933) e contro l'Uruguay ad Amsterdam (7 giugno 1928).
 
-E quali le più interessanti? 

-Le partite internazionali più interessanti dal lato tecnico ed alle quali io ho preso parte sono state indubbiamente la stessa partita contro l'Uruguay e l'ultima giuocata a Roma contro l'Inghilterra (13 maggio 1933). 

-Quali impressioni ha riportate circa il calcio sud-americano? 

-Una grande impressione per lo sviluppo che ha il football in quei paesi. Credo che in tutto l'Uruguay ed in tutta l'Argentina non vi sia abitante che non si interessi di questo sport che ha un numero imponente di praticanti. Ho visto in quell'occasione grandissimi campioni e la maggiore impressione la provai appunto per le linee di attacco. 

-Delle partite giuocate a fianco di Meazza è stato soddisfatto? 

-Delle partite che ho giuocate a fianco di Meazza sono stato soddisfattissimo e, fin dal primo allenamento, il nostro giuoco si fuse magnificamente. Le partite giuocate assieme mi pare dessero buoni frutti, se si toglie quella con l'Inghilterra in cui Meazza giuocò in precarie condizioni fisiche.

Il cervello della linea d'attacco.

Ed invero quanto Angiolino dice risponde perfettamente a verità, chè, infatti le partite contro la Germania, la Svizzzera e la Cecoslovacchia, partite chiusesi con altrettanti nostri netti successi, hanno celebrato la forza penetrativa e costruttiva del «tandem» portentoso Meazza-Schiavio. Peccato che l'ultimo incontro giuocato insieme dai due centravanti del Bologna e della Ambrosiana-Inter sia stato – come più su abbiamo accennato – falsato dalle cattive condizioni fisiche del balilla. In ogni modo è fuor di dubbio che tale coppia è una delle più forti, se non proprio la più forte, che mai abbia avuto la nostra nazionale. Se volessimo, anche per il giuoco del calcio, delle origini olimpiche, dovremmo raccontare: «Un giorno l'uomo pregò: Oh Dio che sei tanto grande, la umile tua creatura non ha di che dilettarsi, tu lo puoi. E Dio allora fece intendere all'uomo: Figlio prendi questa palla e corri, poi tenta di tirarla in modo da colpire quel segno che vedi laggiù». Se esistesse una leggenda sul giuoco della palla rotonda, questa avrebbe indubbiamente a protagonista un giuocatore di prima linea, anzi un centrattacco, ora che trionfa la nuova concezione di centro-realizzatore. Come meglio infatti rappresentare questo sport, che è pur sempre di combattimento, se non con l'uomo che segna il goal; meta basilare del giuoco? E' il centravanti il cervello di tutta la linea d'attacco, di tutta la pattuglia di punta che tende a colpire nel segno, per raggiungere la vittoria sospirata, è il vertice di quell'angolo immaginario che i cinque attaccanti disegnano sul terreno della lotta, tessendo una trama intesa a sorprendere la difesa avversaria. E' il centravanti che con un tocco leggero sposta il fronte d'azione da destra a sinistra; è lui che lega i capi del filo cui possono paragonarsi i reparti di dritta e di manca. Il centravanti lo si può vedere fermo, impassibile, seguire il compagno d'ala e guatare, mostrando disattenzione, la trama che sta svolgendosi, per poi d'un tratto scattare, rubare un attimo all'avversario e saettare il pallone in rete. Ma lo si può anche osservare con i pugni stretti e le braccia brancolanti nell'aria per mantenere meglio l'equilibrio, con l'occhio fisso alla meta, giuocare il pallone con maestria originale mostrando una serie di «dribbling» di finte, di piccoli spostamenti dei pallone, di allunghi precisi e non immaginati dall'avversario, tentando l'assalto alla roccaforte nemica. Lo si può vedere costruttore, palleggiatore, colpitore inesorabile.

Fulminatore di reti, entusiasmatore di folle

E' il centravanti che il più delle volte concreta, è lui quasi sempre che, o riuscendo a gettare quella piccola sfera di cuoio nella casa fatale fa scattare la folla che vive per quell'attimo di entusiasmo, di pazza allegria. Nel giuoco del calcio quale figura più caratteristicamente rappresentativa del centravanti trascinatore di linee, fulminatore di reti, entusiasmatore di folle? Ed è sempre stato così in italia ed altrove – da Negretti e Dapples, da Fresia, a Gay, da «Zizì», a Catto, a Pastore, a Libonatti, a Banchero fino agli ultimissimi Meazza, Borel II°; Piola. Sempre i centravanti hanno avuto il loro grande pubblico, piccoli idoli su piccoli altari che lo sport sa creare. Ed anche Angiolino ha avuto ed ha ancora la sua folla di ammiratori, di tifosi che in ogni partita reclamano il «goal», ma vogliono il «goal» di Schiavio, non quello comune. Il punto di Angiolino è ricercato, perchè ultimo atto di una azione entusiasmante di linea, perchè fulmine sbocciato d'improvviso dal grigiore d'una confusa difesa, perchè meta d'una prodezza tutta sua. Il goal del capitano bolognese piace perchè variato, ed egli – con tutti quelli segnati – ha avuto certo modo di cercare sempre, nel compimento del sacrificio del portiere avversario, un motivo nuovo, per donare ancora un brivido alla sua folla. E' nata così la notorietà dell'atleta nostro; così migliaia di bocche hanno lanciato e lanciano il suo nome, mentre l'aere muto fa sempre eco al boato sorgente dallo stadio gremito, impazzito per il suo piccolo idolo. «Schiavio, ecco il giuocatore tipicamente di campionato – così si esprime l'ing. Giuseppe Della Valle sul conto del suo antico compagno di squadra – giuocatore di campionato per il suo rendimento costante. «Su lui si può sempre contare e lungo la sequenza di partite di un campionato, anche il più lungo, si può essere certi che Schiavio sarà l'uomo che risponderà in ogni evento all'attesa del pubblico e dei tecnici». Se tale è il pensiero di «Geppe» sul rendimento di Schiavio, crediamo non ci resti altro da dire se non qualcosa sulle caratteristiche del suo giuoco. Il giuoco di Angiolino è caratteristico per un suo stile tutto particolare, per lui sarebbe proprio il caso di dire: «Le style est l'homme meme!», infatti egli tiene il pallone da un lato ponendo il suo corpo tra avversario e sfera di cuoio. Per questa ragione Schiavio è costretto a viaggiare con quel suo caratteristico dondolio fatto di mille mosse e di altrettanti leggeri colpi al pallone che, nell'artisticità e razionalità della concezione, disorientano l'avversario e che ricordano, un poco, l'andatura a pipistrello dell'ormai... cav. Baloncieri.

Attaccante completo

Il suo gioco è, per natura, essenzialmente individuale. Peraltro gli è riuscito, e come, di diventare anche costruttore di azioni giuocate da tutta la linea. In una partita si possono vedere partire dal suo piede i tiri più micidiali che, inesorabilmente, finiscono in rete, come pure si può assistere ad un'azione personalissima che lo rivelano giocoliere nato ed ancora si può scorgere tutta la sua intelligenza nello smarcare i compagni per offrire loro il pallone da goal. Schiavio assomma in sè tutte le proprietà che sono caratteristiche del centro e della mezz'ala (posto che ha ricoperto anche in nazionale), egli ha in una parola le qualità di fulminatore di reti, come ha anche quelle di legatore di azioni. Il capitano del Bologna, è quindi il vero e proprio attaccante completo, perchè possiede le doti richieste da tale linea e cioè, istinto di realizzazione e di coordinazione. Ciononostante Schiavio è e resterà stoccatore impareggiabile e per le dimostrazioni già date di questa sua qualità e per la tendenza a cercare il goal, che ancora di quando in quando (e non tanto di rado) raffiora improvvisa. Stoccatore, uomo di punta, freccia dell'arco cui può paragonarsi una linea d'atttacco quale quella del Bologna, di cui Schiavio è il numero uno per reti segnate. L'arco si tende, si appresta all'azione, aggiusta il proietto, mira nel segno e la freccia si scaglia con forza per raggiungere la meta cui l'arco tendeva. Così si può giustamente dire che Angiolino è per il Bologna ciò che era Catto per il Genoa, ciò che è ancora Meazza per l'Ambrosiana e ciò che sta diventando Borel II° per la Juventus.

«Il suo posto? Ala sinistra», dice Della Valle

E' noto che Schiavio, seppure ha coperto vari ruoli (ha giuocato in nazionale anche come mediano), è quasi sempre stato centravanti, posto che occupa tuttora. Non tutti però sono convinti che questo sia il suo vero posto, primo fra tutti il grande – non solo per altezza – Della Valle che ci ha detto in proposito quanto crediamo interessante riportare. «Schiavio è un giocatore eclettico, per eccellenza. Difatti lui ha giuocato e può giocare in tutti e cinque i posti della linea attaccante, facendo sempre la migliore figura. Per me, però, Angelo è ala sinistra, nel qual ruolo credo fermamente che egli sarebbe una rivelazione. Le confesso che se io fossi «trainer» del Bologna vorrei Schiavio all'ala sinistra, perchè ritengo quello sia il suo posto. Non so se lei lo abbia notato, ma Angelo quando giuoca e col pallone e senza; lo si trova sempre spostato a sinistra, e badi che non è – come si potrebbe insinuare – che egli giuochi meglio il pallone col piede sinistro; no perchè egli è perfettamente ambidestro, ma tende a spostarsi proprio naturalmente senza accorgersene affatto». Questa confessione che «Geppe» ci ha regalata, ci ha molto incuriositi ed abbiamo proprio voluto più a fondo osservare il giuoco di Schiavio. Invero Angiolino si sposta indubbiamente a sinistra, attende la palla ed è spostato da quel lato, ha la palla e pur giuocandola da padrone tende verso manca piuttosto che a dritta, mentre la maggior parte dei suoi passaggi son fatti verso destra, ciò che denota in lui la costante certezza di sentirsi meglio a sinistra. L'ing. Della Valle dice addirittura ala sinistra, noi crediamo meglio mezzo sinistro. Ed anche spostato a questo posto noi crediamo che egli troverebbe il modo per donare ancora a pubblico e tecnici qualche emozione. Dopo avere parlato lungamente di Schiavio giocatore, non sarà inopportuno dire qualcosa su Angiolino in... calzoni lunghi. Di statura media, non brutto anche se il naso assomiglia un po' troppo ad uno sperone, sembra snello ed asciutto; in campo invece si possono ammirare sì una schiena sottile ed elastica, ma anche due gambe poderose. Non è troppo propenso a confìdenze sui suoi molti trionfi, mai dona il suo giudizio su un compagno, tanto meno su un avversario. E' d'una serietà estrema, tanto che in caso di collegiale lui viene lasciato al suo lavoro. Capricci – comuni a molti giuocatori – lui non ne conosce. Se alle volte non giuoca, è perchè i suoi impegni professionali non glielo permettono. Per nessun'altra ragione, mai, è mancato alla squadra. Salvo quando è infortunato. Seppure fa parte di quella chiassosa brigata qual è la brigata petroniana, egli non ama troppo scherzare, per quanto egli accetti di buon grado qualsiasi... inganno che i compagni tramino contro di lui.

Una maglia azzurra per "Angiolino"

Ama la famiglia, la città e la sua squadra, dalla quale mai s'è staccato e mai intende staccarsi. Uno degli ultimi giorni dello scorso anno l'ing. Della Valle, che accompagnavamo al quotidiano lavoro, ci dimostrava d'essere addirittura entusiasta del suo antico compagno di squadra sul quale ci faceva qualche confessione. Parlando rievocava le battaglie d'un tempo, riaccennava ad Angiolino ed al suo giuoco, mentre negli occhi del vecchio campione ci pareva di veder brillare un breve lampo di nostalgia, nostalgia di verde, nostalgia di battaglia. Poi, prima di lasciarci, ad un nostra ennesima domanda, l'ingegnere rispondeva: «Credo ancora possibile un'inclusione in nazionale di Angelo». Entrammo nel nuovo negozio Schiavio-Stoppani di via Rizzoli; un bimbo toccava e faceva provare tutti i giocattoli non restando soddisfatto di alcuno, desiderandoli forse tutti. Su un banco di vendita v'era una «camicia Schiavio»; ricordammo le parole dell'indimenticabile Geppe e pensammo ad una «maglia azzurra» per Angiolino. Schiavio è sempre stato, sin dal primo campionato che egli ha disputato, tra i primissimi nella classifica dei tiratori scelti, perciò abbiamo creduto interessante raccogliere in un breve schema l'attività di cannoniere del nostro campione negli ultimi sei campionati. Nell'annata 1927-28 il Bologna vince il suo girone precedendo Internazionale (ora Ambrosiana-Inter), Juventus e Casale.

Schiavio "cannoniere"


E' ammessa perciò nel girone finale ad otto, che viene vinto dai granata del Torino. Nella classifica dei tiratori, relativa a tale girone finale, Schiavio risulta in testa con 13 goals, lo seguono Libonatti del Torino (12), Ferrari (9), Chiecchi (9), Bernardini (8), ecc. L'annata successiva 1928-29 vede ancora la vittoria di girone del Bologna con punti 49 mentre Juventus (41), Brescia (41), Genoa (39) sono le sue più prossime rivali. In finale poi la squadra rosso-blu si aggiudicherà il titolo. Nella classifica dei cannonieri è primo Rossetti con 36 goals, seguito da Meazza (33), Schiavio e Reguzzoni (29), Santagostino (26), Pastore (25) ed altri. L'edizione 1929-30 è la prima a girone unico e l'Ambrosiana conquista la vittoria con 50 punti. Si classificano poi, nell'ordine: Genova (48), Juventus (45), Torino (39). Napoli (37), Roma, Bologna e Alessandria (36), indi le altre. Per la prima volta Meazza si incorona «tiratore scelto» con 31 reti, precedendo Volk (22) e Vojack – ora Vogliani – (20); Schiavio, con sette goals, non appare tra i primi. Del Bologna, Maini riesce a classificarsi al quarto posto alla pari con Ferrari dell'Alessandria con 19 punti e seguendo immediatamente lo stesso Vojack. Il campionato 1930-31 dà modo alla Juventus di classificarsi al primo posto con 55 punti precedendo nell'ordine Roma (51), Bologna (48), Genova (47), Ambrosiana (38), ecc. Alla testa dei cannonieri troviamo il romano Volk con 29 goals, che è seguito da Meazza (25), Orsi (21), Reguzzoni e Vojack (19), Fasanelli (17), Banchero I°, Ferrari,Vecchina, Maini, Schiavio, Mazzoni (16), Banchero II° (15), ecc.

Pari a "l'artillero" Petrone.

