martedì 28 ottobre 2008

Carlo Reguzzoni



Carlo Reguzzoni nacque a Busto Arsizio, in provincia di Varese, il 6-6-1908. Si era messo in evidenza fin da giovanissimo con la maglia della Pro Patria, la celebre squadra di Busto con le caratteristiche maglie a righe orrizzontali biancoblù. E' stato senza ombra di dubbio una delle migliori ali sinistre del calcio mondiale di tutti i tempi. Inizialmente si dedicò al ciclismo, sport che ad inizio del secolo scorso suscitava maggiore interesse, con campioni come Girardengo e Ganna che infiammavano la fantasia ed anche sulle due ruote dimostrava di avere stoffa; poi fu attirato dal "foot-ball" e cominciò la sua fantastica carriera. Talento precoce, fece il suo esordio in prima squadra nel 1924 a sedici anni e mezzo a Milano contro l'U.S. Milanese, giocando da ala sinistra in una partita vinta dalla Pro per 4-2 grazie proprio da una sua doppietta. Sin da subito si mise in mostra per la qualità tecnica superiore a tutti supportata da una velocità di esecuzione non indifferente e da una corsa da scattista puro; forse per gli esteti non aveva un bello stile nella corsa, si muoveva con le braccia larghe e tendeva ad ingobbirsi a causa del suo fisico ossuto ma fasciato da muscoli da velocista, con il torace prominente che lo faceva assomigliare vagamente a Fausto Coppi e come lui aveva lunghe leve che quando venivano innestate lasciavano sul posto gli avversari. In campo era un generoso nonostante avesse grandi doti tecniche ed innato senso del goal, non era uno innamorato del pallone e con i suoi assist e le fughe sulla fascia seguite da cross perfetti permise a Schiavio e Puricelli di segnare caterve di goal nel Bologna. Dopo il suo esordio in prima squadra divenne titolare inamovibile e con i suoi goal trascinò la Pro alla prima storica promozione in Serie A. Nella magnifica stagione 1928-29, su 68 reti siglate dalla Pro che portarono al conseguimento del 5° posto finale in Div. Naz. A, ben 32 hanno la firma di Carletto Reguzzoni in 30 partite giocate, dove giostrando sia da centrocampista avanzato, sia come ala sinistra diventò vice-capocannoniere della massima serie. Ventiduenne divenne l'oggetto del desiderio dei maggiori clubs italiani, così nel 1930 passò al Bologna per la cifra record per il tempo di 80.000 Lire, un importo che ai tempi suscitò vero scalpore, fu il primo vero passaggio record della storia calcio Italiano, equivalente dei grandi trasferimenti che hanno segnato le varie ere calcistiche. In realtà doveva passare inizialmente al Milan per cui stava per firmare il contratto, invece passò ai rossoblù con cui esordì il 28-9-1930 in Bologna -Triestina 6-1 (doppietta per lui) e nei quali rimase ben 16 stagioni; vincendo 4 scudetti 2 Coppe Europa nel 1932 e 1934 (la Champions' League dell'epoca) ed il Trofeo dell'Esposizione di Parigi battendo 4 a 1 il Chelsea con una sua magnifica tripletta. Nel 1934 la vittoria del Bologna contro l'Admira Vienna in 5-1 in Coppa Europa, porta ben tre volte il suo nome nel cartellino dei marcatori.

Hugo Meisl consacra Reguzzoni

Sul temuto campo del "Littoriale", formò con Monzeglio, Schiavio, Montesanto, Puricelli, Fedullo, Sansone, Biavati "lo squadrone che tremare il mondo fa", diventando per un decennio uno dei miglior realizzatori del campionato italiano ed il secondo miglior marcatore di sempre nella storia del Bologna. Nel 1934, forse l'apice della sua carriera, era diventato inarrestabile per tutti i difensori italiani e stranieri, sempre più grande e finissimo palleggiatore, con un fiuto del gol straordinario, diventò "l'uomo di coppa" di quel meraviglioso Bologna che mieteva allori a livello internazionale. Hugo Meisl, il leggendario allenatore del "Wunderteam" austriaco, definì Reguzzoni "la migliore ala sinistra del continente". Nella Coppa Europa, che si disputava in estate, segnò gol a grappoli favorito dai terreni asciutti che prediligeva, sui quali poteva fare valere tutta la sua maestria e arte nel dribbling. Subì infortuni gravissimi e ricoveri in ospedale. Prima di una partita di Coppa Europa gli venne svuotata la capsula del ginocchio da una siringa intera di liquido sinoviale, ma rinacque, da generosissimo atleta dalle mille vite quale fu. In Nazionale non ebbe purtroppo molta fortuna e questo gli offuscò gran parte della sua fama, il C.T. Pozzo gli preferì stranamente prima l'oriundo argentino "Mumo" Orsi, che giocava nella Juve e che probabilmente essendo lui torinese poteva vedere giocare più spesso e Colaussi e così non fece parte della nazionale bi-campione del Mondo del 34-38, solo 2 volte vestì la maglia azzurra 1 con la B ed 1 con la A contro Romania e Francia, a 32 anni quasi fosse un contentino alla carriera. Il 14 aprile 1946 disputerà la sua ultima partita in maglia rossoblù, a Genova contro il Genoa, partita persa per 3 a 0, prima di fare ritorno alla vecchia Pro Patria dei suoi esordi, nella quale tra serie B e serie A giocherà fino a 40 anni, terminando la carriera nel 1947-48. In serie A ha segnato 155 reti in 401 partite con la maglia di Bologna e Pro Patria con una percentuale impressionante del 49% di realizzazione nel rapporto tra presenze e reti segnate, è tuttora al 15° posto dei migliori marcatori di tutti i tempi del campionato italiano. Allenò poi per breve tempo le giovanili della Pro dal 50 al 54 e la prima squadra l'anno successivo. Per poi ritirarsi dall'ambiente definitivamente, gestendo per decenni un negozio in via XX° Settembre a Busto Arsizio, la sua città. Carlo Reguzzoni è scomparso il 16 dicembre 1996 all'età di 88 anni.

Carlo Reguzzoni giocò nel Bologna dal campionato 1930-31 al campionato 1945-46, con 417 presenze e 167 gol tra campionato e coppe. Campione d'Italia nel 1935-36, 1936-37, 1938-39, 1940-41; vincitore della Coppa Europa nel 1932 e 1934, e del Torneo dell'Esposizione di Parigi nel 1937. 1 partita in Nazionale A (Italia-Romania 2-1, giocata a Roma il 14-4-1940) e una in Nazionale B (Francia sud-est- Italia 2-2, giocata a Marsiglia nel dicembre del 1937). Allego alcuni articoli che raccontano meglio le gesta di questo grande campione.

"Solo Schiavio fece più gol di Carletto"
di Renato Lemmi Gigli, tratto dal libro sui 90 anni del Bologna.