L'annata successiva 1931-32 e per il Bologna memorabile chè dopo avere guidato per buona parte del torneo la classifica la squadra petroniana si lascia battere – proprio sul palo d'arrivo – dalla Juventus. Si deve ricordare anche che proprio in questa annata, il Bologna eguaglia il record stabilito nel campionato 1929-30 dall'Ambrosiana ed infila una serie di ben 19 partite senza subire sconfitta. Annata proficua per Schiavio che conquista il primo posto tra i marcatori assieme a Petrone (25), dal quale si è lasciato lasciato raggiungere proprio nelle ultime partite, Meazza segue a 21. Il 1932-33 segna la terza vittoria di campionato dei bianconeri della Juventus che si aggiudicano lo scudetto, assommando 54 punti; Ambrosiana-Inter (46) e Bologna 42 tallonano i campioni. A sua volta Borel II°, il giovanissimo centravanti juventino, si sente in dovere di capeggiare la classifica dei cannonieri (29), mentre Schiavio non gli lascia pace sino all'ultima partita (28); seguono poi: Meazza (20), Levratto, Romani e Vogliani (1 9) e moltissimi altri. Riassumendo: tenuto calcolo degli ultimi sei campionati Schiavio ha in totale segnati 131 goals, preceduto dal solo Meazza che ne ha segnati ben 142 (12 più 33, più 31, più 25, più 21, più 20). Anche nel campionato in corso (1933-34) Schiavio si trova tra i primi «tiratori scelti» avendo infatti egli sinora segnati in totale ben nove reti (computati sino alla partita col Milan; 28 gennaio 1934) essendo così nella graduatoria dei «cannonieri» preceduto soltanto da: Borel II° (22), Meazza (16), Viani (15), Busoni (14), Arcari ( 13), Notti (12), Piola e Vogliani (11), alla pari con Borel I° e Rocco.

21 GARE INTERNAZIONALI: 15 GOALS
Padova, 11-4-1925ITALIA-JUGOSLAVIA 2-1 (2-1)2 goals 
Zurigo, 18-4-1926SVIZZERA-ITALIA 1-1      -         
Milano, 9-5-1926ITALIA-SVIZZERA 3-21 goal 
Torino, 17-4-1927ITALIA-PORTOGALLO 3-1      -
Genova, 1-1-1928ITALIA-SVIZZERA 3-2      -
Amsterdam, 1-6-1928ITALIA-SPAGNA 1-1 (d.t.s.)      -
Amsterdam, 4-6-1928ITALIA-SPAGNA 7-11 goal
Amsterdam, 7-6-1928URUGUAY-ITALIA 3-2      -
Amsterdam, 9-6-1928ITALIA-EGITTO 11-33 goals 
Bologna, 3-3-1929ITALIA-CECOSLOVACCHIA 4-2      -
Vienna, 7-4-1929AUSTRIA-ITALIA 3-0      -
Torino, 28-4-1929ITALIA-GERMANIA 1-2      -
Parigi, 10-4-1932FRANCIA-ITALIA 1-2      -
Bologna, 1-1-1933ITALIA-GERMANIA 3-11 goal
Ginevra, 2-4-1933SVIZZERA-ITALIA 0-32 goals 
Firenze, 7-5-1933ITALIA-CECOSLOVACCHIA 2-01 goal
Roma, 13-5-1933ITALIA-INGHILTERRA 1-1      -
Roma, 27-5-1934ITALIA-USA 7-13 goals
Firenze, 31-5-1934ITALIA-SPAGNA 1-1 (d.t.s)      -
Milano, 3-6-1934ITALIA-AUSTRIA 1-0      -
Roma, 10-6-1934ITALIA - CECOSLOVACCHIA 2-1 (d.t.s.)1 goal

Riassumendo: Schiavio è stato in nazionale 21 volte, incontrando le rappresentative di 12 nazioni secondo la seguente tavola esplicativa: Svizzera 4 volte, Spagna 3, Cecoslovacchia 3, Germania 2, Austria 2, Egitto 1, Francia 1, Inghilterra 1, Jugoslavia 1, Portogallo 1, Stati Uniti 1, Uruguay 1. I quindici goals che Angiolino ha segnato in partite internazionali sono così ripartiti: Egitto 3, Svizzera 3, Jugoslavia 2, Germania 1, Cecoslovacchia 2, Spagna 1, Stati Uniti 3. Quindici goals su sole 21 partite è indubbiamente una bella media. Angelo Schiavio ha lasciato la vita terrena il 17.9.1990, all'età di 85 anni. Grazie "Angiolino", di tutto.

Bandiere al vento - Angelo Schiavio

dal Guerin Sportivo, settembre 2015

di Fabio Ornano

Un centrattacco con i fiocchi: in questa definizione romantica può rivivere la grandezza di Angelo Schiavio. Bolognese nel midollo, nell’anima, nei colori sportivi e per tutta la vita. Disseminò la sua avventura con il pallone di reti abbondanti, spesso e volentieri decisive. Come quel 10 giugno 1934. Nato nel capoluogo emiliano, in Via Murri (a quei tempi denominata strada nazionale Toscana, ndr.), il 15 ottobre 1905 da famiglia di origine comasca, ultimo di otto figli, lascia gli studi di ragioneria per il pallone. Disputa il Campionato Promozione 1921-22 (paragonabile all’odierna Serie B) con la polisportiva Fortitudo. Rientra nei ranghi del Bologna, in cui era cresciuto, ed esordisce in Prima Divisione nel gennaio 1923. Centravanti potente, veloce, dal tiro forte e preciso, “Angiolino” Schiavio si fa la fama di personaggio schietto, dai modi un po’ bruschi e poco incline ai compromessi. Non sopporta la stampa e le interviste. Ma segna, e tanto. Fino al 1936 realizza ben 240 reti, tra Prima Divisione, Divisione Nazionale e nella neonata Serie A a girone unico. Il picco lo tocca nella stagione 1928-29, quando timbra 29 volte in altrettante partite. Conquista il titolo di capocannoniere nel campionato 1931-32 con 25 segnature. Grazie alle sue prodezze nelle aree avversarie trascina il Bologna a conquistare quattro scudetti (1925, 1929, 1936 e 1937), due Coppe Mitropa (1932 e 1934) e il Torneo dell’Esposizione Universale (1937). Un fromboliere del suo calibro non può che attirare le attenzioni della Nazionale: il debutto avviene a Padova il 4 novembre 1925 in Italia - Jugoslavia 2-1, gara risolta dalla sua doppietta. In maglia azzurra vince il bronzo alle Olimpiadi 1928 ed è il centrattacco titolare anche in occasione del Campionato del Mondo del 1934. Realizza una tripletta nel 7-1 agli USA ed arriva al citato 10 giugno 1934: nella finalissima contro la Cecoslovacchia, a Roma, risolve ai supplementari con un suo gol la gara più importante dell’intera carriera.

L'immortalità calcistica

Le 4 reti in quel Mondiale lo incoronano capocannoniere ex-aequo con Nejedlý. E così, con la Coppa Rimet appena conquistata, si fa da parte con uno score di 15 reti in 21 partite, lasciando idealmente il testimone a Silvio Piola. Si ritira dal calcio alla fine della Serie A 1935-36, dopo il terzo scudetto. Ma quasi allo spirare del torneo seguente, con i rossoblu in difficoltà ma ancora in testa, si fa avanti con il presidente Dall’Ara e torna in campo: la doppietta all’ultima giornata contro il Milan regala il titolo al Bologna e l’immortalità calcistica, per sempre viva soprattutto tra i suoi concittadini e tifosi. Commerciante affermato, erede della fortunata azienda familiare di abbigliamento (in Via de’ Toschi), riabbracciò per un breve periodo la sua storica squadra come allenatore insieme all’ex compagno Genovesi. Non andò bene. Un ruolo di responsabilità tecnica gli venne offerto in seguito anche dalla Federazione, che chiamò Schiavio a far parte delle varie commissioni che guidarono gli azzurri negli anni Cinquanta, in un’era povera di risultati. Morì nella sua città il 17 aprile 1990 a 84 anni. Se si tiene conto anche dell’era pre-girone unico, Angelo Schiavio risulta tuttora il quarto cannoniere di tutti i tempi del campionato italiano con 242 reti.

SCHIAVIO, un simbolo rossoblu e azzurro

Nessuno ha fatto tanti gol come Anzlén 

di Renato Lemmi Gigli


Se ai mondiali di una volta ci fossero state le sostituzioni, Angiolino Schiavio non avrebbe mai segnato quel gol a Planicka e chissà poi se l'Italia sarebbe riuscita lo stesso a vincere il titolo del '34. Eh sì, perché Vittorio Pozzo, al momento dei supplementari, con Schiavio che ormai aveva speso tutto, non ci avrebbe pensato tanto a mettere dentro uno più fresco. Così invece non poté che spostare il bolognese all'ala, come si usava allora coi giocatori azzoppati, scambiandolo di ruolo col più giovane Guaita. Sapete tutti come andò a finire: che stando confinato all' estrema il nostro riuscì a ricaricare un po' le esauste batterie, per cui, quando un certo pallone tagliò improvvisamente l'area, in un attimo (ecco l'istinto) lui aveva già stretto sul centro ed era lì a piazzare la botta decisiva. Fu quello il momento culminante della carriera di Angelo Schiavio, giocatore simbolo del calcio bolognese, uomo-gol per eccellenza e probabilmente il centravanti più vincente dell'universo, se a quel titolo mondiale aggiungiamo due coppe Europa (allora la maggior manifestazione internazionale di club), il trofeo di Parigi, 4 scudetti di campione d'Italia, il bronzo olimpico del 1928, due coppe Internazionali per nazioni, la classifica cannonieri del '32, un torneo di Nizza ... e pensiamo che possa bastare. Gianni Brera, che lo vide "in un gran bagliore di luce" all' Arena di Milano, ce ne ha lasciato un'immagine dolce e suggestiva. Il corpo un po' arcuato, le gambe bitorzolute, gomiti larghi per difendersi dalle cariche, scendeva in slalom palla incollata al piede e rapidi tocchi di dribbling. Un vero problema portargliela via. Ma farIo arrivare al tiro, allora sì che erano guai. Le statistiche gli assegnano 251 gol ufficiali fra campionato e coppe (364 partite), più 15 con la Nazionale su 21 presenze. Come a dire che Schiavio in un arco di attività di ben 16 anni ha viaggiato alla media di tre quarti di gol a partita, e scusate se è poco.

La prima rete ? Contro l'Ujpest di Budapest !


Anche quando esordì in azzurro, nel '25 all'Appiani di Padova, subito due ciliegine alla Jugoslavia. Ma all'inizio di tutto ci fu la rete importantissima con l'Ujpest il 31 dicembre 1922, perché convinse Felsner a lanciare quel bolognesino di 17 anni (Schiavio era nato il 15 ottobre 1905) che il Bologna aveva appena prelevato dalla concittadina Fortitudo, e che (strano) non lo aveva subito folgorato. Il mago, allora, era alle prese col problema della sostituzione di Cesare Alberti, giovane e sventurato predecessore di Schiavio, che si era infortunato al menisco: la qual cosa significava, a quei tempi, la fine della carriera. Per Alberti, grande talento, non fu così, perché qualche tempo dopo il Genoa (al quale era stato venduto dal Bologna) gli trovò un chirurgo che lo rimise in sesto; ma poi proprio in Riviera, destino infame, il povero ragazzo mori (a 22 anni) per intossicazione da frutti di mare. Per colmare dunque quel vuoto Felsner aveva provato prima con Gasperi e Baccilieri, poi finalmente si decise per Schiavio, e il Bologna scoprì così il centravanti che lo avrebbe portato a tutti i traguardi. A riandare alle cronache, almeno... una cinquantina di gol di Schiavio meriterebbero di essere raccontati. Primo fra tutti quello... di Muzzioli che fruttò lo scudetto del '29 nella finalissima di Roma contro il Torino, perché fu Anzlén a propiziarlo, seminando in contropiede quattro avversari prima di affidare al compagno la micidiale botta sotto la traversa. Storico anche il gol di testa che nel '24 pose fine all' imbattibilità del campo Vercellese che durava da 10 anni. Il più... favoloso, però, fu senza dubbio uno segnato alla Juventus nel 1933. Anche lì una discesa irresistibile, avversari saltati come birilli (la difesa della Nazionale, mica dei brocchi) e pallonetto finale sopra la testa di Combi.

Vincente anche nella vita

Applaudirono gli stessi juventini, tutti meno l'oriundo Luisito Monti, col quale Schiavio aveva un conto aperto in pratica da sempre. Appena l'anno prima, sul fango di Torino, in un match decisivo, il feroce Monti aveva tentato nientemeno che di farlo fuori (mentre era a terra), pestandogli di proposito il ginocchio; Schiavio dolorante e furibondo (per fortuna il fango cedevole evitò il peggio) gli aveva urlato in faccia del delinquente e soltanto Pozzo, con la sua pazienza e la forza persuasiva che possedeva, riuscì col tempo a comporre il dissidio. Tutti e due servivano alla Nazionale, e difatti c'erano entrambi - amici no, alleati sì - quel 10 giugno 1934 in cui l'Italia si laureò campione del mondo. Vincente anche nella vita, Angelo Schiavio riuscì a conciliare i successi sportivi con quelli commerciali della sua florida azienda di maglieria e articoli sportivi fondata da suo padre nel 1904. Avrebbe diretto attivamente il suo negozio e fino alla fine dei suoi giorni assieme al figlio Ercole, che a 16 anni nei ragazzi del Bologna sembrava ricalcare le orme paterne ma poi non ne volle più sapere. Certo, in passato non sempre fu facile per Schiavio fare il calciatore e curare gli affari, per cui ogni tanto prendeva corpo l'eventualità di un ritiro. Disse basta dopo lo scudetto del '36 e lo ribadì con una lettera alla «Gazzetta». Ma poi l'anno dopo non seppe resistere alla tentazione del quarto allora e tornò in tempo per fare due gol al Milan nella partita dell'apoteosi e trionfare subito dopo all'Expo di Parigi. Ma nell'autunno seguente, a 32 anni, avvertì quasi di colpo il peso di una carriera lunga e logorante. E dopo una brutta partita (e un gol facile sbagliato) sul campo della Lazio capì che il momento era proprio giunto. E stavolta in senso definitivo. Era il 17 ottobre 1937. Collaborò poi con il Bologna divenendone dirigente. Come tale, a metà degli anni 60, si oppose con decisione alla cessione di Pascutti all'Inter e la città gliene fu grata. Come quando nel 1983 urlò tutto il suo sdegno per la caduta del suo glorioso Bologna in serie C attraverso una lettera pubblicata sul Resto del Carlino. Morì il 17 settembre 1990, a 84 anni. 

Schiavio, mio padre

Di Ercole Schiavio


Non vi racconterò la leggenda di Schiavio. Per quella ci sono i libri, gli articoli di giornale e certe fotografie, ormai ingiallite dal tempo. Cercherò soltanto di tratteggiare la storia di uomo, che per tutti era un campione e per me semplicemente papà. Angelo Schiavio – Anzlén per i bolognesi – gioca la sua prima partita con la maglia del Bologna a diciassette anni. Il 31 dicembre 1922 al campo dello Sterlino va in scena un doppio incontro: nel primo le riserve del Bologna affrontano quelle del Wiener di Vienna e il giovane attaccante segna la doppietta del due a zero. Nel frattempo, negli spogliatoi, Della Valle, il centravanti titolare, viene colto da un violento attacco febbrile e deve essere riaccompagnato a casa. Sull'uscio dello spogliatoio l'allenatore Felsner interpella Schiavio, che sta rientrando dopo l'incontro delle riserve e gli chiede di giocare anche la seconda partita contro l'Ujpest di Budapest. Angelo accetta e decide ancora: suo il gol del definitivo uno a zero. È la prima delle mitiche imprese di Angiolino che diventa centravanti titolare del Bologna – senza mai abbandonare il lavoro nel negozio di abbigliamento di famiglia – e tale resterà fino al 1937, anno in cui terminerà la carriera. Questo ragazzo diciassettenne dall'aspetto gracile, ma evidentemente molto forte, gioca per tre ore consecutive e segna tutti e tre i gol delle sue squadre. Nel 1925, quando il Bologna vince il primo scudetto, arriva anche l'esordio – con doppietta – in azzurro (Italia-Jugoslavia due a uno). Ma l'anno d'oro è il 1934. L'anno della seconda vittoria del Bologna in Coppa Europa (la prima nel 1932) e del primo successo mondiale dell'Italia, in cui Schiavio e l'interista Meazza formano un'irresistibile coppia d'attacco. Gli impegni internazionali, però, creano a Schiavio notevoli problemi di compatibilità col lavoro, ma pur di averlo in campo Dall'Ara lavora di fantasia: per la partita che si svolge in Ungheria il 15 luglio 1934 contro il Ferencváros, il programma è così organizzato: un'automobile con alla guida l'autista personale di Dall'Ara attende Angiolino sulla piazzetta di via De' Toschi dietro alle Poste Centrali. Alle 11 in punto l'auto con Angiolino a bordo parte alla volta di Venezia, dove lo attende un aereo appositamente noleggiato dalla società.

Campione del mondo


L'aereo, un monomotore a due posti (davanti il pilota e dietro Angiolino), parte subito, attraversa le Alpi e scarica il passeggero a Vienna; qui lo attende un altro aereo, questa volta a quattro posti e con due piloti a bordo, che lo fa salire e lo porta a Budapest, dove atterra prima di sera. Il viaggio, specie l'attraversata delle Alpi, non è una passeggiata e Schiavio non vorrà più ripetere questa esperienza. La vittoria mondiale rappresenta un fiore all'occhiello per il regime fascista. I rapporti di Schiavio con il fascismo sono però piuttosto freddi e i suoi saluti romani all'entrata in campo sempre abbastanza fiacchi. All'incontro con il Duce, previsto per il lunedì mattina successivo alla vittoriosa domenica e che, per sopraggiunti inderogabili impegni di Mussolini, viene spostato al mattino di martedì, non si può presentare è richiamato a Bologna da un appuntamento di lavoro ed è così l'unico fra i campioni del mondo con il quale il Duce non si congratula. La vita della famiglia intanto continua austera: il calcio era considerato una cosa marginale e comunque non di importanza tale da divenire oggetto di conversazione in casa.

Schiavio rifiuta l'offerta dell'Ambrosiana-Inter.

Angiolino racconta agli amici più intimi che al suo rientro dai Mondiali di Roma, la sera del lunedì dopo la vittoriosa domenica, a tavola non si parlò della cosa. E commentava: «Ho vinto il campionato del mondo, ho segnato il gol della vittoria; avessi ricevuto un "bravo" da uno della mia famiglia». Ai primi di settembre del 1934 si presenta a sorpresa a Bologna, negli uffici di via De' Toschi, Peppino Meazza. «Angiolino – dice – ti invito a mangiare al Diana». E davanti ad un piatto di tortellini Meazza incomincia: «Angiolino, il presidente dell'Inter vuole riunire in nerazzurro il trio centrale d'attacco della Nazionale campione del mondo. Io sono nerazzurro, da sempre, Ferrari ha già accettato di venire nella prossima stagione, manchi solo tu. Il presidente ti telefonerà nel pomeriggio». Nel pomeriggio, ad Angiolino che nicchiava al telefono dicendosi ormai vecchio per nuove avventure calcistiche, il presidente dell'Inter Fernando Pozzani disse: «Schiavio, so che al momento tu possiedi a Bologna tre negozi: questo pomeriggio ti prego di misurarne la superficie – si trattava di centinaia di metri quadrati – e di comunicarmela domani mattina quando ti ritelefonerò. Se accetterai di venire a giocare all'Inter, dopodomani ti ritroverai proprietario di un'uguale superficie commerciale in Galleria a Milano». Alla telefonata del giorno dopo Schiavio declina cortesemente l'offerta e al presidente che gli chiedeva se fosse sicuro di aver preso la decisione giusta risponde: «Qui a Bologna lavoro con la mia famiglia e gioco nella mia squadra; i soldi non me li porterò all'altro mondo e ai miei discendenti, se avranno voglia di lavorare, resterà quanto necessario». Ecco chi era Angelo Schiavio. Mio padre.

Un Angiolino in rete

Di Paolo Facchinetti

Angelo Schiavio, "Anzléin" per i bolognesi: quello che ci fece vincere il Mondiale del '34 con un gol al cecoslovacco Planicka al 5' del primo tempo supplementare; quello che fece immenso il Bologna degli Anni Trenta contribuendo in modo determinante a scudetti e coppe internazionali. Angelo Schiavio, classe 1905, scomparso nel 1990, oggi è anche un sito internet: www.schiavio.it (Nota: il sito è stato aggiornato al 2009, dopo il trasferimento della famiglia e della ditta Schiavio in Canada). In rete ce l'ha mandato il figlio Ercole, che da ragazzo giocava col numero 9 nei pulcini del Bologna assieme al sottoscritto, al figlio di Faele Sansone, a Bulgarelli. Cresciuto nel mito del padre, Ercole da tempo covava l'ambizione di divulgare al pubblico il materiale fotografico e aneddotico assolutamente inedito che conserva in casa. L'ha fatto adesso, che si è votato alla new economy: col pretesto di esporre e vendere online i prodotti dello storico negozio di famiglia, ha raccontato e fatto raccontare le gesta del celebre padre. Il negozio esiste nel centro storico della città dal 1904, il che è garanzia di qualità (maglieria e calzetteria, camiceria e accessori, abbigliamento); si chiama Schiavio Stoppani dal nome dei genitori di Anzléin (Angelo Schiavio senior e Teresa Stoppani). Il sito illustra il percorso dell'azienda e ciò che produce. Una terza sezione battezzata semplicemennte "Storia" racchiude il tesoro: la storia di Schiavio giocatore (e, fra le righe, del calcio dell'epoca) come mai era stata scritta. Lo sapevate che Schiavio disertò un incontro con Mussolini dopo la vittoria del Mondiale '34 perché aveva da fare in negozio? E della sua ruggine con Zamora? E quella volta che andò a giocare in Coppa a Budapest su un aeroplanino biposto? E della costola che gli tolsero all'età di un anno? Tre i "ricordi": del figlio Ercole, dello storico dell'arte Francesco Arcangeli, del nostro Bortolotti. Il tutto, corredato da 48 foto storiche didascalizzate che con un clic si possono ingrandire. Fantastico!

Tifoso storico restituisce alla società la retina donatagli dal grande Schiavio

Il più grande rossoblù di tutti i tempi giocava con i capelli raccolti nella retina


Ieri la retina è tornata nella sede del Bologna. Lui è Angiolino Schiavio, centravanti degli anni Venti e Trenta (358 presenze e 252 reti in rossoblù), campione del mondo nel '34. Una delle sue mitiche retine per i capelli (con tanto di 'S' ricamata) era in possesso di un novantunenne bolognese che vive a Ciriè (Torino) e che nei giorni scorsi ha inviato il prezioso cimelio al Bologna. Il novantunenne, che un tempo faceva il raccattapalle al Littoriale, ricevette in dono la retina direttamente da Schiavio.

Lettera al "Resto del Carlino": "Mio padre mi portava a vedere Schiavio"

Io, quando ero bambina, la domenica andavo con mio padre a vedere le partite allo stadio. A quel tempo c'erano dei bravi calciatori, giocavano con passione, e non per guadagnare tanto come ora. Erano orgogliosi di vincere degli scudetti, come lo erano i tifosi. Ricordo Angelo Schiavio che aveva un negozio di maglieria in via de' Toschi. Noi di famiglia eravamo clienti perchè vendeva una maglieria calda e morbida. Allora c'era poco riscaldamento nelle case. Molti vecchi bolognesi se lo ricorderanno. Quando ha chiuso il negozio, Bologna è stata privata di uno dei suoi più cari ricordi.

«Io, tifoso fortunato»

Di Gianni Agnelli


«Oggi la Juve compie cento anni di gloria»: questo il titolo con cui la Gazzetta sabato 10 novembre 1997, celebrava il centenario della società bianconera. L'Avvocato Agnelli, nell'articolo celebrativo, citò il Grande Bologna di Schiavio come irriducibile avversario. Lo propongo perchè oltre a rendere omaggio al grande Angiolino, dà la misura della forza e della considerazione di cui godevano Schiavio e il Bologna anni Venti e Trenta del secolo scorso. «...Le grandi soddisfazioni per me cominciano subito con la Juventus del quinquennio 1930-1935, di cui era presidente mio padre. Una squadra fantastica entrata nella leggenda del football. Ricordo delle memorabili partite con l'Ambrosiana Inter di Meazza e il Bologna di Schiavio. Noi eravamo quasi imbattibili, con un attacco da 90 gol a campionato e quei formidabili cannonieri che erano Orsi e Borel II° e una grande difesa con Combi, Rosetta, Caligaris e Monti. Ma a parte questa Juventus che per me fu un po' speciale, sia perché era fortissima, sia perché l'aveva creata mio padre, nel corso degli anni ho amato tutte le formazioni bianconere, e quelle maglie mi hanno sempre dato e continuano a darmi grande emozione.»

Mio papà Schiavio, generoso e unico

Articolo tratto da "La Repubblica" del 17 settembre 2010

di Simone Monari

Sul campanello di casa c'è ancora il suo nome, sebbene oggi siano vent'anni esatti che non c'è più. Era nato in via Murri il 15 ottobre del 1905. Morì al Malpighi il 17 settembre del 1990. Il male glielo avevano diagnosticato a fine dicembre dell' 89. Lo ricoverarono a metà agosto. È stato, di 101 anni di storia del Bologna, il più grande di tutti. Si chiamava Angelo Schiavio. Sul passaporto del 1935, un anno dopo il primo Mondiale dell'Italia, vinto grazie ad un suo gol alla Cecoslovacchia in finale, alla voce professione c'è scritto commerciante. Aveva un'azienda di abbigliamento avviatissima all'angolo fra via de' Toschi e via Clavature. Centravanti per passione. In 345 partite, sempre con la stessa casacca, 244 gol. Dribbling, tiro, scatto. «Col tempo che perdo a giocare – diceva – rimetto un mucchio di soldi». Altra epoca. «Io a uno così non gli portavo neanche le scarpe», confessò una volta Bulgarelli. Oltre al Mondiale, Schiavio vinse 4 scudetti col Bologna, l'ultimo nel 1937. «Giacomo era di casa», racconta Marcella, solare signora di 63 anni, la figlia più giovane del "signor Angelo", come un po' tutti in città chiamavano Schiavio. «Bulgarelli giocava nelle giovanili con mio fratello Ercole, frequentavano insieme il San Luigi, veniva al mare da noi a Viserba, era matto di papà». Anzlein è stato spesso dipinto come un uomo schivo, quasi burbero. Di sicuro non gli mancava la personalità. Disse Dall' Ara, una volta: «Quando ci sediamo attorno al tavolo, il presidente sembra lui». Ma c'era un altro Schiavio, meno pubblico, più intimo. Racconta Marcella: «Lo chiamavano "spanez", era impossibile pagargli il conto, è sempre stato un generoso. Ha lavorato sino all'ultimo, ha amato la vita, ha viaggiato tantissimo». Per gli 80 anni, con la moglie Wilma, si regalò il viaggio in Concorde da Parigi a Rio. «Mai stato sul supersonico», diceva.

L'amicizia con Genovesi

Riuscì a non diventare mai prigioniero del suo personaggio. Degli anni d'oro parlava quasi solo con Pierino Genovesi, l'eterno Pirein, mediano destro, dal 1922 al 1932, suo compagno di squadra. Amici fino alla fine. «Aveva una bottega di frutta e verdura in via Orefici, la sera con la moglie erano spesso da noi». La casa è sempre quella, una villa elegante in una laterale di via Murri: «Chiacchieravano, ridevano». Una volta erano stati insieme in tournée in Sud America. «Difensori e attaccanti, che si sfidavano sempre, su quella nave fecero anche il tiro alla fune. Solo che gli attaccanti la fune l'attaccarono a un gancio della nave. E un difensore si fece anche male. E giù risate. Anche con me e mia sorella Stefania ha sempre parlato poco, di pallone. Quando, bambine, ci portava allo stadio, negli anni '50, non capivo come mai all'ingresso ci dividessimo. Noi da una parte, lui in tribuna d'onore». Aveva 70 anni quando vide Michele e Nicola, due dei suoi otto nipoti, prendere a calci un pallone. Delle gesta del nonno non sapevano nulla. Fece tre palleggi col collo del piede, poi uno di tacco. «Nonno, ma sei bravo» fece, meravigliato uno dei bimbi. Se ne portò tre già grandi allo stadio anni dopo, ottobre dell'89, amichevole al Dall'Ara fra Italia e Brasile. Arrivò con l'auto blu e si sistemò in tribuna. «Scendo un attimo, aspettatemi», disse a un certo punto. Matarrese, a capo della Federcalcio, lo premiò con la medaglia d'oro. Impassibile, risalì le scale e si sedette accanto ai suoi ragazzi. Per Bulgarelli ha sempre avuto un affetto quasi paterno, ma il suo preferito era Pascutti. Affinità di ruolo, probabilmente. Quando l'Inter voleva strapparlo al Bologna, Schiavio, ascoltatissimo, sentenziò: «Ezio non si tocca». E Pascutti non si mosse. Neanche Schiavio aveva mai lasciato il Bologna, nonostante le insistenze dell'Inter. «Ecco, sento spesso parlare di bolognesità, e penso a cosa ha fatto mio padre per questa città», nota la figlia. Non gli hanno dedicato nulla, a parte il passaggio dentro i cancelli del Dall'Ara, quella sorta di anonima rotonda che lambisce gli ingressi. «Lui e Biavati, bolognesi, sempre al Bologna, campioni del mondo...». Anzlein nel '34, Medeo nel '38. «A Meazza hanno intitolato lo stadio». Qui neanche un vicolo. È tardi, ma forse si può rimediare».

1905

Nasce a Bologna il 15 ottobre.

1906

Aprile: intervento sull'enfisema polmonare destro. Nel mese di aprile il prof. Bartolo Nigrisoli, chiamato d'urgenza durante la notte, opera per un enfisema al polmone destro Angiolino, che non da ormai più segni di vita, mettendo il bambino bocconi sul tavolo di marmo della cucina dell'abitazione di via Toscana (ora via Murri) n. 20. L'intervento avviene senza anestesia; viene tolta una costola sotto la scapola destra e la ferita viene lasciata aperta a scopo di drenaggio. Si chiuderà in maniera definitiva verso il 1910. Per alcuni anni, per la convalescenza, la nonna Marcellina accompagnerà il nipotino nel mese di Luglio a Bellaria e nel mese di Agosto a Zelbio (sul lago di Como). Fu l'unico bambino della famiglia che fece, fino ai 5 anni, le vacanze estive che allora non usavano.