"La faccenda andò pressapoco così. Nell'estate del 1930 il Bologna, volendo rinforzare la squadra che in campionato non era andata troppo bene, decise di mandare Felsner a Busto Arsizio a trattare l'acquisto di Reguzzoni, un' ala-mezzala che l'anno prima aveva realizzato 13 gol in serie A. Il mago dunque partì e alla stazione di Milano nel cambiare treno (quando si dice il destino) chi ti va a incontrare? "Oh, caro Reguzzoni, come mai qui, dove va di bello? (Felsner ai giocatori dava sempre rispettosamente del lei). "Dovrei passare qui dal Milan per mettermi d'accordo..." fece l'altro, che forse cominciava a sintonizzarsi sull'onda del dottore. "Ma perchè vuole andare al Milan, venga a Bologna, si sta bene, vedrà che rimarrà soddisfatto!" Tranne il Milan, rimasero soddisfatti tutti: Felsner, il Bologna, i bolognesi e naturalmente anche Reguzzoni, che da lì a quattro anni spopolando in Coppa Europa, avrebbe fatto esclamare a un tecnico come Hugo Meisl: "Ma questa è la migliore ala del continente!". Carlo Reguzzoni, che i petroniani chiamavano affettosamente Carletto aveva una particolarità. Che andava in piena forma verso primavera, quando l'erba cominciava a verdeggiare sui campi, e dopo era tutto un crescendo rossiniano. Si spiegano così le sue esplosioni in coppa, che si giocava di luglio in piena canicola. Già nella vittoriosa edizione del 1932 Reguzzoni aveva fatto la sua parte, in quei due grossi successi su Sparta Praga e First Vienna. Ma dove raggiunse punte di rendimento eccezionali fu nel 1934, quando il Bologna infilò uno dopo l'altro il Bocskay di Debreczin (Ungheria), il Rapid Vienna, il Ferencvaros di Budapest e l'Admira Vienna e Reguzzoni, scatenato, segnò, tranne che a Budapest, uno o due gol in tutte le altre sette partite. Successe anche che nella prima finale al Prater Carletto si infortunasse ad un ginocchio e che questo si gonfiasse per la presenza di liquido sinoviale. Il Bologna, in vantaggio per 2-0 al riposo (secondo gol di Reguzzoni per l'appunto), s'era fatto rimontare all'inizio di ripresa, reggendo poi a denti stretti sul 2-3. E ora la probabilissima assenza dell'ala gettava un'ombra cupa sul match di ritorno in programma quattro giorni dopo al Littoriale. L'allenatore, che era l'ungherese Laszlo Kovacs, non perse tempo. All'indomani portò Reguzzoni a Budapest, lo fece siringare per bene e tre giorni dopo Carletto, come se niente fosse, sgominava gli austriaci con tre gol dei suoi che, aggiunti al primo di Maini e al quarto di Fedullo, composero il trionfale 5-1 rossoblù. Dopo le coppe vennero gli scudetti, quattro in sei anni, con Reguzzoni sempre più carta vincente, vero miracolo di classe, non solo ma anche di longevità atletica, capace addirittura di migliorarsi con il trascorrere delle stagioni. Basti dire che i 9 gol del 1934 (parliamo solo di campionato) diventano 12 nel 1937, 15 nel 1938 e 17 nel 1941! Ad un certo punto Vittorio Pozzo, che per tutta la vita gli aveva preferito Orsi prima e Colaussi dopo, non poté proprio fare a meno di convocarlo. Fu così che Reguzzoni a 32 anni fece il suo debutto in Nazionale, giocando Italia-Romania (2-1) a Roma il 14 aprile 1940, prima e unica partita in azzurro, a parte un'altra isolata apparizione nella squadra cadetta nel dicembre del 1937 a Marsiglia, 2-2 con la Francia Sud-Est. Ma le soddisfazioni non erano terminate. L'anno seguente la convocazione in Nazionale, arrivò l'ultimo scudetto della serie, vinto dal Bologna con una formazione zeppa di veterani. "E nel posto di Reguzzoni?", chiesero a Dall'Ara che stava appunto anticipando i necessari ricambi. "No", si schermì il commendatore "quello gioca altri quattro anni. Se prendo un altro rischia di rovinarsi a far anticamera...". Non era una boutade. Reguzzoni infatti giocò a 38 anni anche il primo campionato del dopoguerra (1945-46) prima di tornare a Busto a concludere la carriera nella sua vecchia Pro Patria. Veramente un giocatore per molti versi ineguagliabile. Tecnicamente lo si potrebbe sintetizzare in tre parole: palleggio, velocità, stangata. E aggiungiamoci anche un buonissimo carattere (un vero buontempone) e tanto estro. Scriveva Ettore Berra, uno che se ne intendeva: "Se ne va dal suo posto di estrema, piega verso l'interno del campo, passa fra i compagni che non sanno se andargli incontro o fargli largo, porta la ventata della sorpresa, disorienta per un attimo tutti e fa rizzare sui sedili la folla". La sua utilità si misurava anche nelle punizioni, sempre tese e piazzate, e nei calci di rigore che lui trasformava invariabilmente tirando sulla destra del portiere a fil di palo, venti centimetri da terra. I portieri lo sapevano ma, senza muoversi prima, nessuno poteva arrivarci. Le statistiche gli assegnano 16 rigori realizzati su 23, ma forse la percentuale è migliore. Rigorosamente esatto invece il numero dei suoi gol nel Bologna, che sono stati 145 in campionato e 22 nelle coppe e tornei vari, per un totale di 167 centri (in 417 partite) che ne fanno in assoluto il secondo goleador rossoblù dopo Schiavio".

Infine un articolo tratto dal libro "Il mezzo secolo del Bologna" in cui Reguzzoni ricorda i bei tempi in maglia rossoblù.

"È difficile rammentare i molti episodi avvenuti durante la mia lunga permanenza nelle file rosso-blu, episodi a cui sono legati tanti cari ricordi. Comunque la Coppa di Europa vinta nel 1934 è quella che mi ha procurato le maggiori soddisfazioni. Infatti al termine della stessa mi fu regalato da alcuni tifosi un piccolo cannone per avere segnato durante le 8 partite, complessivamente 12 reti. Fu in quell'epoca, forse la migliore della mia carriera, che Hugo Meisl ebbe, in un suo articolo, parole piene di elogio al mio indirizzo. Era allora il periodo in cui il Comm. Dall'Ara era diventato Presidente della Società e la nostra squadra si presentava come una grande famiglia che riportava le più brillanti vittorie. Era il Bologna dei tempi migliori! Mi dispiace che in questa rassegna mancherà uno scritto personale dell'inseparabile amico Giordano Corsi, del quale rimangono indimenticate la bontà e l'allegria. Nella speranza che l'armonia che sempre regnò tra noi e ci portò alle vittorie più belle, sia d'esempio per il nuovo Bologna, invio i migliori auguri di un ottimo campionato".

lunedì 20 ottobre 2008

Alberto Giordani


Alberto Giordani nacque a Bologna il 19 aprile 1899. Si mise subito in mostra come mediano nel Gruppo Sportivo Bolognese, sodalizio fondato da Giulio Gotti, una delle tante squadre che gravitavano tra Bologna e la prima periferia. Il G.S. Bolognese era un'ottima squadra: tra le sue file militava un altro giocatore che avrebbe di lì a poco scritto la storia del Bologna F.C., la forte ala Giuseppe Martelli. La squadra giocava con una maglia a scacchi bianco-neri (come quella dell'U.S.M.) e il campo di gioco era quello della Cesoia, l'antico ground del Bologna F.C. che da tempo si era  trasferito  allo Sterlino. Nel 1920 il G.S.B si fuse con la Virtus Bologna, prendendo la denominazione ufficiale di Virtus Gruppo Sportivo Bolognese, e venne rifondata la sezione calcio virtussina, che mantenne la maglia a scacchi bianco-nera (diventerà bianco-azzurra a strisce il campionato successivo). Giordani si ritrovò a giocare con altri futuri protagonisti in rosso-blu, come Paulo "Pippo" Innocenti - difensore nato e cresciuto in Brasile da genitori originari di Bologna e proveniente dal C.A. Paulistano, gloriosissima squadra dalla maglia bianco-rossa che vinse tutto negli anni Dieci e Venti del Novecento, tra le cui file militava l'asso Arthur Friedenreich, uno dei più grandi cannonieri di tutti i tempi - e Muzzioli, e si impose all'attenzione di tutti come un grande centrocampista, un mediano tosto dotato anche di ottima tecnica. Dal campionato della ripartenza post-bellica, 1919-1920, si giocarono svariati derby stracittadini tra Bologna F.C., Nazionale Emilia F.B.C. e G.S. Bolognese, derbies nei quali Giordani fu spesso protagonista. Al termine del campionato 1923-24, con la Virtus retrocessa sul campo e dopo che la F.I.G.C. impose al club sanzioni durissime per un presunto caso di illecito sportivo, la casa madre decise di sciogliere la sezione calcio virtussina, che poi fu anche radiata. Giordani si ritrovò così senza squadra, ma Hermann Felsner, il "mago" austriaco del Bologna al quale non sfuggiva nulla, si ricordò del talento di quel bel mediano della V nera e lo fece ingaggiare immediatamente per la causa a strisce rosso-blu. Giordani impose subito i diritti della sua classe portando via il posto a Spadoni, ottimo mediano sinistro del Bologna per diversi campionati.

Nel Bologna a fianco di Baldi e Genovesi

Il trio di mediana Genovesi-Baldi-Giordani dopo pochi mesi di intesa dettava già legge, fu subito protagonista a livello nazionale. In difesa erano un muro e in attacco spingevano all'unisono con un ritmo impressionante, il tutto sotto la regia e i ricami stilistici di Gastone Baldi. Giordani giocò tre stupendi campionati in rosso-blu: nel suo primo anno, 1924-25, divenne campione d'Italia battendo nella Finale Nazionale l'Alba Roma, dopo avere superato l'ostacolo delle mitiche cinque finali di Lega Nord contro il Genoa. Nella seconda annata, nel 1925-26, ancora un'altra finale di Lega Nord, persa questa volta in tre partite contro la Juventus del grande magiaro Ferenc Hirzer. Nel terzo campionato disputato da Giordani, 1926-27, il Bologna arrivò secondo dietro al Torino (a cui sarà revocato lo scudetto per un caso di corruzione e scommesse) per 2 soli punti. Un percorso esaltante di una grandissima squadra, di cui Alberto Giordani era uno dei perni insostituibili. Fece il suo esordio in azzurro con la Nazionale B, il 17 aprile 1927 ad Esch-sur-Alzette contro il Lussemburgo, assieme ai suoi compagni di club Genovesi e Gianni, partita vinta dall'Italia per 1-5. Si accorse di lui anche il commissario unico della Nazionale A, Augusto Rangone, che lo convocò per l'amichevole contro la Spagna del 29 maggio 1927, la partita dell'inaugurazione sportiva del Littoriale, proprio nella sua Bologna. Per lui fu una soddisfazione immensa: la Nazionale, la sfida alla Spagna di Zamora, un sogno che si realizzava. La partita terminò 2-0 per gli azzurri, Giordani venne schierato nella formazione titolare e compose la linea mediana azzurra con il suo compagno di club Pietro Genovesi e con Fulvio Bernardini, il centromediano dai "piedi buoni" della Roma, futuro protagonista di un capitolo meraviglioso del club bolognese. Ma appena sei mesi dopo, l'otto novembre del 1927, dopo giorni di agonia, Giordani venne stroncato dalla meningite a soli 28 anni. Un dramma immenso per il Bologna, che perse così uno dei suoi giocatori migliori e un ragazzo d'oro. Un grande campione della storia rosso-blu.

La breve commemorazione del giornalista Nino Maggi, tratta dalla "cronaca sportiva" del mensile edito dal Comune di Bologna nel novembre del 1927.

"...Chiudiamo con una notizia triste: la morte di Alberto Giordani. È questo un lutto grave per lo sport cittadino che perde nel compianto "Bertuccio" un atleta valoroso, leale e sincero che tanto aveva contribuito a valorizzare il Bologna in questi ultimi anni. I rimasti, i suoi compagni di squadra, per onorarlo degnamente, dovranno fare una cosa sola: cercare d'imitarlo".

Squadra Nazionale B batte Lussemburgo: 5-1 

(Servizio speciale de « La Stampa») 

Esch di Lussemburgo, 18 mattino. 

L'attesissimo match Italia-Lussemburgo si è svolto, fra la più viva curiosità, davanti a circa ottomila persone. Ma prima di passare al resoconto della partita, che segnò un trionfale successo degli italiani, sarà opportuno dedicare alcune note di cronaca alle accoglienze tributate ai nostri atleti. Entusiastiche accoglienze. Non è esagerato dire che mai una squadra nazionale italiana è stata accolta all'estero con tanto spontaneo entusiasmo e con tanta sincera amicizia. Sabato sera, alla stazione di Lussemburgo, cinque mila persone, fra le quali un buon migliaio di Italiani, sostavano per porgere il saluto augurale alla comitiva « azzurra ». Erano presenti fra gli altri S. A. R. il Principe Felice con le autorità politiche e sportive del Granducato, il vice-console d'Italia cav. Claude, nonché i rappresentanti della colonia italiana e del Fascio di Lussemburgo. All'arrivo del treno le musiche italiane intonarono la Marcia reale. Il presidente della Federazione calcistica lussemburghese pronunciò un breve discorso di saluto, al quale ha risposto l'ing. Graziani della Delegazione italiana. Si formò quindi un corteo che fra l'entusiasmo del popolo, fatto segno a lanciò continuo di fiori, si recò al Municipio, dove il borgomastro di Lussemburgo, dott. Wilhelm, fece una bellissima improvvisazione, rendendo omaggio all'Italia ringiovanita e alla gioventù sportiva dell'Italia nuova. A lui ha risposto commosso il vice-console d'Italia cav. Claude. Alla fine l'ing. Graziani ha di nuovo ringraziate le autorità lussemburghesi a nome della Federazione italiana.

La partita 

Si lieti auspici si sono sanzionati e maturati nella partita di ieri, che, come dissi, riuscì una grande, insperata affermazione per il nostro sport calcistico.  Gli « azzurri » hanno infatti saputo strappare una clamorosa meritata vittoria per cinque goals a uno. Sul campo del F.C. Jeunesse di Esch sur Alzette, prima gli azzurri e poi i lussemburghesi, entrano accolti da scroscianti, interminabili applausi. La musica italiana « Garibaldina » dà il saluto con la marcia reale e l'inno nazionale locale. Sono le 15. Le squadre si allineano agli ordini dell'arbitro tedesco dott. Bauwens nelle seguenti formazioni:

Italia: Gianni; Zanello, Bellini; Genovesi, Burlando, Giordani; Munerati, Vojak, Pastore, Cevenini III e Rivolta. 
Lussemburgo: Harry; Kirsch. Schreiner; Koetz, Feuerstain, Kremer; Lambert, Kiefer, Kirpel, Weissgerber, Schut.

I nostri iniziano con una serie di attacchi che si infrangono però contro la difesa del Lussemburgo. Al secondo minuto su una discesa di Munerati, Vojak riprende al volo e il pallone sibila a fil di palo. Il Lussemburgo reagisce energicamente e perviene a creare una pericolosa situazione davanti a Gianni. Il centro attacco lussemburghese, solo davanti al portiere, manda però fortissimo a lato. Poi su una discesa in linea Cevenini III spara una cannonata che il portiere para a malapena in tuffo. L'ala destra lussemburghese scende a sua volta verso Gianni, scarta Zanello, ma manda alto, mancando cosi una preziosa occasione di segnare. Oltre ad opporre una tenace resistenza agli attacchi azzurri, i lussemburghesi riescono ora a tenere il giuoco con alcune discese che creano mischie pericolose nell'area di rigore italiana. Un bolide di Kirpel al decimo minuto scuote l'asta trasversale ma il pallone è ripreso da Bellini che allontana la minaccia. Al quindicesimo minuto su una nuova discesa in linea del quintetto italiano Cevenini, ricevuto il pallone da Vojak, spara da diciotto metri. Il pallone si adagia in fondo alla rete ma l'arbitro non accorda il punto avendo fischiato prima l'ofside. La linea d'attacco azzurra è costantemente nell'area avversaria ma si attarda incomprensibilmente in combinazioni inutili e sembra che voglia addirittura entrare in porta col pallone. Il pubblico si entusiasma al giuoco brillante degli avanti italiani, specialmente alle bellissime trame di passaggi fra Cevenini e Rivolta. Una paurosa melée al 19.o minuto davanti alla porta lussemburghese è salvata dal portiere che si getta a capofitto nella mischia e riesce ad impossessarsi del palone. Parecchie occasioni non sono sfruttate dagli avanti italiani per soverchie combinazioni. Il portiere lussemburghese para in modo brillante due fortissimi tiri di Pastore e Munerati. Poi ecco, improvvisa, una discesa dell'ala sinistra lussemburghese che scavalca Zanello e passa al centro dove il mezzo destro da dieci metri non riesce a far di meglio che tirare a lato.