1920


Entra nella squadra di calcio della Fortitudo, che milita in una categoria inferiore, e gioca un campionato nel quale segna un numero impressionante di goals. Nel 1922 l'allenatore Felsner lo vuole nel Bologna dove approda con poche speranze in quanto il titolare del ruolo di centravanti è il grande e sfortunato Alberti ed Angiolino rifiuta gli altri ruoli. Verso la fine dell'anno Alberti si infortuna e al centro dell'attacco bolognese viene spostata la mezz'ala sinistra Geppe Della Valle (un altro grande). Il 31-12-1922 si svolge, sul campo dello Sterlino, un doppio incontro: nel primo incontro le riserve del Bologna affrontano quelle del Wiener AF di Vienna. Le riserve del Bologna vincono l'incontro per 2-0 con 2 reti di Schiavio. Nel frattempo negli spogliatoi, mentre insieme agli altri titolari della prima squadra del Bologna stava preparandosi per l'incontro con l'Újpesti TE di Budapest, Della Valle viene colto da un violento attacco febbrile e deve essere riaccompagnato a casa. Sull'uscio dello spogliatoio Felsner interpella Schiavio che sta rientrando dopo l'incontro delle riserve e gli chiede di giocare un'altra partita. Schiavio accetta e rientra in campo. Il Bologna vince 1-0 con una rete di Schiavio. È la prima delle mitiche imprese di Angiolino che diventa centravanti titolare del Bologna e tale resterà fino al 1938 anno in cui terminerà la carriera. Questo ragazzo diciassettenne dall'aspetto gracile, ma evidentemente molto forte, ha giocato per tre ore consecutive e segnato tutti e tre i goals delle sue squadre.

1925


Alla vigilia del servizio militare di leva Schiavio viene interpellato dalla Juventus che gli assicura che, se accetterà di giocare per un anno in bianconero, potrà svolgere comodamente il suo servizio militare a Torino. La cosa è molto allettante perché prospetta un anno di vacanza dal lavoro e di vita spensierata. A Torino lo aspettano Giampiero Combi, suo grande amico personale e Viri Rosetta col quale pure intrattiene ottimi rapporti. Ma nel Bologna qualcuno si muove ed Angiolino viene riformato alla visita di leva per la mancanza della costola sotto la scapola destra e per la ferita, che a vent'anni di distanza dell'intervento chirurgico è ancora impressionante a guardarsi. Questo referto del medico militare crea però un certo allarme in famiglia. Qualche tempo dopo e dopo tante insistenze, la sorella Giuseppina convince il fratello e lo accompagna ad una visita di controllo presso il prof. Boschi. In effetti Angiolino, anche se sempre pieno di energia in campo, è molto magro, ha il volto scavato, sembra quasi deperito. Il professore sentenzia che il buon senso suggerirebbe di abbandonare senz'altro lo sport e che sarebbe anche opportuno condurre una vita dai ritmi più tranquilli. Nonostante il parere negativo del luminare e le insistenze dei familiari, la carriera continua.

1928

Primo successo internazionale: bronzo olimpico. Nella semifinale contro l'Uruguay del grande Andrade (Uruguay batte Italia 3-2), mentre l'Italia conduce per 1-0, dopo una travolgente azione d'attacco dell'Italia, Schiavio colpisce la traversa e manca di un soffio la rete che avrebbe potuto cambiare il risultato dell'Olimpiade. Le successive finali furono infatti una pura formalità. L'Italia, ad esempio, sconfisse l'Egitto per 11-3 nella finale per il terzo e quarto posto. Durante questa Olimpiade Schiavio conosce Raimundo Orsi, "la stella di Amsterdam", assieme al quale vincerà poi i campionati del Mondo del 1934. L'amicizia tra i due durerà tutta la vita.

1929 - 1930


Questi anni segnano un allontanamento di Angiolino dalla Nazionale. E' arrivato Vittorio Pozzo che gli preferisce il grande Meazza, l'astro nascente del calcio mondiale. Schiavio e Pozzo, pur molto stimandosi reciprocamente, non legano. Angiolino, con il pretesto degli impegni di lavoro, declina anche cortesemente alcuni inviti a presentarsi al raduno della Nazionale. Nasce fra le tifoserie il dualismo Schiavio-Meazza. I bolognesi dicono che, a favore del milanese, gioca il fatto di essere di Milano e di essere diventato il simbolo di un'epoca sportiva che lo aveva gratificato del soprannome de "Il balilla". In realtà i due furono molto amici e la loro amicizia durò fino alla morte di Meazza rinsaldata, quando fu possibile, da cordiali incontri ad un tavolo de "Le colline Pistoiesi", quando motivi di lavoro portavano Angiolino a Milano. Il 1929 è anche l'anno della tournèe sudamericana del Bologna. Angiolino, che per la prima ed unica volta nella sua vita si assenta dal lavoro per oltre un mese, svolge una triste incombenza famigliare e ritorna a casa riportando con sé la salma dell'amatissimo fratello Ercole, morto qualche anno prima a Buenos Aires a soli 34 anni per i postumi delle ferite riportate nella grande guerra.

Il primo scontro con Monti

In Argentina incontra per la prima volta Luisito Monti, il nemico di sempre, e sono subito scintille anche se la partita è amichevole. In un incontro di qualche anno dopo (era il 1932) in Italia, Monti, che nel frattempo era stato acquistato dalla Juventus, a gioco fermo, salterà a piedi pari sul ginocchio di Schiavio che era finito a terra e soltanto il campo fangoso, consentendo alle gamba di sprofondare nella melma ed attutendo così il colpo, eviterà l'irreparabile. L'infortunio fu comunque molto grave. Ciononostante, molti anni dopo, alla morte di Monti, partì dalla scrivania di Angiolino un telegramma che, oltre a porgere le condoglianze alla famiglia, rendeva onore ad un grande campione. In effetti, quando era stato richiesto di un parere sulla scelta Bernardini-Monti per il mondiale del '34, non aveva esitato ad indicare Monti come il più adatto per il ruolo di centromediano e ciò nonostante l'amicizia che lo legava allora a Bernardini. Considerava infatti la "ferocia" di Monti un punto a favore dell'italo-argentino; uno così era sempre meglio averlo nella propria squadra e non doverlo affrontare come avversario. E la difesa italiana fu senz'altro una delle meno perforate del torneo. Come pure, quando era stato richiesto di un parere su quale fosse stato il più grande centroavanti della sua epoca calcistica, aveva sempre indicato senza esitazioni Sindelar, il centroavanti austriaco soprannominato "Cartavelina", tragicamente scomparso in ancora giovane età ed al quale era legato da una sincera amicizia.

1933

Pozzo, in preparazione dei mondiali del '34, sposta Meazza retrocedendolo a mezz'ala e richiama in Nazionale Schiavio nel ruolo di centravanti.Volontariamente o involontariamente crea una delle più grandi coppie d'attacco che mai siano scese su un campo di calcio perché i due legano che è una meraviglia ed avranno alla loro sinistra nientemeno che Mumo Orsi. "Grandi calciatori ne ho visti tanti", diceva Angiolino, "ma la fantasia calcistica di Orsi resta per me una cosa irripetibile".

1934


È l'anno della seconda vittoria del Bologna in Coppa Europa (la prima nel 1932) e della prima vittoria dell'Italia nei Campionati del Mondo. L'impegno Europeo crea a Schiavio notevoli problemi con la sua attività lavorativa ed egli esprime le sue riserve al Presidente della società circa la sua presenza in campo in paesi molto lontani che l'obbligherebbe a prolungate assenze da Bologna. Pur di averlo in campo Dall'Ara allarga i cordoni della borsa. Un esempio delle soluzioni adottate: per la partita che si svolgerà in Ungheria (il 15-7-1934) contro il Ferencváros, il programma è così organizzato: un'automobile con alla guida l'autista personale di Dall'Ara attende Angiolino ferma sulla piazzetta di via De' Toschi dietro alle Poste Centrali. Alle 11 in punto l'auto con Angiolino a bordo parte alla volta di Venezia dove lo attende un aereo appositamente noleggiato dalla società. L'aereo, un monomotore a due posti (davanti il pilota e dietro Angiolino), parte subito, attraversa le Alpi e scarica il passeggero a Vienna dove lo attende un altro aereo, questa volta a quattro posti e con due piloti a bordo, che lo fa salire e lo porta a Budapest dove atterra prima di sera. Il viaggio, specie l'attraversata delle Alpi, non è una passeggiata e Schiavio non vorrà più ripetere questa esperienza. Lascia anche qualche segno e, durante la partita del giorno dopo, Angiolino pretende di battere un rigore, concesso al Bologna per un fallo da lui subito, sbagliandolo clamorosamente. Scherzosamente Schiavio attribuiva quell'episodio ai postumi del viaggio aereo; non tanto l'errore quanto la sua pretesa di battere la massima punizione. Quello fu infatti il primo ed anche l'ultimo rigore da lui battuto in 16 anni di carriera. Specialmente la vittoria mondiale rappresentò un fiore all'occhiello per il regime fascista che la sbandierava, insieme con i successi pugilistici di Carnera, come un merito del regime. I rapporti di Schiavio con il fascismo furono però piuttosto freddi ed i suoi saluti romani all'entrata in campo sempre abbastanza fiacchi. All'incontro con il Duce, previsto per il lunedì mattina successivo alla vittoriosa domenica e che per sopraggiunti inderogabili impegni di Mussolini fu spostato al mattino di martedì, non si potè presentare perché richiamato a Bologna da un appuntamento di lavoro precedentemente fissato e fu così l'unico fra i vincitori del mondiale con il quale il Duce non si congratulò.

Schiavio e la politica

Questi episodi non erano nuovi nella vita sportiva di Schiavio che, già nel ritiro premondiale di Roveta, aveva dovuto chiedere a Pozzo una licenza di tre giorni per potere tornare a Bologna a sistemare questioni riguardanti il lavoro. Pozzo, ben conoscendo la serietà della persona, non aveva avuto difficoltà a concedergliela. Memorabile poi fu un suo scontro verbale con un generale della milizia al termine di una partita Inter - Bologna svoltasi a Milano. Una serie di avvenimenti negativi sul campo seguiti da una scandalosa decisione arbitrale diedero all'Inter la vittoria dopo che il Bologna aveva dominato la partita ed aveva in pugno il risultato. Uscendo dal campo Schiavio disse ad alta voce il suo parere e fu udito dal generale della milizia (evidentemente di fede nerazzurra) che gli ordinò di tornare indietro a giustificarsi. Schiavio non si fermò continuando la sua strada verso l'uscita, il generale lo inseguì e gli si parò davanti esclamando: "Tu non sai chi sono io!". Ad alta voce Schiavio gli rispose: "Sì che lo so chi sei, sei un cretino!". Questa frase, pronunciata davanti a migliaia di persone gelò i presenti. Poco dopo un emissario del gerarca raggiunse Schiavio negli spogliatoi dicendogli che se si fosse presentato subito davanti al generale a scusarsi questi l'avrebbe perdonato. Schiavio rispose che entro pochi minuti sarebbe stato libero il camerino dell'arbitro e, se il generale era d'accordo, avrebbe potuto entrare insieme a lui nel piccolo locale. Se qualcuno avesse avuto poi la compiacenza di chiudere la porta a chiave dall'esterno per cinque minuti, avrebbe fatto "ascoltare" le sue scuse al generale. La cosa non ebbe seguito probabilmente perché il Bologna era all'ombra dell'ala protettrice di Leandro Arpinati, all'epoca Podestà della città. Questi "precedenti" non impedirono però a Schiavio di "sparare" un saluto romano da centurione in faccia agli antifascisti che si erano radunati all'interno dello Stadio Colombes di Parigi in occasione di Italia-Francia del 10 aprile 1932 e che avevano accolto l'ingresso in campo della nostra nazionale con una salva di fischi che lui giudicò ingiusti e faziosi. E la risposta sul campo fu la vittoria dell'Italia per 2 a 1. La vita della famiglia intanto continuava austera ed il calcio era considerato una cosa marginale e comunque non di importanza tale da divenire oggetto di conversazione in casa. Non bisogna dimenticare che in questi lontani tempi il partito socialista, almeno fino a quando era stato libero di esprimere le proprie idee, si era sempre apertamente espresso contro lo sport che considerava un ingiustificato spreco di tempo e di energie ed anche altri strati di opinione pubblica facenti capo alla borghesia non avevano particolare considerazione per chi praticava lo sport.

L'Inter prova a portare Schiavio a Milano

Angiolino raccontava agli amici più intimi che al suo rientro a casa dai mondiali di Roma la sera del lunedì dopo la vittoriosa domenica, a tavola non si parlò della cosa. E commentava: "Ho vinto il campionato del mondo, ho segnato il goal della vittoria; ci fosse stato uno della mia famiglia che m'ha detto "bravo". Ai primi di Settembre del 1934 si presentò a sorpresa a Bologna, negli uffici di via De' Toschi, Giuseppe Meazza. "Angiolino", disse, "ti invito a mangiare al Diana". E davanti ad un piatto di tortellini Meazza incominciò: "Angiolino, il Presidente dell'Inter vuole riunire in nero-azzurro, il trio centrale d'attacco della nazionale campione del mondo. Io sono nero-azzurro da sempre, Ferrari ha già accettato di venire nella prossima stagione, manchi solo tu. Accetta anche tu che ti aspettiamo tutti a Milano. Il Presidente ti telefonerà nel pomeriggio". Detto ciò e terminato il pranzo Meazza ripartì per Milano. Nel pomeriggio, ad Angiolino che nicchiava al telefono dicendosi ormai vecchio per nuove avventure calcistiche, il Presidente dell'Inter Fernando Pozzani disse: "Schiavio, so che al momento tu possiedi a Bologna tre negozi, questo pomeriggio ti prego di misurarne la superficie (si trattava di centinaia di metri quadrati) e di comunicarmela domani mattina quando ti ritelefonerò. Se accetterai di venire a giocare all'Inter, dopodomani ti ritroverai proprietario di un'uguale superficie commerciale in Galleria a Milano.

Un amico da Montevideo

E ciò senza grossi impegni da parte tua; dovrai soltanto restare all'Inter per tutto il tempo che continuerai a giocare (Angiolino avrebbe giocato ancora per tre stagioni). "Alla telefonata del giorno dopo Schiavio declinò cortesemente l'offerta" pur dicendosi molto lusingato" ed al Presidente che gli chiedeva se fosse sicuro di aver preso la decisione giusta rispose: "Qui a Bologna lavoro con la mia famiglia e gioco nella mia squadra; di là (leggi all'altro mondo) dei soldi non me ne porto dietro ed a quelli che verranno dopo di me, se avranno voglia di lavorare, resterà quanto necessario per continuare ed il mio augurio di una buona salute che è quella che conta di più". La semplicità delle sue risposte e delle sue argomentazioni a volte metteva in imbarazzo chi lo intervistava. La riservatezza di Schiavio si manifestava particolarmente quando si tenevano celebrazioni o premiazioni che lo riguardavano. Cercava sempre di defilarsi. L'unico che riusciva a smuoverlo e che immancabilmente interveniva in quelle occasioni era Raffaele Sansone, la grande mezz'ala del Bologna degli anni '30. Con la sua incontenibile simpatia, con le sue frasi scherzose e con i suoi "me caccia in diè", Faele convinceva Angiolino a seguirlo e lo accompagnava sul luogo della manifestazione. Quando Sansone andava a fargli visita ed insieme uscivano dal negozio per andare a prendere un caffè al "Calice" in via Clavature, nella gente che li rivedeva insieme si risvegliava il ricordo di quella formidabile coppia di attaccanti. I passanti li circondavano e qualcuno pretendeva l'autografo. Incredibile a mezzo secolo dall'abbandono dell'attività sportiva! E come sempre in quelle occasioni era Faele che prendeva pallino mentre Angiolino si limitava a confermare le parole dell'amico annuendo. Ed alla richiesta di quali calciatori del momento preferisse rispondeva facendo i nomi di Platini, per la sua grande classe ed essenzialità di gioco e di Maradona, sempre per la sua grande classe ed anche per l'astuzia (leggi il gol segnato con la mano all'Inghilterra). Questo anche se, e chi lo ha conosciuto bene ne sarà sempre convinto, Angiolino Schiavio un goal con una mano non l'avrebbe mai segnato.