Giordani-Rivolta-Cevenini ed è gol

Al 29.o minuto Rivolta, avuto il pallone da Giordani, scende veloce lungo la linea, converge al centro e a quattro metri dalla porta passa a Cevenini il quale infila imparabilmente la rete lussemburghese. I lussemburghesi non si scoraggiano, anzi riescono a portare alcuni pericolosi attacchi verso la rete di Gianni, ma la difesa italiana è all'altezza della situazione e salva. Tre corner contro l'Italia e altrettanti contro il Lussemburgo non hanno alcun esito. Nemmeno due discese del quintetto italiano cambiano il risultato e cosi termina il primo tempo. La ripresa vede subito due rabbiosi, veloci attacchi degli azzurri che culminano con due tiri di Cevenini e Munerati. Il portiere lussemburghese in uno sforzo supremo para ambedue i bolidi. Al terzo minuto il terzino lussemburghese Schreiner tocca il pallone con la mano e l'arbitro accorda il calcio di rigore che da Cevenini è tramutato in goal con un tiro fortissimo. I lussemburghesi danno segni evidenti di stanchezza mentre la squadra italiana è ancora freschissima. Gli avanti azzurri sono ora costantemente nell'area avversaria e bombardano la rete lussemburghese, dove però ti portiere, rivelatosi giuocatore di gran classe, si difende come un leone. Cevenini e Rivolta con due tiri battono contro il palo trasversale che rimanda il pallone in campo. Ora alcuni attacchi isolati dei lussemburghesi creano situazioni pericolose perchè i terzini italiani sono spostati troppo in avanti. Però gli avanti lussemburghesi, facendo prova di una imprecisione enorme, mancano alcune facili occasioni. La superiorità italiana è ora schiacciante, ma al ventesimo minuto l'errore di piazzamento dei terzini nostri costa all'Italia un punto. L'ala sinistra lussemburghese, scappata alla vigilanza di Genovesi, scende veloce e passa al centro, dove Kirpel riprende e segna, fra un uragano di applausi, il punto, dell'onore. Ma la gioia del pubblico doveva essere di breve durata perchè due minuti dopo Rivolta, su una magnifica fuga personale, segnava di precisione il terzo punto nell'angolo allo della rete lussemburghese. La porta lussemburghese è ora assediata e il brillante portiere non può evitare che Pastore, con un tiro raso terra, segni un quarto purto al 36.o minuto, al quale Cevenini III ne aggiunge un quinto al quarantesimo, con un bolide da 25 metri. Il match volge verso la fine e gli azzurri non si impegnano più soverchiamente. Ad un minuto dalla line i lussemburghesi sferrano un attacco improvviso che sorprende la squadra italiana. Gianni esce tempestivamente ma si fa soffiare il pallone da Kirpel, il quale, a porta vuota manda fortissimo a lato, fra il disappunto del pubblico. Il fischio finale è accolto da un applauso frenetico della folla e da grida di: «Viva l'Italia ! Viva Cevenini! ».

Il gioco degli italiani

Gli « azzurri » son stati nettamente superiori alla compagine lussemburghese. Essi hanno fornito una partita che resterà memorabile negli annali calcistici del Lussemburgo. Il giuoco italiano e stato veramente classico, improntato ad una tecnica perfetta, fatta di belle azioni in velocità, di un controllo esatto del pallone nonchè di una tattica che veramente può dirsi accademica e che ricorda quella degli squadroni magiari e cecoslovacchi. A ciò va aggiunto la cavalleria e la correttezza in campo che hanno fatto assurgere l'incontro ad una vera esibizione calcistica. Il perno della squadra è stata la linea mediana. Qui specialmente Burlando e Genovesi hanno fatto una partita eccellente; Giordani è stato buono in difesa ma non ha sostenuto sufficientemente l'attacco. Il quintetto di attacco ha giuocato benissimo. Una vera rivelazione è stata l'ala sinistra Rivolta che con Cevenini III ha costituito un duetto pericolosissimo, estremamente realizzatore. Dei tre avanti juventini Munerati è stato il migliore, mentre Vojak e Pastore hanno esagerato in combinazioni inutili davanti alla porta e sono stati imprecisi nel tiro In goal. Gianni è stato un portiere ottimo. Dei terzini Bellini fu buono, ma Zanello non fu troppo soddisfacente, il vercellese ha difettato in posizione ed ha mostrato poca tecnica. Magnifica è stata la coesione fra la linea mediana e la linea d'attacco. Dell'undici lussemburghese un uomo merita di essere particolarmente ricordato: il portiere Harry, il quale ha fornito una partita spettacolosa. I due terzini ed il centro mediano furono buonissimi, mentre il resto della squadra difettò in tecnica ed in precisione. Il segretario generale della Federazione calcistica del Lussemburgo, signor Fluchard, dopo l'Incontro, in una intervista accordataci ha dichiarato che pur essendo fiero dell'odierna esibizione della squadra lussemburghese, era completamente entusiasta del giuoco brillante della squadra italiana che dalle ultime olimpiadi ad oggi ha fatto progressi enormi. A sua volta il commissario tecnico della squadra italiana, Renzo De Vecchi, parlando coi giornalisti, ha dichiarato di essere oltremodo soddisfatto della prova della sua squadra che ha sorpassato tutte le aspettative, ed ha espresso la fiducia che anche con l'Irlanda la squadra potrà cogliere una giusta affermazione. Anche la stampa ci è favorevolissima. Il giornale Nouvelles Svortivec, uscendo a Lugano in edizione speciale consacra tre colonne per elogiare il gioco preciso della squadra italiana, che qualifica superiore ad ogni altra squadra d'Europa.

L'esordio di Giordani in Nazionale A: Italia - Spagna 2-0, 29 maggio 1927. Inaugurazione sportiva dello Stadio Littoriale di Bologna.

Il Re, l'Infante di Spagna e centomila persone assistono a Bologna all'incontro calcistico italo-spagnuolo 

La giornata del Sovrano 

Entusiastiche accoglienze 

Bologna, 30, matt. 


E' difficile calcolare quante migliaia di persone venute di fuori, dalle campagne e dalle città vicine e dai centri più lontani, accogliesse ieri Bologna. La stagione capricciosa non ha turbato la festa grandiosa e stamane quando la città si è svegliata fra un tripudio di bandiere e di fiori profusi su ogni balcone lungo l'itinerario segnato per il corteo reale, si è aggiunto, per festeggiare l'ospite augusto, all'esultanza del popolo il sorriso del sole. Poco prima delle 9 è giunto alla stazione il Principe Don Alfonso, infante dì Spagna, nella sua smagliante divisa, accompagnato dall'ambasciatore di Spagna a Roma e dal generale Marsengo, addetto alla nostra ambasciata madritena. La folla gli ha rinnovato le vibranti manifestazioni di simpatia e di omaggio tributategli la sera innanzi al suo arrivo. Sotto la pensilina erano riunite le autorità convenute in attesa del Sovrano e fra esse il ministro conte Volpi, il podestà on. Leandro Arpinati, il prefetto, il conte Suardi, il generale Grazioli, il comandante il Corpo d'Armata e i deputati e senatori della circoscrizione con tutte le notabilità cittadine. Corteo trionfale Quando alle 9, in perfetto orario, è giunto il treno reale la musica militare che aveva già accolto l'Infante di Spagna al suono dell'inno spagnolo, fa squillare le note della Marcia Reale. Fra uno scrosciare di applausi e fra acclamazioni altissime il Sovrano discende dalla vettura reale e stringe cordialmente la mano al Principe don Alfonso ed alle autorità presenti. Dopo una breve sosta nella saletta reale, avendo passato in rivista col Principe la compagnia d'onore, il Re compare sulla piazza e la folla, trattenuta dai cordoni di truppa, lo saluta alla voce con un grido altissimo, che ha echi interminabili. Il Re si sofferma a guardare lo spettacolo imponente: quindi il corteo si forma rapidamente e si muove, mentre gli ufficiali di tutte le armi si irrigidiscono in posizione di attenti. Il Re ha preso posto sulla seconda vettura automobile insieme con l'Infante di Spagna, col generale lori e con l'on. Arpinati. Nella vettura di testa èrano l'ammiraglio Moreno, il conte Tozzoni. Al seguito del sovrano nelle altre vetture erano il conte Volpi, l'Ambasciatore di Spagna, il ministro della Real Casa, il Prefetto, un Consigliere di Ambasciata e il generale Marsengo. Il corteo si è diretto, sotto una pioggia di fiori e fra uno sventolio di bandiere, accompagnato da battimani frenetici, verso il Municipio, prima tappa della giornata per le presentazioni ufficiali. In Municipio era ad attendere il Sovrano anche il Segretario generale del Partito fascista, on. Augusto Turati. La folla stipata sulla piazza immensa ha voluto che il Sovrano e il Principe si affacciassero al balcone dal quale sventolavano le bandiere dei due paesi e ha loro rinnovato, con una imponente dimostrazione, il suo saluto.

L'inaugurazione della Cappella votiva ai Caduti fascisti 

Alle 10 il Re — mentre il Principe Don Alfonso rientrava a palazzo Montpensier — si è recato alla Casa del Fascio per la consacrazione della cappella votiva eretta ai caduti della riscossa fascista. Nel cortile della Casa del Fascio attendeva il Sovrano l'on. Arpinati. Al primo piano del monumentale edificio, costruito da Arpinati, il Re ha ricevuto l'omaggio dell'Arcivescovo cardinale Nasalli Rocca. Dopo la visita della sede del Fascio il Re è rientrato nella cappellina. Con un'austera cerimonia religiosa, celebrata dallo stesso Arcivescovo ha avuto luogo la consacrazione della Cappella votiva. Il Porporato, ha celebrata la Messa e il Re ha deposto sull'altare una corona d'alloro ed ha acceso la lampada votiva che arderà perennemente. Al termine della funzione, alla quale presenziavano molti famigliari di caduti fascisti, il Sovrano lasciando la Casa del Fascio, è stato festeggiatissimo. Un altissimo significato ha avuto poi la cerimonia della posa della prima pietra del tubercolosario Pizzardi che sorgerà in località Bellaria. Le disposizioni impartite dal Capo delle organizzazioni sindacali hanno assicurato il perfetto svolgimento della cerimonia. Al ritorno in città il Sovrano ha sostato alla mostra del paesaggio in piazza Galileo e ha ammirato la collezione di opere esposte. La prima parte del programma, quella della mattinate, è già svolta. Si riforma il corteo per accompagnare il Sovrano a palazzo Montpensier, dove sarà servita la colazione. Quando l'automobile reale, attorniata dai ciclisti, giunge in piazza Vittorio, il Re esprime la sua ammirazione per lo spettacolo che offrono le bimbe delle scuole allineate sulla gradinata di San Petronio. Dopo la colazione, nel pomeriggio, il corteo si ricompone. Il Sovrano si reca al Circolo degli ufficiali dove riceve l'omaggio dell'ufficialità bolognese.

Al Collegio di Spagna e a palazzo D'Accursio

Poi, dopo una visita alla Pinacoteca, il corteo si dirige verso il Littoriale. Tutte le vie sono gremite di folla; le dimostrazioni entusiastiche si susseguono ininterrotte per il lungo percorso. Dello spettacolo e dell'entusiasmo della folla all'arrivo del Re e del principe Don Alfonso e durante tutta la partita italo-spagnuola dirà il vostro redattore sportivo. Qui possiamo dire che il Re, quando è comparso alla ringhiera della tribuna, dominante il superbo spettacolo, accolto dall'acclamazione imponente di 100.000 persone, è rimasto sorpreso, e ha espresso la sua ammirazione a Leandro Arpinati e a tutte le autorità che gli facevano corona, allo Infante di Spagna, al cardinale arcivescovo che era alla sua sinistra col conte Volpi con Turati e Balbo. Al termine della partita la folla, esultante per la vittoria degli azzurri acclama il Sovrano, che prende congedo dalle autorità e col principe di Spagna a fianco si avvia verso l'uscita. Alla porta della tribuna reale, sormontata da un gigantesco trofeo di rose, prestano servizio i carabinieri. Squilla l'attenti reale e sotto la scottante carezza del sole, che al tramonto si offre in tutto il suo splendore, il corteo si mette in moto, dirigendosi verso il Collegio di Spagna. Dal colle della Guardia, che attraverso gli occhi del portico brulica di folla, giunge l'eco degli applausi. Con la visita al Collegio di Spagna e il ricevimento a Palazzo D'Accursio, durante il quale il Re è stato costretto ad affacciarsi più volte al balcone per rispondere alla voce possente della piazza gremita di popolo fino alle logge del Pavaglione, il programma della giornata è esaurito. Il corteo si avvia verso la stazione e alle 19,20 il Re sale in treno, mentre dall'esterno Bologna gli esprime ancora la gioia di riaverlo avuto ospite fra le sue vecchie mura gloriose in questa indimenticabile giornata.

La grande partita al Littoriale 

Gli azzurri vittoriosi: 2 a 0 

di Vittorio Pozzo 

II « Littoriale » di Bologna è stato ieri inaugurato in forma solenne, e con una vittoria italiana. Forma tanto solenne da distrarre, quasi, l'attenzione del pubblico dal gioco e da allontanare la mente dal significato dell'incontro. Credo che mai una partita di calcio si sia svolta sul Continente Europeo in un ambiente simile a quello di ieri.

70 mila spettatori 

Uno spettacolo assolutamente eccezionale. Uno stadium di una grandiosità senza pari, un campo meraviglioso, una giornata splendida, un recinto calcolato per ospitare 60.000 spettatori e nel quale se ne stiparono 70.000, mentre almeno altre 10-15.000 rimasero fuori per mancanza di spazio. Ora, una buona metà di questa enorme massa di spettatori era formata dai soliti entusiasti del gioco convenuti da ogni parte d'Italia, da Milano, da Genova, da Torino, dal Veneto e giù fin da Roma e dall'Italia Meridionale, senza contare gli entusiasti di Bologna e dell'Emilia che si erano mobilitati per l'occasione. Ma l'altra metà era composta di gente perfettamente ignara di sport, gente che per la prima volta metteva piede in un recinto sportivo, attratta dal fascino emanante dall'incontro fra Italia e Spagna, dal desiderio di assistere alla inaugurazione di una opera mastodontica e infine dal fatto che ad essa presenziava il Re e un Principe della Casa Regnante Spagnuola. Erano contadini, operai, persone che finora si erano tenute appartate dal movimento sportivo italiano, erano persone che l'occasione di ieri metteva in moto e convertiva decisamente alla causa dello sport. La bellezza, la combattività del gioco, insieme al successo riportato dai colori nazionali, hanno fatto presa immediatamente su tutta questa massa di neofiti e si può stare certi che essi diventeranno spettatori abituali di quello sport a cui hanno presenziato ieri per curiosità più che per convinzione. La prima vittoria riportata ieri è stata dunque quella della propaganda, vittoria completa su tutta la linea.

Un giudizio del Re

Il record del numero di spettatori e della cifra di incassi in gare internazionali calcistiche, spettava fino a ieri a Milano, con l'incontro con la Cecoslovacchia di alcuni mesi or sono. Questo record fu ieri, più che battuto, travolto. Dire cosa sia stata la fiumana di gente che s'era riversata a Bologna per l'occasione non è cosa facile. Basti, a darne una idea, il ricordare che fin dalle prime ore del mattino la circolazione era diventata vivissima in tutta la città e che alle 14, cioè due ore prima dell'inizio della partita, il campo appariva gremito, stipato, zeppo. L'immenso ovale era convertito in una muraglia umana che ingannava l'attesa con canti ed invocazioni di ogni genere come di solito in partite internazionali. Quando il Re fece il suo ingresso nella tribuna d'onore, nella quale già lo attendevano l'Infante di Spagna, il Cardinale di Bologna e tutte le autorità civili e militari italiane con alla testa gli on. Turati, Balbo, Arpinati, Ferretti e i generali Grazioli e Ballarigo, lo stadium presentava un colpo d'occhio indimenticabile. Era questa la prima occasione in cui il Re assisteva a un incontro di calcio. Il gioco lo afferrò e lo appassionò subito, e a chi ebbe, in seguito, a chiedergli la sua opinione, il Re rispose semplicemente che comprendeva ora perchè il Principe Umberto suo figlio, si entusiasmava tanto per le partite che si svolgono domenicalmente nell'Alta Italia.

Vittoria netta e meritata 

In un quadro cosi grandioso, una vittoria italiana pareva una cosa necessaria, un complemento indispensabile. E questa vittoria giunse netta, chiara e convincente. In realtà più netta, più chiara di quanto i più ottimisti fra gli entusiasti italiani avrebbero potuto desiderare. Un punto per ognuno dei due tempi sigillò il successo italiano, ma in realtà una mezz'ora di gioco bastò per delineare veramente la fisionomia della gara, nel senso che non poteva ormai avere che un risultato solo: la vittoria degli italiani. Mentre da una parte, infatti, gli spagnuoli si mostravano inferiori all'aspettativa, al di sotto di quello che era ritenuto, per l'esperienza del passato, il loro vero valore, gli italiani conducevano la danza con una velocità, con un brio e con una tale serietà di propositi, che gli scambi prendevano immediatamente per teatro la metà campo degli ospiti e il gioco assumeva un po' l'aspetto di un duello tra l'attacco nostro e la difesa avversaria, nella fattispecie rappresentata dal grande Zamora. Quando il primo punto segnato da Baloncieri del « Torino » giunse al 31.o minuto del primo tempo, esso parve nè più nè meno che il logico coronamento e il dovuto premio alla superiorità dei nostri; e quando, nella ripresa, due difensori spagnuoli nell'orgasmo di porre argine alla insistente offensiva degli azzurri, mandarono essi stessi il pallone a finire nella loro rete, la cosa tornò come la più naturale di questo mondo, dato l'andamento del gioco.