1935 - 1936 - 1937

Anni di grandi successi per il Bologna che fu osannato in mille modi. Non fu però probabilmente attribuita la giusta importanza al Torneo dell'Esposizione di Parigi del 1937. Fu il confronto fra le migliori scuole calcistiche di tutto il mondo (Inghilterra compresa) ed il Bologna ne uscì da trionfatore. Ed Angiolino Schiavio, tornato a giocare dopo un anno di inattività (aveva deciso di abbandonare nel 1936), stupì il mondo sportivo con l'ultima delle sue mitiche imprese: una doppietta degna di un ventenne che fruttò al Bologna la prestigiosa Coppa. A proposito della quale il Presidente Dall'Ara, soddisfattissimo per il rientro di Angiolino da lui espressamente e reiteratamente sollecitato, ebbe a dire: "Questa Schiavio se la prenda Lei e se la porti a casa". I suoi rapporti con Dall'Ara ebbero molti alti e bassi, ma nel complesso furono abbastanza buoni. Dall'Ara aveva anche un maglificio che era fornitore della Ditta Schiavio e fra i due esistevano quindi anche rapporti di lavoro. E quando nell'immediato dopoguerra la sede del Bologna F.C. risultò inagibile a causa dei bombardamenti, Schiavio non esitò a mettere a disposizione della società un piano del fabbricato commerciale di sua proprietà nel centro di Bologna in modo che potesse allestirvi la propria sede.

Il gol più bello di Schiavio ? nel 1933 alla Juve

Una curiosità: all'interno della sede fu anche approntato un bar che era gestito da un nome allora molto famoso a Bologna nel suo settore: Paderni. A Schiavio fu spesso richiesto quale considerasse il gol più bello da lui segnato e lui indicava quello segnato alla Juventus nel giugno del 1933 allo Stadio di Bologna, dopo aver dribblato praticamente tutta al difesa avversaria. Dopo questa performance Angiolino si presentò solo davanti a Combi il quale non accennò neppure la parata, ma uscì di porta dirigendosi verso di lui con la mano tesa e, senza neppur degnare di uno sguardo il pallone che stava entrando in rete, strinse la mano all'amico-avversario congratulandosi con lui. In seguito, commentando il fatto, Schiavio diceva ridendo che se Combi avesse saputo in quali condizioni lui si trovava ed avesse tentato la parata, probabilmente il gol non ci sarebbe stato. Gli sportivi bolognesi però, sempre spiritosi ed amanti delle "battute", sostenevano che il gol più bello di Schiavio fosse stato quello segnato da Muzzioli al Torino nel corso della finale per lo scudetto che si era svolta a Roma. In quell'occasione Angiolino, partito da metà campo superò tutti gli avversari e, giunto sulla linea di fondo in prossimità del palo della porta avversaria, effettuò un passaggio all'indietro verso il centro dell'area di rigore.

La rivalità con Monti e Zamora.

L'area di rigore era sgombera e la porta del Torino vuota, ma Muzzioli, sopraggiungendo con tutta la sua nota velocità (correva i 100 metri in 11"), sparò circa dal limite dell'area una di quelle sue cannonate che si diceva sfondassero le reti. Il pallone picchiò sotto la traversa e finì in rete. E se avesse sbagliato? Evidentemente il popolare "Teresina" aveva pensato che il coronamento degno della precedente azione di Angiolino non poteva essere un tocco di "paletto" che faceva ruzzolare il pallone in rete e ci aveva messo tutta la propria energia che era tanta. Fra alcuni giocatori di quel Bologna erano infatti abbastanza frequenti questi atteggiamenti fra il guascone e lo scanzonato che avevano poi finito per rendere simpatica questa squadra in tutto il mondo. I giocatori di questo Bologna, la gran parte dei quali rimasero amici per tutta la vita, erano quasi tutti bolognesi e residenti a Bologna e mantennero sempre fra di loro rapporti tali quali si convengono a persone di spirito. Nell'occasione dell'ottantesimo anniversario della fondazione del sodalizio bolognese fu organizzata una mostra che riguardava il Bologna all'interno dell'Ateneo e Schiavio fu invitato. Il Professor Gerardo Ottani, ex ala destra del Bologna, ex medico sportivo nonché medico personale di Angiolino del quale fu anche miglior amico, gli telefonò al mattino, chiedendogli scherzosamente "Ho sentito che questa mattina vai all'Università, cosa ci vai a fare?". E Angiolino, al quale non mancava la prontezza nel rispondere, di rimando: "Mi hanno detto che oggi danno la laurea agli asini e non vorrei perdermi l'occasione!". Schiavio si riferiva scherzosamente alla sua non proprio brillante carriera scolastica che molto aveva trascurato a causa della sua passione sportiva e che aveva finito per abbandonare quando era entrato nelle file del Bologna.

Schiavio e Zamora, rivalità antica

Oltre che con Luisito Monti, memorabili furono i suoi scontri con il mitico portiere della Spagna Ricardo Zamora. L'animosità di Angiolino nei confronti di Zamora veniva da lontano, da quanto questi, qualche anno prima (il 14.6.1925), in un incontro fra le squadre nazionali di Spagna ed Italia svoltosi a Valencia, aveva letteralmente malmenato l'amico Geppe Della Valle (anche lui un caratterino) che era tornato in Italia malconcio e furibondo dicendo che alla prossima occasione si sarebbe rifatto. Fin dalle prime battute di Italia - Spagna che si svolse a Firenze per i quarti di finale del mondiale 1934 i due si scontrarono. Alla prima uscita su un pallone alto sul quale Schiavio era saltato di testa, Zamora, uscì di pugni. Con un pugno respinse il pallone e con l'altro colpì violentemente alla nuca Angiolino.Tanto perché fosse chiaro fin dall'inizio chi comandava in area di rigore! Fu l'inizio delle ostilità che si protrassero per tutta la partita che terminò 1-1 dopo i tempi supplementari. Sembrava uno scontro impari, Davide contro Golia; Zamora infatti sovrastava Schiavio di 10 centimetri. Ma così non fu ed all'uscita dal campo al termine della partita (a quei tempi non erano consentite le sostituzioni dei calciatori durante l'incontro) i due erano fuori combattimento. Schiavio aveva la testa piena di tumefazioni (dovette andare a letto con la borsa del ghiaccio) e Zamora aveva due costole rotte: nessuno dei due sarebbe stato in grado di affrontare il secondo incontro. Ma, nonostante il pareggio, il risultato complessivo dette ragione alla tattica adottata da Schiavio.

L'ambrousa d'Anzlein


Angiolino infatti ben sapeva che in caso di suo infortunio c'era pronto Meazza per sostituirlo al centro dell'attacco, mentre la Spagna non disponeva di un sostituto che fosse all'altezza di Zamora. Già in passato Schiavio aveva dato prova di abnegazione e stoicismo in campo; qualche anno prima a Genova gli avevano rotto un piede al 2° minuto di gioco e lui, dopo che il massaggiatore Amedeo Bortolotti gli aveva applicato una benda gessata alla caviglia, era rimasto in campo fino al 90° minuto schierato all'ala sinistra. Il giorno dopo, nella ripetizione della partita, avvenne quello che Angiolino aveva sperato e Meazza segnò anche il gol che diede la vittoria all'Italia consentendole di accedere alla semifinale. Ed in occasione di questo secondo incontro Zamora, poco sportivamente, a voce alta apostrofò con il poco edificante appellativo di "burro" (somaro) Angiolino che stava prendendo posto in tribuna per seguire la partita. Schiavio, che era in compagnia della fidanzata Wilma, non raccolse l'offesa e scoppiò anzi in una risata che forse diede a Zamora più fastidio delle gomitate incassate il giorno prima. A proposito di Wilma, che Angiolino sposò qualche anno dopo al termine della carriera sportiva e dalla quale ebbe 3 figli, la Sig.ra Piera Sansone, vedova dell'indimenticabile "Faele", raccontava un curioso e divertente episodio. Wilma non sapeva di sport e un giorno Angiolino la invitò ad assistere ad una partita del Bologna in modo che si rendesse conto di che cos'è un incontro di calcio. Angiolino, in ossequio al proprio modo di vedere le cose che tendeva sempre a tenere un po' appartati se stesso ed i famigliari, fece accomodare la fidanzata nell'ultima fila in alto della tribuna, commettendo in tal modo un terribile errore. Infatti, come raccontava la Sig.ra Piera, la bellezza e l'eleganza di questa donna (che per l'occasione aveva indossato sul tailleur beige due "renard" uno bianco ed uno nero) erano tali che il pubblico della tribuna, anziché seguire la partita, se ne stata tutto voltato all'indietro a guardare "l'ambrousa d'Anzlein". Fra tutti i cronisti sportivi quello che parlò di lui con maggiore entusiasmo e fantasia fu certamente Bruno Roghi, all'epoca il principe del giornalismo sportivo. Su "La Gazzetta dello Sport" ne descrisse il debutto in nazionale quando Angiolino, appena ventenne, guidò l'assalto degli italiani alla porta jugoslava nel 1925. A Padova si inaugurava lo stadio Appiani, pioveva ed il campo era ridotto un pantano.

L'uomo dal piede a cucchiaio


Angiolino, come accadde quasi sempre in occasione dei suoi debutti, non mancò l'appuntamento con la vittoria: Italia - Jugoslavia 2-1 con due reti di Schiavio. Roghi, che aveva soprannominato Angiolino "l'uomo dal piede a cucchiaio" per la difficoltà che gli avversari sempre incontravano a toglierli il pallone, descrisse un suo goal realizzato durante una mischia in area paragonando il pallone calciato da Schiavio nella rete avversaria al nocciolo di una ciliegia che, stretto fra il pollice e l'indice della mano, schizza via con la velocità di un proiettile. Schiavio visse tutta l'epopea calcistica del suo Bologna: sia il primo periodo (quello dei bolognesi), sia il secondo periodo (quello degli uruguaiani). Era un Bologna che affrontava ogni incontro come una battaglia. Diceva Sansone che, negli spogliatoi, a 5 minuti dall'inizio della partita avveniva una metamorfosi. Nello stanzone, nel quale fino a quel momento era regnata un'allegria quasi goliardica, scendeva all'improvviso un silenzio totale; la squadra si concentrava e tutti tacevano fino a che, richiamati dal fischio dell'arbitro proveniente dal corridoio, i campioni entravano in campo. Nell'ultimo anno di vita di Angiolino, da tempo ormai lontano da un sport nel quale non si riconosceva più, ebbe una quantità di riconoscimenti. Diceva quasi divertito: "Non ho mai ricevuto tante medaglie neanche quando giocavo!". E si riferiva ai riconoscimenti tributatigli in occasione dall'ottantesimo anniversario della fondazione del Bologna FC, alla medaglia consegnatagli per il suo compleanno dal Presidente Matarrese in occasione di Italia - Brasile allo Stadio Dall'Ara e, soprattutto, alla targa con la quale in occasione di Italia '90 "La Gazzetta dello Sport" volle premiare un calciatore simbolo per ogni mondiale fino ad allora disputato. A lui toccò la targa per il mondiale del 1934. Queste targhe dovevano essere consegnate a Milano, dove i premiati sarebbero giunti provenienti da ogni parte del mondo, durante una cerimonia televisiva. Gli altri premiati erano Piola, Schiaffino, Pelè, Charlton, Maradona ed altri nomi appartenenti al gotha del calcio mondiale: 13 in tutto. Questa volta Angiolino avrebbe proprio voluto esserci, ma non potè. La targa venne a consegnargliela personalmente a Bologna il Dott. Candido Cannavò, direttore della Gazzetta dello Sport. La cosa lo fece felice e lo commosse."IL Dott. Cannavò, che persona gentile!" si limitò a dire in famiglia, ma aveva le lacrime agli occhi. Morì tre mesi dopo. Il polmone al quale era stato operato 84 anni prima lo aveva nuovamente tradito e questa volta in maniera definitiva.

Angelo Schiavio

Nell'immaginario dei bolognesi, il bel negozio centrale Schiavio Stoppani si è sempre indissolubilmente legato alla figura di Angiolino, il più forte e il più amato campione dello sport che la città abbia mai avuto. E dire che "Anzlein" non indulgeva in modo particolare alle pubbliche relazioni, apparteneva a quella schiera atipica di petroniani refrattaria all'autocelebrazione, che misura le parole col bilancino del farmacista, ma, proprio per questo, le rende pesanti come pietre. Anche nella lunga parabola post agonistica, Angiolino Schiavio era rispettato come un oracolo: nelle vicende della sua squadra interveniva di rado, ma quando lo faceva lasciava il segno. La città ne aveva fatto una sua istituzione. E quando, il lunedì 17 settembre 1990, si spense alle sei del mattino, all'ospedale Malpighi, e la notizia cominciò a trapelare, Bologna si trovò sinceramente attonita, orfana di una leggenda vivente, pudica e indistruttibile. Quella stessa mattinata la squadra rossoblù era partita per la Polonia, onde celebrare il ritorno alle competizioni europee, conquistato dopo lunga astinenza. Scherzi del destino: del Bologna in Europa, proprio Schiavio aveva scritto le pagine più esaltanti. Stabilito senza ombra di dubbio che Angiolino è stato il più forte giocatore di ogni tempo, nella gloriosa storia del Bologna, il dubbio legittimo è che questa definizione risulti fortemente riduttiva. La dimensione agonistica di Schiavio va infatti considerata autenticamente mondiale. Nessuno ha vinto quanto lui. Con la maglia della Nazionale italiana (15 gol in 21 partite) ha conquistato il bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928, due Coppe Internazionali, equivalenti ai campionati d'Europa per nazioni dei nostri giorni, il titolo mondiale del 1934, siglato proprio da una sua celebre prodezza, nei tempi supplementari della finalissima contro la Cecoslovacchia. Con il Bologna, che è stato il suo unico ed esclusivo amore sportivo, quattro scudetti, due Coppe Europa (la Coppa dei Campioni, o la Champion's League, dei tempi attuali), il torneo dell'Esposizione di Parigi, quasi un campionato mondiale di club, con la presenza allora rarissima dei maestri inglesi, e il titolo di capocannoniere della serie A nel 1932. Un bottino straordinario, corredato da cifre personali da brivido. I sedici campionati trascorsi in maglia rossoblù, da quando debuttò contro l'Ujpest di Budapest in un'amichevole internazionale allo Sterlino nel 1922, realizzando subito il gol decisivo, a quando disse basta per l'impossibilità di conciliare gli impegni sportivi e l'attività commerciale (ecco ancora il negozio, attorno e dentro al quale la figura di Schiavio ruota in continuazione), nel 1938, l'hanno visto giocare 364 partite ufficiali, fra campionati e coppe, e segnare 251 gol. Alcuni di questi gol sono entrati dritti nella storia del calcio. Come quello, di testa, che nel 1924 infranse l'invincibilità del terreno della Pro Vercelli, inviolato da ben undici anni; o come quello che nel 1933 vide Angiolino beffare palla al piede l'intera difesa della grande Juventus, per concludere con un pallonetto imprendibile sulla testa di Combi.