Le squadre

Partita piana, vittoria regolare ed alla fin fine anche facile; gara che non costò all'arbitro inglese Rous soverchia fatica a dirigere, tanto liscia essa filò e tanto priva di incidenti, in contrasto coi precedenti in materia, essa fu. L'Italia allineava per l'occasione la squadra annunziata sin da alcuni giorni or sono: Gianni (Bologna); Bellini (Internazionale) e Calligaris (Casale); Genovesi (Bologna); Bernardini (Internazionale) e Giordani (Bologna); Munerati (Juventus); Baloncieri (Torino); Libonatti (Torino); Della Valle (Bologna) e Levratto (Genoa). A sua volta la Spagna presentava la propria squadra nella formazione che i suoi dirigenti davano ufficialmente sin da sabato: Zamora (Español); Olaso I (Atlético Madrid) e Zaldúa (Real Sociedad); Prats (Real Murcia), Gamborena (Real Unión Club de Irún) e Peña (Real Madrid); Sagarzazu (Real Unión Club de Irún), Luis Regueiro (Real Unión Club de Irún), Yermo (Arenas Club de Guecho), Echeveste (Real Unión Club de Irún) e Olaso II (Atlético Madrid). Rimanevano cosi esclusi i due giuocatori barcellonesi Piera e Samitier, due « stelle » di primissima grandezza dello sport spagnuolo, pure presenti a Bologna e pronti e desiderosi di giuocare. Motivi disciplinari venivano ufficialmente addotti per l'esclusione dei due giuocatori e l'andamento della gara doveva dimostrare quale danno gli ospiti dovevano ritrarre da essa, dal punto di vista della tecnica e dell'energia del giuoco. Il giuoco si aprì in tono tale da dimostrare subito che gli italiani intendevano occuparsi col massimo impegno della liquidazione della loro vertenza calcistica con gli spagnuoli.

Inizio elettrizzante

Calcio di inizio a favore degli ospiti. Gli italiani si impadroniscono della palla. Breve schermaglia al centro, poi Libonatti serve improvvisamente a Munerati, lungo, in avanti. Il juventino tira via da solo come se avesse le ali ai piedi; lascia dietro di sè ogni avversario e giunto all'area di rigore sferra un tiro potente verso il lontano angolo della porta. Zamora balza; fa un volo attraverso tutta la lunghezza della sua porta e devìa a lato per un calcio d'angolo. Il pubblico è tutto in piedi, mosso da questo inizio elettrizzante. Due minuti di giuoco al centro ed è la volta di Della Valle di provare la prontezza di Zamora. Su una bella combinazione tra Libonatti e Della Valle il bolognese si trova solo davanti alla porta. II portiere spagnuolo, che si è spostato per seguire l'azione, pare battuto. Con un balzo felino però egli corregge già in volo la traiettoria del suo corpo; piomba sui piedi di Della Valle, intercetta, scatta in piedi nuovamente, evita una carica e rinvia lontano. Qualche minuto più tardi il fenomenale portiere spagnuolo ripete la sua prodezza a danno di Baloncieri. II granata fa bensì una finta per indurre in errore l'avversario, ma Zamora intuisce e quando il tiro scocca, egli si trova sulla sua strada con la precisione di un orologio. L'Italia, come si vede, domina. Gli spagnuoli passano bensì al contrattacco, ma la loro azione ha un non so che di grave, di impacciato, di pesante, come se avessero per scopo più di allontanare una minaccia altrui che di portarne una propria. Venticinque minuti devono trascorrere prima che si giunga ad una situazione che possa venire giudicata pericolosa davanti alla porta italiana.

L'astuto Baloncieri segna 

Al 29.o minuto si ha il primo calcio d'angolo contro l'Italia. Su di esso Calligaris resta a terra qualche istante ferito. Quando il giuoco riprende esso conduce immediatamente l'Italia al successo. Un lungo passaggio a Munerati sorprende la difesa degli ospiti, completamento spiazzata. Baloncieri passa fulmineo nel grande vuoto. Giuoca di finta ancora, ma questa volta a vantaggio degli italiani; mentre Zamora accenna a gettarsi sulla destra, il granata gli piazza la palla con grande calma e precisione sulla sinistra. Cosa succede nel pubblico è meglio non tentare nemmeno di descrivere. Un urlo, uno scoppio, un boato, un impazzire generale. Il Re guarda visibilmente stupito e commosso la scena di frenetico entusiasmo che svolge per lunghi minuti sotto i suoi occhi. La reazione spagnuola si risolve in un tiro per nulla pericoloso della mezz'ala sinistra Echeveste ed è l'Italia che torna ancora alla carica ini stile energico e deciso. Della Valle e Levratto trovano modo di sbagliare due tiri facili. Non è che proprio agli ultimi istanti del primo tempo che la Spagna torna all'attacco in stile pericoloso, mercè un cambiamento di ala eseguito sulla parte sinistra dell'attaco. II primo tempo si chiude con un calcio di punizione tirato da Calligaris che Zamora neutralizza con grande calma e prontezza.

L'autogoal degli spagnuoli 

La ripresa si inizia con una bella avanzata dell'ala sinistra spagnuola. Immediatamente però gli italiani tornano all'attacco. Qualche minuto di giuoco incerto, e poi Munerati ottiene un calcio d'angolo. Il juventino stesso effettua il tiro. La palla cade precisa davanti alla porta spagnuola. Della Valle la tocca di testa. Prats, il mediano destro degli ospiti, si precipita, e, nella furia della discesa la devìa verso la propria rete. All'istante stesso in cui essa sta per varcare la linea della porta, Zaldúa, il terzino sinistro, arriva come un bolide e tentando di salvare manda invece la palla più decisamente e certo più violentemente a scuotere la propria rete. Un duplice autogoal. Questo al sesto minuto. Virtualmente l'incontro finisce a questo punto. Chi, conoscendo la caratteristica e proverbiale forza di ricupero degli spagnuoli, si attende una reazione energica, violenta e travolgente, deve infatti rimanere deluso. Un quarto d'ora di predominio degli ospiti che i nostri controbilanciano richiamando in difesa le due mezze ali Baloncieri e Della Valle, uno sterile ballonzolare nella nostra metà campo, una dimostrazione che vorrebbe essere di forza e non riesce ad esserlo, davanti alla rocca italiana. E' di questo periodo l'unica seria probabilità di segnare avuta dagli spagnuoli in tutto l'incontro. Su di un tiro della mezz'ala destra Regueiro, essi colpiscono il palo; la palla rimbalza e viene risospinta verso un angolo della rete, ma la testa di Calligaris interviene fulminea a deviare a lato. Frenata cosi ogni velleità di ritorni offensivi degli ospiti, il giuoco torna nelle mani degli italiani, un po' perchè più non ci si impegna a fondo, un po' perchè la velocità del primo tempo fa sentire i suoi effetti, e un po' anche perchè appare chiaro a tutti i giuocatori, meglio che agli spettatori, che il risultato è cosa ormai decisa, il giuoco subisce un certo rilassamento. Prima della fine Della Valle, Munerati e Baloncieri mancano ancora qualche bella occasione, e Zamora ha campo di nuovo di dar prova del suo valore con alcune parate di uno stile tutt'affatto superiore.

Una squadra che deluse

La squadra spagnuola deluse. La si giudicava sulle impressioni del passato, un passato smagliante in realtà. Per questo passato essa era famosa, più che nota, a causa della sua portentosa velocità, della ferrea decisione con cui i suoi uomini entravano in campo, delle doti tecniche e scelte della maggioranza dei suoi componenti, e del fiero spirito battagliero della unità, come elementi singoli e come insieme. Ricordi indelebili erano rimasti scolpiti a questo riguardo nella memoria di quegli italiani che parteciparono ai precedenti incontri fra le due Nazioni. Dove erano ieri queste doti singolari? A dimostrare la loro assenza, basti ricordare uno dei fatti sopramenzionati. Dopo il secondo punto italiano, secondo punto che era in realtà di stretta marca spagnuola, tutti ci si attendeva di vedere scattare l'intero undici in uno sforzo furioso e disperato per riconquistare il terreno perduto. Una volta queste reazioni prendevano l'aspetto e la sostanza di una vera tempesta, uno scatto d'ira dell'uomo forte e vigoroso che si vede colpito da una scudisciata della sorte. Ieri questa reazione ebbe una forma cosi tenue e blanda, che si smorzò senz'altro al solo urtare mezzi ordinari di difesa degli italiani, e ad un certo punto ci si accorse che nessuno vi pensava più su: nemmeno gli spagnuoli.

I due piloni spagnuoli

Due piloni però della forza antica rimangono ritti nella struttura cosi notevolmente indebolita: Zamora e Gamborena, il portiere e il centro di seconda linea. Zamora è una figura dominante nella squadra spagnuola: egli, anzi, è una figura che domina e s'impone nel giuoco del continente europeo. Chi lo vede la prima volta riporta l'impressione di trovarsi di fronte ad un fortunato. Chi Io osserva per la seconda, si convince che si trova di fronte ad un uomo dall'intuito spettacoloso, della prontezza felina, da una specie di influenza magnetica su quanto avviene attorno a lui. Certe sue parate di ieri strapparono l'applauso a quel pubblico stesso il cui desiderio più sincero era pur quello di vederlo battuto e domato dai nostri. Gamborena, il piccolo centro mediano, è la personificazione del moto perpetuo. Egli lottò ieri con convinzione e con ardore per arginare gli sforzi dei nostri e per sospingere all'attacco e galvanizzare i suoi uomini. Alcune sue finte, certe sue astuzie e movimenti in piena corsa con la palla rasa a terra recavano scritto ben chiaro lo stampo della classe. Ma due uomini in piena efficienza non bastano per formare o per reggere la base di tutta una squadra. Peña, il mediano sinistro, l'unico altro giuocatore reduce dalle Olimpiadi di Parigi, non si comportò da par suo che alla ripresa, e fece un primo tempo da cui pareva che gli anni gli avessero tolto ogni desiderio di far della velocità. Olaso II all'ala sinistra è veloce e intraprendente, ma è così affezionato alla palla, che non c'è pericolo che egli se ne liberi quando ne giunge in possesso: egli sciupò tempo ed energia in inutili duelli con Bellini ogni qual volta ebbe occasione di portare avanzate. La voluta mancanza di Piera e di Samitier recò un grave colpo alla efficienza della squadra, ma anche con essi l'unità non avrebbe corrisposto affatto alla migliore formazione che la Spagna può mettere in campo al giorno d'oggi. Questa è, fra l'altro, anche l'opinione di Zamora. La vittoria a stento riportata alcune settimane or sono in casa propria contro la Svizzera; il successo poco convincente in linea tecnica ottenuto otto giorni or sono sulla Francia a Parigi, avrebbero dovuto mettere in guardia i tecnici spagnuoli contro questo stato di indebolimento generale della compagine. La squadra spagnuola ieri fu inferiore di una intera classe alle edizioni che era stato dato conoscere in passato.

Il gioco degli « azzurri »

Il che nulla toglie al valore della vittoria italiana. Zamora da una parte, e l'ormai raggiunta sicurezza del successo dall'altra, hanno impedito a un certo punto che questa vittoria prendesse proporzioni più vaste. Ma la squadra giocava, ieri, con serietà, basandosi su un attacco che non perdeva tempo in complimenti, su una linea mediana piena di spirito di abnegazione e su una difesa che era ammirabile per energia e decisione L'attacco ebbe il suo miglior uomo in Libonatti, furbo, esperto, raffinato, un diplomatico del gioco che si ricordò ieri che la palla cammina più veloce degli uomini quando è toccata con la voluta energia e nel dovuto senso e che quindi ricorse con frequenza al gioco largo che dà pronti servizi alle ali. Da uno di questi servizi doveva appunto scaturire il primo punto segnato dall'Italia. La linea mediana ebbe il suo esponente più appariscente e nello stesso tempo più utile nel bolognese Genovesi, che fece una partita di grande continuità, sia in attacco che in difesa. Bellini e Calligaris furono saldi come rocce, mentre Gianni disimpegnò con onore il poco lavoro serio che gli venne dato. Questo per non citare che alcuni nomi, chè tutta la squadra meriterebbe in realtà di essere posta all'ordine del giorno per la prova superata; prova vinta decisamente, come si è detto, fin dalla prima mezz'ora di gioco. Una giornata bella e buona in ogni e qualsiasi senso per lo sport italiano fu quella di ieri; una giornata di sana propaganda e di convincente affermazione dello sport italiano; una giornata il cui merito principale risale come ideazione a un uomo che da buon sportivo sa pensare e anche tenacemente operare, l'on. Leandro Arpinati.

Alberto Giordani conta 68 presenze in rossoblù con 3 gol. Una partita in Nazionale A (29-5-1927 in Italia - Spagna 2-0, inaugurazione del Littoriale) e 2 in Nazionale B. Campione d'Italia nel 1924-25. 

venerdì 10 ottobre 2008

Giovanni Borgato


Giovanni Borgato nacque a Venezia il 10 gennaio 1897. Prestissimo si appassionò al gioco del calcio, a quei tempi in grande ascesa nella "Serenissima", ed entrò a far parte delle giovanili della società nero-verde. All'inizio della prima guerra mondiale, nel campionato 1914-15, il buon "Nane" è già in prima squadra e con Bazzeghin e Nordio formò una linea difensiva che segnò un epoca del calcio lagunare. Le partite con i padovani del Petrarca e dell''Hellas Verona erano infuocate e durissime, battaglie sportive nelle quali Borgato, che era dotato di grande fisicità oltre che di ottima tecnica, spiccava per abilità sul terreno di gioco. La Grande Guerra mise parzialmente fine alle ostilità sul campo. Alla ripresa dei campionati, nel 1919-20, Borgato era ancora tra le file del Venezia, con cui disputò altri ottimi campionati, fino a che, all'inizio del campionato 1922-23, venne acquistato dal Bologna assieme al compagno di squadra Bazzeghin, buon portiere, che in rossoblù si trovò la strada sempre sbarrata da Francesco Gianese. Borgato divenne titolare fisso in prima squadra solo a partire dal campionato 1923-24, nel quale fece il suo esordio in Hellas Verona - Bologna del 7 ottobre 1923, partita terminata 2-2, con doppietta di Schiavio per il Bologna. Il veneziano non si lasciò sfuggire l'occasione per dimostrare il proprio valore: trovò da subito un'intesa con Felice Gasperi - l'altro tremendo mastino della difesa bolognese - che sfiorava la perfezione, si completavano a vicenda, mentre la squadra, trascinata dai gol di un giovanissimo e già formidabile "Angiolino" Schiavio, arrivò alla finale di Lega Nord disputata contro il Genoa, dove venne sconfitta in due combattuti e contestatissimi incontri. Ma l'appuntamento con la vittoria era solo rimandato di un anno. L'estate successiva il Bologna piegò in cinque drammatiche e discusse finali, il Genoa di De Vecchi, laureandosi così campione d'Italia per la prima volta nella sua storia. Nella quinta finale Borgato venne espulso dopo il gol del 2 a 0 segnato da Perin, per gesti irriguardosi nei confronti dei giocatori genoani. Il veneziano si confermò superbo terzino: aveva un fisico scolpito nella roccia e sul campo concedeva pochissimo agli attaccanti che incrociavano il suo cammino.

La convocazione in azzurro

Nel campionato seguente, 1925-1926, altra finale di Lega Nord per il Bologna, avversario la Juventus di Ferenc Hirzer, nazionale ungherese in forza al team bianconero. Il Bologna, dopo le prime due finali terminate in parità, la prima giocata allo Sterlino e la seconda a Corso Marsiglia, venne sconfitto di misura nella terza finale all'Arena Civica di Milano per 2-1. Borgato anche in quelle finali fece la sua parte, mettendo spesso il bavaglio al fenomenale Hirzer. Le ottime prestazioni del difensore rossoblù, non sfuggirono al commissario tecnico azzurro Rangone: arrivò la convocazione per l'amichevole contro la Svizzera a Zurigo, il 18 aprile 1926. Partì come terzino titolare, poi nel secondo tempo venne sostituito dal difensore dell'Inter, ex genoano, Delfo Bellini.  Altra convocazione, pur se come riserva (assieme al giovane Schiavio) contro la Spagna di Ricardo Zamora, partita che si giocò a Bologna in occasione dell'inaugurazione sportiva del Littoriale. In quella occasione giocarono titolari quattro bolognesi: Gianni, Giordani, Genovesi e Della Valle, protagonista nell'azione del 2-0 azzurro. Per Borgato, quelli furono gli ultimi fuochi in rosso-blu ad alto livello. L'anno dopo, incalzato dal giovane e talentuoso Monzeglio, acquistato dal Casale nel 1926-27, venne relegato spesso tra le riserve con sole 14 presenze all'attivo. All'inizio del campionato 1928-29, il difensore veneziano venne ceduto alla Fiorentina dove concluse una grande carriera, prima di ritornare nella sua Venezia per allenare la prima squadra nero-verde. Morì nel 1975. Con il Bologna dal campionato 1922-23 fino alla stagione 1927-1928, con 109 presenze in rossoblù. Campione d'Italia nel 1924-25. Una presenza in Nazionale A (il 18/4/1926 in Svizzera - Italia 1-1), più una presenza come riserva in Italia - Spagna del 29/5/1927, terminata 2-0 per gli azzurri. 