L'automobile di Dall'Ara

In quell'occasione, gli stessi avversari si impettirono nell'applauso sincero, con la sola scontata eccezione di Luisito Monti, il grande e feroce centromediano bianconero che ad Angiolino aveva provocato volontariamente un grave incidente al ginocchio l'anno prima. Schiavio gli aveva gettato in faccia un insulto, "delinquente", e aveva interrotto i rapporti. Vittorio Pozzo, il commissario unico della Nazionale, riuscì a farli convivere nell'Italia che nel 1934 vinse il titolo mondiale. I due si ignoravano, ma sul campo, con esemplare professionalità, profondevano lo stesso ardore agonistico, senza riserve. Era un altro calcio, lontanissimo dall'esasperato spirito mercantile del football attuale. Angiolino Schiavio, di famiglia nobile e benestante, si rifiutò sempre di percepire compensi per la sua attività di calciatore. Lo considerava un divertimento. "Dovrei pagare io", diceva. Così non fece gran conto neppure del premio toccatogli per il titolo mondiale del Trentaquattro. Rievocava soltanto, con espressione divertita, che gliene era rimasta la metà, dopo le elargizioni "obbligatorie" al Fascio e agli altri enti interessati. Un tipo così avrebbe dovuto fare la gioia di un presidente parsimonioso come Renato Dall'Ara, che gli si rivolgeva addirittura con soggezione ("avevo sempre l'impressione che fosse lui il presidente e io un dipendente", confessava). Così, quando Angiolino decise di smettere, dopo lo scudetto del 1936-1937, Dall'Ara toccò le corde del sentimento e dell'interesse. "Caro Schiavio, lei non ha mai voluto una lira, adesso io le regalo una bella automobile e lei mi fa il regalo di giocare un'altra stagione con noi". "Presidente, l'automobile ce l'ho già". Ma Anzlein si fece convincere, non tanto per la Lancia Stura che Dall'Ara gli fece trovare in garage, una automobile da vip, quanto per il gusto di provarci ancora.

Schiavio allenatore

Quel campionato, Angiolino rimase quasi sempre a vedere, il centravanti titolare era diventato Busoni, un livornese che Dall'Ara aveva ingaggiato di malavoglia per il timore che il pubblico bolognese ironizzasse sul nome ("sa, con la fama che io modestamente mi ritrovo, in fatto di conquiste femminili...", sospirava il presidente). Alla penultima giornata, con il Bologna saldamente avviato alla conquista del titolo tricolore, Schiavio fu mandato in campo. Era la partita dell'apoteosi, contro un rivale di cartello, il Milan. La ruggine della lunga inattività non aveva intaccato il fiuto del gol del vecchio cannoniere: segnò subito una doppietta, che gli consentì di figurare a pieno titolo nella squadra dello scudetto, il suo quarto personale. Dopo di che, l'addio al calcio fu definitivo. Era tale il prestigio di Schiavio che già nella stagione 1933-34, a ventotto anni e nel pieno fulgore agonistico, si vide affidare provvisoriamente la responsabilità tecnica della squadra, quando l'allenatore Achille Gama venne allontanato per crisi di risultati. Un'esperienza che Schiavio ripeté ancora nel dopoguerra, sempre per brevi periodi di tempo e per superare situazioni di emergenza. Era l'incrollabile pilone, cui il Bologna si ormeggiava nei momenti di pericolo. Fu anche direttore tecnico della Nazionale, nella stagione 1953-54, in coppia con il centravanti che l'aveva sostituito in maglia azzurra, Silvio Piola, e con Lajos Czeizler allenatore. Gli ultimi fuochi. Il suo distacco da un calcio nel quale non si riconosceva più, fu progressivo e totale. Si concesse un'eccezione. Al termine del campionato 1982-83, che aveva visto il Bologna precipitare in serie C1, il vecchio campione, che a 78 anni non aveva perduto il suo spirito battagliero, riapparve alla ribalta con una lettera inviata al Resto del Carlino.
"Nel ricordo del mio Bologna, e dei miei vecchi, cari, compagni di squadra. ormai quasi tutti scomparsi, non posso trattenere il mio sdegno più profondo e la mia protesta più vibrata, verso tutti coloro che, avendo operato in questi anni, hanno la responsabilità dell'attuale drammatica situazione del sodalizio. Mi meraviglio e mi stupisco che essi abbiano ancora l'ardire di comparire sulla stampa con dichiarazioni tese a salvaguardare la loro posizione di fronte a responsabilità esclusivamente loro. Oltre che come bolognese sento la più cocente e inesprimibile delusione nel ricordo della mia giovinezza, che ho interamente dedicata ai colori rossoblù e che mi autorizza a dire a questi signori di non osare più di apparire per tutto il fango che hanno gettato sulla gloriosa squadra bolognese. Si convincano quindi tutti costoro che altro non resta loro che scomparire come si conviene alle persone che, entrate in campo nell'intento di reclamizzare i loro nomi, hanno clamorosamente fallito la prova".
Una denuncia durissima, che scosse la città, pronta a stringersi attorno alla sua bandiera. Questo, e tanto altro ancora, è stato Angiolino Schiavio, che altri vi ricordano sotto diversi aspetti. Tecnicamente, un attaccante senza difetti, dotato di un eccezionale controllo di palla e soprattutto di un tiro sublime, violento e preciso, scoccato con grande rapidità, anche in mezzo a nugoli di avversari. Agonisticamente, un lottatore indomabile, pronto a mulinare i suoi gomiti per farsi largo fra difensori massicci e decisi, mai disposto a farsi intimidire. Ha chiuso la carriera con una media realizzativa di 0,69 gol a partita (la più alta di sempre tra i giocatori che hanno segnato almeno 100 reti), straordinaria perché mantenuta lungo quindici anni di attività. Quel gol mondiale del 1934, realizzato all'ultimo spasimo, lo ha consegnato alla storia del calcio. Bologna ama ricordarlo, e rimpiangerlo, non solo per quello, ma per la lezione di signorilità e di vita che Angiolino ha silenziosamente dispensato, dentro e fuori dal campo. E fino a pochi anni fa, passando davanti al negozio di famiglia, era impossibile non tornare con la mente alla figura leggendaria del vecchio e attualissimo campione.

Bidonai la mamma per vedere Schiavio

di Edmondo Fabbri

Appassionato di calcio come ogni ragazzino, avevo anch'io il mio idolo: Angelo Schiavio. Nel maggio del 1933 mi capitò la grande occasione di vederlo giocare, però dovetti bidonare la mamma. A Firenze c'era Italia - Cecoslovacchia. I miei due fratelli non persero l'occasione prendendo a pretesto il fatto di andare a trovare una zia che abitava nel capoluogo toscano. lo mi rassegnai. Mia madre, quasi per consolarmi, disse che se avesse vinto al lotto mi avrebbe fatto partire. lo conoscevo i numeri che aveva giocato e al sabato pomeriggio mi recai dal fornaio di Castelbolognese, uno dei pochi che aveva la radio, e compilai il tabellino sulla ruota di Firenze segnando i numeri 9 e 20. L'alibi era perfetto, perché ero andato dal fornaio ad ascoltare la radio e avevo segnato diligentemente i numeri (che però erano fasulli). Andai a casa manifestando entusiasmo per la vincita e per la certezza che la domenica mattina sarei partito da Castelbolognese per Firenze dove avrei visto la Nazionale italiana e Schiavio che ne era il centravanti. E così avvenne. Fu una partita non esaltante perché si chiuse alla fine del primo tempo quando il leggendario Planicka dovette raccogliere per due volte il pallone nel sacco e il secondo gol lo realizzò proprio lui, Schiavio. La Nazionale italiana per oltre vent'anni ha avuto centravanti straordinari provenienti da diverse squadre e il Bologna ha potuto dire la sua. Come non ricordarli iniziando e chiudendo con due nomi cari ai bolognesi, due nomi che racchiudono un'epoca favolosa.

SCHIAVIO

Centravanti classico, uno dei pochi nella storia del nostro calcio ad alto livello degli anni '30-'60, che sia rimasto inamovibile nel suo ruolo d'origine. Forte atleticamente e fisicamente, intelligente, buon distributore, scattante e deciso nelle conclusioni a rete. Bravissimo nel sapersi difendere e nel farsi largo nelle aree dalle robuste marcature. Era anche dotato di notevole coraggio.

Azzurro

di Giuseppe Meazza

Tratto da " Il mio nome è Giuseppe Meazza "

A Capodanno del 1933 la Nazionale si ritrovò a Bologna per una partita contro la Germania. Festeggiammo con un brindisi in albergo, ognuno ricordò i tempi trascorsi e i bolognesi furono molto premurosi con noi. Allo scoccare della mezzanotte, Raimundo Orsi, emozionato come non mai, fece un discorsetto che nessuno riuscì quasi a comprendere e subito dopo andammo a letto per un giusto riposo. Entrava in squadra per la prima volta Angiolino Schiavio, il centroattacco italiano che fra tutti quelli che ho conosciuto, mi ha impressionato di più. Gran bel giocatore, sano, forte, altruista era diventato l'idolo di Bologna e dell'Italia intera. Palleggiatore eccellente, Schiavio era capace di smarcarsi con sorprendente abilità, nel corpo a corpo era deciso, possedeva un magnifico intuito ed era anche generoso in campo. Se occorreva realizzare, Schiavio guizzava, colpiva palloni impossibili; un autentico uragano. Se bisognava preparare l'azione, attirava gli avversari su di sé e poi lanciava i compagni. Nelle mischie era il primo a buttarsi con ardore ineguagliabile. Nella partita con la Germania nel freddo di quel primo gennaio 1933, al Littoriale di Bologna, la Nazionale italiana vide Angiolino schierato al centro e il sottoscritto semiala destra. Dopo pochi minuti in campo mi pareva di essere diventato un pezzo di carne ghiacciata. «Se non corriamo forte» mi disse Schiavio «oggi ci congeliamo.» Ci pensarono gli avversari a scuoterci. Con un' azione a sorpresa andarono in goal. Non bastava il vento di tramontana: ci voleva anche la doccia gelata. lo e Angiolino fummo subito d'accordo: per mettere in difficoltà i tedeschi ci volevano palloni a terra e in profondità e io capii che giocare con il mio magnifico "centro" era molto facile. Infatti cominciammo a dialogare a centrocampo, poi lui mi lanciò lungo. Arrivai a contatto con Josef Wendl, il mio marcatore, mentre Schiavio piombava sul pallone. Toccò la sfera, accarezzandola con il sinistro, io mi liberai del terzino, arrivai sul pallone e tirai a rete: pareggio! Ripetemmo il gioco almeno cinque o sei volte, ma la palla non ne volle sapere di entrare e uscì sempre di poco: ma ci pensarono Schiavio e Costantino e vincemmo per 3-1. Giocai a lungo in coppia con Schiavio e, sempre nello stesso anno, andammo a Ginevra a vincere per 3-0 contro la Svizzera con una rete mia e due proprio di Angiolino.

Stagione
Squadra
Campionato
Coppe naz.
Coppe euro.
Altre coppe
Totale
Com Pres Reti Com Pres Reti Com Pres Reti Com Pres Reti
Pres
Reti
1922-1923
Bologna
1D
11
6
-
-
-
-
-
-
-
-
-
11
6
1923-1924
Bologna
1D
24
16
-
-
-
-
-
-
-
-
-
24
16
1924-1925
Bologna
1D
27
15
-
-
-
-
-
-
-
-
-
27
15
1925-1926
Bologna
1D
23
26
-
-
-
-
-
-
-
-
-
23
26
1926-1927
Bologna
DN
25
15
-
-
-
-
-
-
-
-
-
25
15
1927-1928
Bologna
DN
30
26
-
-
-
-
-
-
-
-
-
30
26
1928-1929
Bologna
DN
29
29
-
-
-
-
-
-
-
-
-
29
29
1929-1930
Bologna
A
15
7
-
-
-
-
-
-
-
-
-
15
7
1930-1931
Bologna
A
21
16
-
-
-
-
-
-
-
-
-
21
16
1931-1932
Bologna
A
30
25
-
-
-
CEC
3
1
-
-
-
33
26
1932-1933
Bologna
A
33
28
-
-
-
-
-
-
-
-
-
33
28
1933-1934
Bologna
A
19
9
-
-
-
CEC
6
4
-
-
-
25
13
1934-1935
Bologna
A
27
13
-
-
-
-
-
-
-
-
-
27
13
1935-1936
Bologna
A
26
9
CI
1
0
CEC
1
1
-
-
-
28
10
1936-1937
Bologna
A
2
2
-
-
-
CEC
2
1
TEP
3
2
7
5
1937-1938
Bologna
A
6
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
6
0


348
242


1
0


12
7


3
2
364
251
Legenda:
1D – 1ª Divisione (massima serie).
DN – Divisione Nazionale (massima serie).
A – Serie A
CI – Coppa Italia
CEC – Coppa dell'Europa Centrale
TEP – Torneo Internazionale dell'Esposizione Universale di Parigi





Angelo Schiavio (Bologna, 15 ottobre 1905 – Bologna, 17 settembre 1990). 364 presenze nel Bologna tra 1D / DN / Serie A e 242 gol, dall'esordio, 28 gennaio 1923, al ritiro, 24 aprile 1938 . Per 16 campionati centravanti e trascinatore dell'attacco bolognese, con i rosso-blu ha vinto tutto: 4 scudetti (1924-25; 1928-1929; 1935-36; 1936-37), 2 Coppe dell'Europa Centrale (1932; 1934), 1 Torneo Internazionale dell'Esposizione Universale di Parigi (1937). Campione del mondo con la Nazionale nel 1934; Bronzo olimpico (Amsterdam 1928); Coppa Internazionale (1927-1930; 1933-1935). 21 presenze e 15 reti in azzurro.

SCHIAVIO IN NAZIONALE
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Angelo Schiavio esordì in Nazionale a vent'anni, in un'amichevole contro la Jugoslavia disputata al leggendario stadio Appiani di Padova, il 4 novembre 1925. Vinse l'Italia per 2-1, con doppietta  dell'esordiente "Angiolino". Bronzo olimpico ad Amsterdam 1928; vincitore di due coppe internazionali (un tempo la manifestazione per squadre nazionali più importante d'Europa); campione del mondo 1934. Per lui 21 presenze in Nazionale e 15 reti, la più importante a Roma, il 10 giugno 1934 contro la Cecoslovacchia, nella finale del campionato del mondo. Sua infatti la rete che risolse a favore degli azzurri il match e che donò il primo titolo mondiale all'Italia. Diverse presenze anche come riserva, la più significativa il giorno dell'inaugurazione del Littoriale di Bologna, il 29 maggio 1927.
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1^ Amichevole 1925-1926
Padova, Stadio Comunale "S.Appiani", mercoledì 4 novembre 1925 ore 14.30
ITALIA-JUGOSLAVIA 2-1 (2-1)
MARCATORI: Bencic 29', Schiavio 33', Schiavio 44'
ITALIA: Combi (Juventus F.B.C., Torino); Bellini (Genoa C. & F.C., Genova), Allemandi (Juventus F.B.C., Torino); Dugoni (Modena F.B.C., Modena), Bernardini (S.S. Lazio, Roma), Gandini (U.S. Alessandria, Alessandria); Conti L. (Internazionale F.B.C., Milano), Della Valle (Bologna F.C., Bologna), Schiavio (Bologna F.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Cevenini III (Internazionale F.B.C., Milano) (cap.) - Allenatore: Augusto Rangone  
JUGOSLAVIA: Fridrih (H.A.Š.K., Zagreb); Vrbančić (H.A.Š.K., Zagreb),  Pažur  A. (H.Š.K. Concordia, Zagreb) (Ivković 46' [S.K. Jugoslavija, Beograd]); Marjanović M. (H.A.Š.K., Zagreb), Premerl (H.A.Š.K., Zagreb), Križ (H.A.Š.K., Zagreb); Grdenić (H.Š.K. Concordia, Zagreb), Jovanović D. (S.K. Jugoslavija, Beograd), Benčić (N.K. Hajduk, Split) (cap.), Petković (S.K. Jugoslavija, Beograd), Sekulić (S.K. Jugoslavija, Beograd). - Allenatore: Dušan Zinaja 
ARBITRO: Eugen Braun  (Austria)
SPETTATORI: 10.000 circa.
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2^  Amichevole 1925-1926
Zurigo, Stadio Letzigrund, domenica 18 aprile 1926 ore 15.00
SVIZZERA-ITALIA 1-1
MARCATORI: Magnozzi 8', Ehrenbolger 19'
SVIZZERA: Pulver (B.S.C. Young Boys, Bern); Schneebeli (F.C. Bern, Bern), Hürzeler (F.C. Aarau, Aarau); Oberhauser (F.C. Nordstern, Basel), Neuenschwander (Grasshopper-Club, Zürich), Fassler (B.S.C. Young Boys, Bern) (cap.); Ehrenbolger (F.C. Nordstern, Basel), Passello (Servette F.C., Genève), Honegger (Grasshopper-Club, Zürich), Abegglen II "Xam" (Grasshopper-Club, Zürich), Poretti M (B.S.C. Young Boys, Bern).
ITALIA: De Prà (Genoa C. & F.C., Genova); Borgato (Bologna F.C., Bologna (Bellini 46' [Genoa C. & F.C., Genova]), Caligaris (Casale F.C., Casale Monferrato); Janni (F.B.C. Torino, Torino), Bernardini (S.S. Lazio, Roma), Fayenz (A.C. Padova, Padova); Conti L. (Internazionale F.C., Milano), Baloncieri (F.B.C. Torino, Torino), Schiavio (Bologna F.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Tansini (U.S. Cremonese, Cremona). - Allenatore Augusto Rangone 
ARBITRO: Iváncsics Mihály (Ungheria)
SPETTATORI: 20.000
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3^ Amichevole 1925-1926
Milano, Stadio Civico Arena, domenica 9 maggio 1926 ore 15.30
ITALIA-SVIZZERA 3-2
MARCATORI: Della Valle 11', Schiavio 17', Della Valle 38', Sturzenegger 49', Brand 57'
ITALIA: De Prà (Genoa C. & F.C., Genova); Bellini (Genoa C. & F.C., Genova), Caligaris (Casale F.C., Casale Monferrato) (cap.); Janni (Torino F.C., Torino), Bernardini (S.S. Lazio, Roma), Fayenz (A.C. Padova, Padova) (Ferraris A. 88' [S.G.S. Fortitudo Pro Roma, Roma]); Conti L. (Internazionale F.C., Milano), Della Valle (Bologna F.C., Bologna), Schiavio (Bologna F.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore Augusto Rangone 
SVIZZERA: Nicollin (F.C. Urania Genève Sport, Genève) (Maspoli 39' [F.C. Lugano, Lugano]); Hürzeler (F.C. Aarau, Aarau), Ramseyer (F.C. Bern, Bern) (cap.); Oberhauser (F.C. Nordstern, Basel), Imhof W. (F.C. Aarau, Aarau), Fassler (B.S.C. Young Boys, Bern); Ehrenbolger (F.C. Nordstern, Basel), Brand (F.C. Bern, Bern), Sturzenegger (F.C. Lugano, Lugano), Abegglen II "Xam" (Grasshopper-Club, Zürich), Abegglen I (F.C. Cantonal, Neuchâtel).
ARBITRO: Prince Cox (Inghilterra)
SPETTATORI: 25.000 circa
NOTE: Caligaris (talia) fallisce un rigore al 60'
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4^ Amichevole 1926-1927
Torino (Campo Torino, corso Filadelfia), domenica 17 aprile 1927 ore 15.00
ITALIA-PORTOGALLO 3-1
MARCATORI: Levratto 20', Baloncieri 48', Levratto 70', Cambalacho 82'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Allemandi (Internazionale F.C., Milano); Barbieri (Genoa C. & F.C., Genova) (Pietroboni 46' [Internazionale F.C., Milano), Janni (F.B.C. Torino, Torino), Bigatto (Juventus F.C., Torino) (Sperone 46' [F.B.C. Torino, Torino]); Conti L. (Internazionale F.C., Milano), Baloncieri (F.B.C. Torino, Torino) (cap.), Schiavio (Bologna F.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore Augusto Rangone 
PORTOGALLO: Roquete (Casa Pia A.C., Lisboa); Pinho (Casa Pia A.C., Lisboa), Vieira J. (Sporting C.P., Lisboa); Figueiredo "Tamanqueiro" (S.L. Benfica, Lisboa), Silva A. (C.F. Belenenses, Lisboa), De Matos (C.F. Belenenses, Lisboa); Dos Santos L. (União Lisboa, Lisboa), Dos Santos J.(Vitória F.C., Setúbal) , Cambalacho (Vitória F.C., Setúbal), Silva Marques (C.F. Belenenses, Lisboa) (Pepe Soares 46' [C.F. Belenenses, Lisboa]), Martins M. (Sporting C.P., Lisboa). - Allenatore: Cândido Fernandes Plácido de Oliveira 
ARBITRO: František Cejnar (Cecoslovacchia)
SPETTATORI: 6.000
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5^ Coppa Internazionale (Dr. Gerö Cup) 1927-1928 - Torneo 1, 3ª partita
Genova (Campo Genoa), domenica 1 gennaio 1928 ore 14.40
ITALIA-SVIZZERA 3-2
MARCATORI: Libonatti 10', Abegglen II 38', Libonatti 58', Abegglen II 60', Magnozzi 68'
ITALIA: De Prà (Genoa C. & F.C., Genova); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Casale Foot Ball Club XI Legione M.V.S.N.) (cap.); Pietroboni (Internazionale F.C., Milano), Pitto (Bologna S.C., Bologna), Ferraris A. (A.S. Roma, Roma); Rivolta (Internazionale F.C., Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Libonatti (F.B.C. Torino, Torino), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore Augusto Rangone 
SVIZZERA: Séchehaye (Étoile Carouge F.C., Carouge); Dubouchet (Étoile Carouge F.C., Carouge), Ramseyer (F.C. Bern, Bern) (cap.); Geser (Servette F.C., Genève), Weiler II (Grasshopper-Club, Zürich), De Lavallaz (Grasshopper-Club, Zürich); Tschirren (Grasshopper-Club, Zürich), Abegglen III "Trello" (Étoile Carouge F.C., Carouge), Jäggi W. (Servette F.C., Genève), Abegglen II "Xam" (Grasshopper-Club, Zürich), Bailly (Servette F.C., Genève). - Allenatore: Commissione tecnica
ARBITRO: Stanley Rous  (Inghilterra)
SPETTATORI: 28.000
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6^ Olimpiadi (IX) 1927-1928 - Quarti
Amsterdam (Olympisch Stadion) campo neutro, venerdì 1 giugno 1928 ore 19.00
ITALIA-SPAGNA 1-1 - Dopo i tempi supplementari (0-1, 1-0; 0-0, 0-0)
MARCATORI: Zaldua 11', Baloncieri 63'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino), Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Casale Foot Ball Club XI Legione M.V.S.N.); Pietroboni (Internazionale F.C., Milano), Pitto (Bologna S.C., Bologna), Janni (F.B.C. Torino, Torino); Rivolta (Internazionale F.C., Milano), Baloncieri (F.B.C. Torino, Torino) (cap.), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Rossetti (F.B.C. Torino, Torino),  Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore Augusto Rangone 
SPAGNA: Jauregui (Arenas Club de Guecho, Guecho); Quincoces (C.D. Alavés, Vitoria-Gasteiz), Zaldúa (Real Sociedad, San Sebastian); Amadeo (Real Sociedad, San Sebastian), Antero (C.D. Alavés, Vitoria-Gasteiz), Legarreta (Athletic Club de Bilbao, Bilbao); Mariscal (Real Sociedad, San Sebastian), Regueiro L. (Real Unión Club de Irún, Irún), Yermo (Arenas Club de Guecho, Guecho) (cap.), Marculeta (Real Sociedad, San Sebastian), Kiriki (Real Sociedad, San Sebastian). - Allenatore Berraondo Insausti e Don Benito Díaz Iraola 
ARBITRO: Domingo Lombardi (Uruguay)
ESITO: Spareggio
SPETTATORI: 3388
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7^ Olimpiadi (IX) 1927-1928 - Quarti, spareggio
Amsterdam (Olympisch Stadion) - campo neutro, lunedì 4 giugno 1928 ore 14.00
ITALIA-SPAGNA 7-1
MARCATORI: Magnozzi 14', Schiavio 15', Baloncieri 18', Bernardini 40', Yermo 47', Rivolta 72', Levratto 76', Levratto 77'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino), Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Casale Foot Ball Club XI Legione M.V.S.N.); Pitto (Bologna S.C., Bologna), Bernardini (Internazionale F.C., Milano), Janni (F.B.C. Torino, Torino); Rivolta (Internazionale F.C., Milano), Baloncieri (F.B.C. Torino, Torino) (cap.), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore Augusto Rangone 
SPAGNA: Jauregui (Arenas Club de Guecho, Guecho); Quincoces (C.D. Alavés, Vitoria-Gasteiz), Zaldúa (Real Sociedad, San Sebastian); Amadeo (Real Sociedad, San Sebastian), Gamborena (Real Unión Club de Irún, Irún), Trino (Real Sociedad, San Sebastian); Bienzobas (Real Sociedad, San Sebastian), Cholin (Real Sociedad, San Sebastian), Yermo (Arenas Club de Guecho, Guecho) (cap.), Marculeta (Real Sociedad, San Sebastian), Robus (Arenas Club de Guecho, Guecho). - Allenatore Berraondo Insausti e Don Benito Díaz Iraola 
ARBITRO: Hans Samuel Boekman (Olanda)
ESITO: Qualificazione
SPETTATORI: 4770
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8^ Olimpiadi (IX) 1927-1928 - Semifinale
Amsterdam (Olympisch Stadion) - campo neutro, giovedì 7 giugno 1928 ore 19.00
URUGUAY-ITALIA 3-2
MARCATORI: Baloncieri 9', Cea 17', Campolo 28', Scarone 31', Levratto 60'
URUGUAY: Mazali (Club Nacional de Football); Canavesi (CA Bella Vista), Arispe (Rampla Juniors FC Montevideo); Andrade (Club Nacional de Football), Fernandez (CA Capurro Montevideo), Gestido (C.A. Peñarol); Urdinarán (Club Nacional de Football), Scarone (Club Nacional de Football), Petrone (Club Nacional de Football), Cea (Centro Atlético Lito Montevideo), Campolo (C.A. Peñarol). - Allenatore: Primo Giannotti
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino), Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Casale Foot Ball Club XI Legione M.V.S.N.); Pitto (Bologna S.C., Bologna), Bernardini (Internazionale F.C., Milano), Janni (F.B.C. Torino, Torino); Rivolta (Internazionale F.C., Milano), Baloncieri (F.B.C. Torino, Torino) (cap.), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore: Augusto Rangone 
ARBITRO: Willem Eymers (Olanda)
ESITO: Eliminazione
SPETTATORI: 15230
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9^ Olimpiadi (IX) 1927-1928 - Finale 3° posto
Amsterdam (Olympisch Stadion) - campo neutro, sabato 9 giugno 1928 ore 16.00
ITALIA-EGITTO 11-3
MARCATORI: Schiavio 6', Riad 12', Baloncieri 14', Riad 16', Banchero 19', Banchero 39', Schiavio 42', Banchero 44', Baloncieri 52', Schiavio 58', El Ezam 60', Magnozzi 72', Magnozzi 80', Magnozzi 88'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Bellini (Genoa C. & F.C., Genova), Caligaris (Casale Foot Ball Club XI Legione M.V.S.N.); Genovesi (Bologna S.C., Bologna), Bernardini (Internazionale F.C., Milano), Pitto (Bologna S.C., Bologna); Baloncieri (F.B.C. Torino, Torino) (cap.), Banchero (U.S. Alessandria, Alessandria), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Magnozzi (U.S. Livorno, Livorno), Levratto (Genoa C. & F.C., Genova). - Allenatore Augusto Rangone
EGITTO: Hamdi (Al-Ahly SC Cairo); Abaza (Al-Ahly SC Cairo), El-Souri (Al-Ittihad Alexandria), Ghomess (Tersana SC Giza); El-Hassani (Al-Ahly SC Cairo), Hassan (Al-Masry AC Port Said); El-Sayed Houda (Al-Ittihad Alexandria), Riyadh (Tersana SC Giza), El-Ezam (Tersana SC Giza), El-Zobair (Al-Ahly SC Cairo), Ismail Houda (Al-Ittihad Alexandria). 
ARBITRO: John L. Langenus  (Belgio)
RIGORI FALLITI: Bernardini 85 (Italia)
ESITO: Vinta Medaglia di Bronzo
SPETTATORI: 6378
NOTE: L'Italia vince la medaglia di bronzo. All'85°, sul 10-3 per l'Italia, Bernardini tira volontariamente fuori il calcio di rigore
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10^ Coppa Internazionale (Dr. Gerö Cup 1927-1930) - Torneo 1, 6ª partita
Bologna (Stadio Littoriale), domenica 3 marzo 1929 ore 15.00
ITALIA-CECOSLOVACCHIA 4-2
MARCATORI: Silný 18', Rossetti 26', Libonatti 33', Svoboda 40', Rossetti 61', Rossetti 80'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino) (cap.); Allemandi (S.S. Ambrosiana, Milano); Genovesi (Bologna S.C., Bologna), Janni (F.B.C. Torino, Torino), Pitto (Bologna S.C., Bologna); Conti L. (S.S. Ambrosiana, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Libonatti (F.B.C. Torino, Torino), Rossetti (F.B.C. Torino, Torino), Piccaluga (Modena F.C., Modena) - Allenatore Carlo Carcano 
CECOSLOVACCHIA: Josef Sloup "Štaplík" (S.K. Slavia, Praha); Burgr (A.C. Sparta, Praha), Hojer A. (A.C. Sparta, Praha); Jan Knobloch "Madelon" (A.C. Sparta, Praha), Karel Pešek "Káďa" (A.C. Sparta, Praha) (cap.), Čipera (S.K. Slavia, Praha); Václav Brabec "Baron" (A.C. Sparta, Praha), Svoboda (S.K. Slavia, Praha), Bejbl (A.F.K. Bohemians, Praha), Silný (A.C. Sparta, Praha), Josef Kratochvíl "Kráťa" (S.K. Slavia, Praha)  - Allenatore Rudolf Henčl
ARBITRO: Henri Christophe (Belgio)
SPETTATORI: 35.000
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11^ Coppa Internazionale (Dr. Gerö Cup 1927-1930) - Torneo 1, 7ª partita
Vienna (Hohe Warte Stadion), domenica 7 aprile 1929 ore 15.00
AUSTRIA-ITALIA 3-0
MARCATORI: Horvath 19', Weselik 23', Horvath 38'
AUSTRIA: Franzl (S.K. Admira, Wien); Schramseis (S.K. Rapid, Wien), Janda (S.K. Admira, Wien); Schott (S.K. Admira, Wien), Smistik (S.K. Rapid, Wien), Luef (S.K. Rapid, Wien); Siegl(S.K. Admira, Wien), Weselik (S.K. Rapid, Wien), Haftl (Teplitzer F.K., Teplice), Horvath (S.K. Rapid, Wien), Wessely (S.K. Rapid, Wien). - Allenatore Hugo Meisl
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Juventus F.C., Torino) (cap.); Pietroboni (S.S. Ambrosiana, Milano), Janni (F.B.C. Torino, Torino), Pitto (Bologna S.C., Bologna); Conti L. (S.S. Ambrosiana, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Libonatti (F.B.C. Torino, Torino), Rossetti (F.B.C. Torino, Torino), Piccaluga (Modena F.C., Modena) - Allenatore Carlo Carcano 
ARBITRO: Albert James Prince-Cox (Inghilterra)
SPETTATORI: 50.000
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12^ Amichevole 1928-1929
Torino (Stadio Campo Torino, corso Filadelfia), domenica 28 aprile 1929 ore 15.00
ITALIA-GERMANIA 1-2
MARCATORI: Rossetti 6', Hornauer 9', Frank 78'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Allemandi (S.S. Ambrosiana, Milano); Pietroboni (S.S. Ambrosiana, Milano), Sgarbi (Milan F.B.C., Milano), Pitto (Bologna S.C., Bologna); Conti L. (S.S. Ambrosiana, Milano), Della Valle (Bologna S.C., Bologna); Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (Busini [Bologna S.C., Bologna] 20'), Rossetti (F.B.C. Torino, Torino), Cevenini L. (Juventus F.B.C., Torino) (cap.) (Rivolta [S.S. Ambrosiana, Milano] 8') - 
GERMANIA: Stuhlfauth (1. F.C. Nürnberg, Nürnberg) (cap.); Beier (Hamburger S.V., Hamburg), Weber H. (S.V. Kurhessen 1893, Kassel); Geiger (1. F.C. Nürnberg, Nürnberg), Leinberger(Sp.Vgg. Fürth, Fürth), Knöpfle (F.S.V. Frankfurt, Frankfurt am Main); Albrecht E. (T.S.V. Fortuna, Düsseldorf), Hornauer (1. F.C. Nürnberg, Nürnberg), Pöttinger (F.C. Bayern, München), Frank (Sp.Vgg. Fürth, Fürth), Hoffman L. ( F.C. Bayern, München) - Allenatore dr. Otto Nerz 
ARBITRO: E. Gray  (Inghilterra)
SPETTATORI: 30.000
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13^ Amichevole 1931-1932
Parigi (Stade de Colombes), domenica 10 aprile 1932 ore 15.00
FRANCIA-ITALIA 1-2
MARCATORI: Liberati 11', Magnozzi 43', Costantino 52'
FRANCIA: Tassin (R.C. France, Colombes); Anatol (R.C. France, Colombes), Chardar (F.C. Sète, Sète); Scharwath (A.S. Strasbourg, Strasbourg), Kaucsar (S.O. Montpellier, Montpellier), Laurent J. (F.C. Sochaux-Montbéliard, Montbéliard); Liberati (Amiens A.C., Amiens), Bardot (A.S. Cannes, Cannes), Laurent L. (F.C. Sochaux-Montbéliard, Montbéliard), Langiller (Excelsior A.C., Roubaix) (cap.), Touffait (Stade Rennais U.C., Rennes) (Delfour 15' [R.C. France, Colombes])  - Allenatore Gaston Barreau 
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V.(A.S. Roma, Roma),Allemandi (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano); Pitto (A.C. Fiorentina), Ferraris A. (A.S. Roma, Roma), Bertolini(Juventus F.C., Torino); Costantino (A.S. Roma, Roma), Cesarini Schiavio (Bologna S.C., Bologna), Magnozzi (Milan F.C., Milano), Orsi (Juventus F.C., Torino).- Allenatore Vittorio Pozzo 
ARBITRO: René Mercet  (Svizzera)
SPETTATORI: 45.000
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14^ Amichevole 1932-1933
Bologna (Stadio Littoriale), domenica 1 gennaio 1933 ore 14.37
ITALIA-GERMANIA 3-1
MARCATORI: Rohr 2', Meazza 24', Costantino 27', Schiavio 58'
ITALIA: Gianni (Bologna S.C., Bologna); Monzeglio (Bologna S.C., Bologna), Gasperi (Bologna S.C., Bologna); Pizziolo (A.C. Fiorentina, Firenze), Monti L. (Juventus F.C., Torino(Colombari 39' [A.C. Napoli, Napoli]), Bertolini (Juventus F.C., Torino); Costantino (A.S. Roma, Roma), Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
GERMANIA: Jakob (S.S.V. Jahn, Regensburg) (Buchloh 59' [V.f.B. Speldorf, Mulheim an der Ruhr]); Haringer (F.C. Bayern, München), Wendl (T.S.V. München 1860, München); Gramlich  (S.G. Eintracht, Frankfurt am Main), Leinberger (Sp.Vgg. Fürth, Fürth) (cap.), Knöpfle (F.S.V. Frankfurt, Frankfurt am Main); Bergmaier (F.C. Bayern, München), Krumm (F.C. Bayern, München), Rohr (F.C. Bayern, München), Malik (S.u.S.V. Beuthen 09, Beuthen => Bytom), Kobierski (T.S.V. Fortuna, Düsseldorf) - Allenatore dr. Otto Nerz  
ARBITRO: Louis André Baert (Belgio)
SPETTATORI: 30.000
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15^ Coppa Internazionale (Dr. Gerö Cup 1933-1935) - Torneo 3, 1ª partita
Ginevra (Stade des Charmilles), domenica 2 aprile 1933 ore 15.00
SVIZZERA-ITALIA 0-3
MARCATORI: Schiavio 35', Schiavio 60', Meazza 75'
SVIZZERA: Séchehaye (Servette F.C., Genève); Minelli (Grasshopper-Club, Zürich), Weiler I(Grasshopper-Club, Zürich); Gilardoni (F.C. Lugano, Lugano), Baumgartner (Grasshopper-Club, Zürich), Rauch (Grasshopper-Club, Zürich); Von Känel (F.C. Biel, Biel = Bienne), Passello (Servette F.C., Genève), Poretti A. (F.C. Lugano, Lugano), Abegglen II "Xam" (Grasshopper-Club, Zürich), Jäck (F.C. Basel, Basel). - Allenatore Commissione tecnica della Federazione
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Juventus F.C., Torino) (cap.); Pizziolo (A.C. Fiorentina, Firenze), Monti L. (Juventus F.C., Torino, Bertolini (Juventus F.C., Torino); Costantino (A.S. Roma, Roma), Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
ARBITRO: Louis André Baert (Belgio)
SPETTATORI: 24.000
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16^ Coppa Internazionale (Dr. Gerö Cup 1933-1935) - Torneo 3, 2ª partita
Firenze (Stadio Giovanni Berta), domenica 7 maggio 1933 ore 15.30
ITALIA-CECOSLOVACCHIA 2-0
MARCATORI: Ferrari G. 41', Schiavio 44'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Juventus F.C., Torino) (cap.); Pizziolo (A.C. Fiorentina, Firenze), Monti L. (Juventus F.C., Torino, Bertolini (Juventus F.C., Torino); Costantino (A.S. Roma, Roma), Serantoni (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano),  Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
CECOSLOVACCHIA: Plánička (S.K. Slavia, Praha) (cap.); Burgr (A.C. Sparta, Praha), Čtyřoký  (A.C. Sparta, Praha); Kostalek (A.C. Sparta, Praha), Čambal (S.K. Slavia, Praha), Knobloch "Madelon" (A.C. Sparta, Praha); Junek (S.K. Slavia, Praha), Hes (S.K. Viktoria, Plzeň), Nejedlý  (A.C. Sparta, Praha),  Silný (A.C. Sparta, Praha), Hromádka  (S.K. Kladno, Kladno ). - Allenatore Karel Petrů 
ARBITRO: Louis André Baert (Belgio)
SPETTATORI: 25.000
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17^ Amichevole 1932-1933
Roma (Stadio Nazionale del P.N.F. [Partito Nazionale Fascista]), sabato 13 maggio 1933 ore 15.30
ITALIA-INGHILTERRA 1-1
MARCATORI: Ferrari G. 4', Bastin 54'
ITALIA: Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V. (Juventus F.C., Torino), Caligaris (Juventus F.C., Torino) (cap.); Pizziolo (A.C. Fiorentina, Firenze), Monti L. (Juventus F.C., Torino, Bertolini (Juventus F.C., Torino); Costantino (A.S. Roma, Roma), Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
INGHILTERRA: Hibbs (Birmingham F.C., Birmingham); Goodall (Huddersfield Town A.F.C.,  Huddersfield) (cap.), Hapgood (Arsenal F.C., London), Strange (Sheffield Wednesday F.C., Sheffield), White (Everton F.C., Liverpool), Copping (Leeds United A.F.C., Leeds), Geldard (Everton F.C., Liverpool), Richardson J. (Newcastle United F.C., Newcastle upon Tyne), Hunt (Tottenham Hotspur F.C., London), Furness (Leeds United A.F.C., Leeds), Bastin (Arsenal F.C., London). - Allenatore Herbert Chapman
ARBITRO: Peter Joseph dr. "Peco" Bauwens (Germania)
SPETTATORI: 50.000
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18^ Campionati Mondiali 1933-1934 - Ottavi
Roma (Stadio Nazionale del P.N.F. [Partito Nazionale Fascista]), domenica 27 maggio 1934 ore 15.00
ITALIA-USA 7-1
MARCATORI: Schiavio 18', Orsi 20', Schiavio 29', Donelli 57', Ferrari G. 63', Schiavio 64', Orsi 69', Meazza 90'
ITALIA:  Combi (Juventus F.C., Torino); Rosetta V.(A.S. Roma, Roma), Allemandi (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano); Pizziolo (A.C. Fiorentina, Firenze), Monti L. (Juventus F.C., Torino, Bertolini (Juventus F.C., Torino); Guarisi (S.S. Lazio, Roma), Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
USA: Hjulian (Chicago Wonderbolts); Czerkiewicz (Pawtucket Rangers), Moorehouse (New York Americans) (cap.), Pietras (Philadelphia German-Americans); Gonsalves (St. Louis Stix, Baer & Fuller), Florie (Pawtucket Rangers), Ryan (Philadelphia German-Americans); Nilsen (St. Louis Stix, Baer & Fuller), Donelli (Pittsburgh Curry Silver Tops), Dick (Pawtucket Rangers), McLean (St. Louis Stix, Baer & Fuller). - Allenatore David Gould
ARBITRO: René Mercet (Svizzera)
SPETTATORI: 20.000
ESITO: Qualificazione
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19^ Campionati Mondiali 1933-1934 - Quarti
Firenze (Stadio Giovanni Berta), giovedì 31 maggio 1934 ore 15.00
ITALIA-SPAGNA 1-1 - Dopo i tempi supplementari
MARCATORI: Regueiro L. 31, Ferrari G. 45
ITALIA: Combi (Juventus F.B.C., Torino) (cap.); Monzeglio (Bologna S.C., Bologna), Allemandi (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano); Pizziolo (A.C. Fiorentina, Firenze), Monti L. (Juventus F.C., Torino), Castellazzi (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano); Guaita (A.S. Roma, Roma),  Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
SPAGNA: Zamora (Madrid F.C., Madrid) (cap.); Ciriaco (Madrid F.C., Madrid), Quincoces(Madrid F.C., Madrid); Cilaurren (Athletic Club de Bilbao, Bilbao), Muguerza (Athletic Club de Bilbao, Bilbao), Fede (Sevilla F.C., Sevilla); Lafuente (Athletic Club de Bilbao, Bilbao), Iraragorri (Athletic Club de Bilbao, Bilbao), Langara (Oviedo F.C., Oviedo), Regueiro L. (Madrid F.C., Madrid), Gorostiza (Athletic Club de Bilbao, Bilbao). - Allenatore Amadeo García Salazar 
ARBITRO: Louis André Baert (Belgio)
SPETTATORI: 35.000
ESITO: Spareggio
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20^ Campionati Mondiali 1933-1934 - Semifinale
Milano (Stadio San Siro), domenica 3 giugno 1934 ore 15.00
ITALIA-AUSTRIA 1-0
MARCATORI: Guaita 19'
ITALIA: Combi (Juventus F.B.C., Torino) (cap.); Monzeglio (Bologna S.C., Bologna), Allemandi (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano); Ferraris A. (A.S. Roma, Roma), Monti L. (Juventus F.C., Torino, Bertolini (Juventus F.C., Torino); Guaita (A.S. Roma, Roma),  Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
AUSTRIA: Platzer (S.K. Admira, Wien); Cisar (Wiener A.C., Wien), Sesta (Wiener A.C., Wien); Wagner (S.K. Rapid, Wien), Smistik (S.K. Rapid, Wien) (cap.), Urbanek (S.K. Admira, Wien); Zischek (S.C. Wacker, Wien), Bican (S.K. Rapid, Wien), Sindelar (F.K. Austria, Wien), Schall (S.K. Admira, Wien), Viertl (F.K. Austria, Wien). - Allenatore Hugo Meisl
ARBITRO: Ivan Henning Hjalmar Eklind (Svezia)
SPETTATORI: 45.000
ESITO: Qualificazione
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21^ Campionati Mondiali 1933-1934 - Finale
Roma (Stadio Nazionale del P.N.F. [Partito Nazionale Fascista]), domenica 10 giugno 1934 ore 15.00
ITALIA - CECOSLOVACCHIA 2-1 - Dopo i tempi supplementari
MARCATORI: Puc 71', Orsi 81', Schiavio 95'
ITALIA: Combi (Juventus F.B.C., Torino) (cap.); Monzeglio (Bologna S.C., Bologna), Allemandi (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano); Ferraris A. (A.S. Roma, Roma), Monti L. (Juventus F.C., Torino, Bertolini (Juventus F.C., Torino); Guaita (A.S. Roma, Roma),  Meazza (A.S. Ambrosiana-Inter, Milano), Schiavio (Bologna S.C., Bologna) (cap.), Ferrari G. (Juventus F.B.C., Torino), Orsi (Juventus F.B.C., Torino). - Allenatore Vittorio Pozzo
CECOSLOVACCHIA: Plánička (S.K. Slavia, Praha) (cap.); Ženíšek (S.K. Slavia, Praha),  Čtyřoký (A.C. Sparta, Praha); Košťálek (A.C. Sparta, Praha) Čambal (S.K. Slavia, Praha), Krčil (S.K. Slavia, Praha);  Junek (S.K. Slavia, Praha), Svoboda (S.K. Slavia, Praha), Sobotka (S.K. Slavia, Praha), Nejedlý (A.C. Sparta, Praha), Puč (S.K. Slavia, Praha). - Allenatore Karel Petrů 
ARBITRO: Ivan Henning Hjalmar Eklind (Svezia)
SPETTATORI: 43.818
ESITO: Vinti Campionati Mondiali
NOTE: L'Italia è Campione del Mondo per la prima volta