Borgato ferma Hirzer. 

Torino, Campo di Corso Marsiglia, 25 luglio 1926. Finale Lega Nord Juventus - Bologna.

La seconda finale del campionato di calcio 

Il Bologna riesce a conquistare il match nullo sul campo juventino

Battaglia accanita e incerta in una meravigliosa cornice di pubblico -- Domenica a Milano la partita decisiva

La partita ha deluso, non solo perché non ci ha dato il vincitore, ma anche perché non ci ha dato quel (...) di bel gioco, che fa spesso perdonare l'inutile attesa di qualcosa di conclusivo. Il risultato nullo ha su quello pari questo svantaggio - - per lo spettatore, s'intendo -- che si attende invano quel brivido o quella gioia, che danno un punto segnalo dall'una o dall'altra squadra. Il zero a zero, che vale praticamente come un cinque a cinque, riesce a incatenare assai meno lo spettatore di una partita, durante la quale si è gioito — o spasimato — per le alterne vicende, che hanno fatto aprire l'adito a speranze o a sconforti, che sono l'ammennicolo indispensabile perché una gara riesca ad avvincere. Invece il pubblico, che si illuse sino all'ultimo di poter avere la gioia di applaudire i suoi beniamini, ha atteso invano che un pallone riuscisse a battere uno dei due portieri. Il guizzo offensivo è stato dei bianco-neri: a meno di uri minuto dalla fine. Gianni era tutt'altro che sicuro del fatto suo, ma anche le ultime cartucce sparate con rabbia dai torinesi non hanno saputo cogliere il bersaglio. Credere di volgere a proprio favore una situazione in « extremis », quando per quasi novanta minuti non si è saputo impegnare con un solo tiro insidioso il « portiere » bolognese, era attendersi troppo. E se è vero che fino a quando la lancetta del cronometro non ha definitivamente detto che il novantesimo minuto di gioco è scoccato, vi è sempre buon motivo per sperare in un capovolgimento della situazione, è anche vero che le vittorie di fortuna sono rare assai, mentre i risultati di ogni partita rispecchiano quasi sempre (aggiungiamo pure: all'incirca) l'andamento della gara.

Il gioco del Bologna... 

Quella di ieri, a volerci veder dentro con un certo spirito di giustizia, avrebbe potuto anche finire con la vittoria del Bologna, senza che per questo si potesse diro che i « rossoblu » avessero rubato il successo. Nel formulare questo giudizio, noi teniamo presente soprattutto il fatto che il Bologna, oltre ad avere più sovente dominato, ha superato egregiamente la menomazione che derivava dal fatto che si batteva in casa altrui, con un pubblico non suo, e che avrebbe potuto essergli ostile, mentre, per la verità, non lo fu. I rosso-blu hanno giocato meglio a Torino di quello che non avessero saputo fare in casa propria. E la Juventus esattamente il rovescio. I compagni di Della Valle, che furono sul loro campo degli sbandati e cercarono invano di coordinare le loro azioni, hanno dimostrato ieri di essere un blocco unito e compatto, un undici che non affida a questo o a quello lo sorti della partita, ma chiede alla squadra, agli undici uomini quella saldezza che consente a una compagine di condurre egregiamente un'offensiva e di arginare un contrattacco. Sotto questo aspetto la squadra felsinea è stata esattamente l'opposto di quello che vedemmo nel primo incontro di finale, tuttavia per quanto hanno saputo compiere alcuni del suoi nomimi, è piaciuta di più allora. II dominatore cho sugli altri emerge, afferra e conquide. Una squadra che s'impone come blocco compatto, ma non ci dà l'attore di primo ruolo, si fa ammirare ma non entusiasma. Quasi sempre tutto bene, tutto a tempo, tutto a modo. Ma l'uomo capace del meglio, in grado di balzare fuori tempo e di andare oltre il tema d'obbligo per compiere da solo la sua gesta e dare la vittoria alla squadra non si e visto: Della Valle, Schiavio, Muzzioli, Perin, Martelli, cinque attaccanti che hanno compiuto una bella partita. Cinque puledri che si sono battuti generosamente e con intelligenza. Nessuno dei cinque ha saputo trovare però il guizzo capace di far propendere a favore della sua squadra l'incerto ondeggiare della bilancia.

...e quello dalla Juventus 

E la vittoria non è venuta, quella vittoria che non si dà se non a colui che ha saputo conquistarla virilmente. Cosi la supremazia d'assieme non ha potuto essere decisiva nella gara che ha trovato in campo avversario una squadra malcomnessa e inspiegabilmente slegata. La Juventus si può dire che è stata il rovescio della medaglia rosso-blu. Mentre i bolognesi, che non hanno saputo emergere per valore dei singoli uomini, si sono fatti ammirare per la maggiore fusione, i juventini invece hanno tentato invano di legarsi tra linea e linea, tra uomo e uomo. Ha contribuito un po' a determinare questa situazione la mancanza di Wojak, ammalatosi improvvisamente. La progettata prima linea, che avrebbe dovuto segnare in sulla destra Munerati all'ala e Wojak « inside », ha dovuto essere rimaneggiata con l'inclusione di Grabbi all'ala e Munerati a inside. Una soluzione di ripiego che non ha dato buoni frutti, neanche quando Rosetta nel secondo tempo preso il posto di Munerati o questi passò al centro. Fino a che punto abbia influito sul brutto gioco della prima linea l'assenza di Wojak non sappiamo; è certo che la destra dell'attacco torinese è stata di scarso rendimento. E la sinistra? E Hirzer? La sinistra non ha fatto meglio della destra. Qualcuno ha affermato: perché il biondo ungherese è incappato in una giornata grigia; la prima forse, ma vedi la disdetta, proprio il giorno in cui sarebbe necessitata da parte sua quella potenza, quella scaltrezza e quel brio che gli sono proprii... Noi ci permettiamo non credere nella giornata grigia dell'inside inventino.

Hirzer « il prigioniero » 

Hirzer ha givocato come il solito, bene. Qualche errore l'ha commesso pure lui (c'era forse il contagio, ieri, nei iuventini) ma non tale da farlo demeritare della fiducia in lui riposta e da far pesare su di lui il motivo del mancato successo. Quando ha potuto ha lavorato da par suo... Ma quando fu egli in grado di comandare la partita? La verità piuttosto crediamo sia questa: la consegna di tutta la destra bolognese era di immobilizzare Hirzer. La consegna degli altri, qualora se ne fosse presentata l'occasione, era di fare altrettanto. Comunque di metterlo in condizione di non tirare in porta. E vi sono riusciti. Hirzer, cannoniere eccezionale, non ha potuto sparare un solo tiro. In novanta minuti di giuoco si può dire che egli non abbia fatto un passo senza l'ombra di Giordani alle costole, ne ha potuto compiere una discesa senza che Borgato gli si ponesse tra i piedi. E il suo compatriota Weber non gli ha usato cortesie speciali. Neppure Gasperi, quando egli tentò dalla destra quello che non gli riusciva dalla sinistra, gli ha permesso di più. Hirzer fu veramente prigioniero del difensori rosso-blu, i quali hanno poi avuto la fortuna di aver a che fare con un Rosetta e un Munerati in giornata eccezionalmente grigia. Coefficiente questo che ha permesso di concentrare una maggior vigilanza sull'ungherese che non ha disperato fino alla fine di scoccare uno di quei tiri che non vi è portiere che riesca a parare. Ma ancora a un minuto dalla fine, in una contesa tra lui e Borgato, toccava al bolognese la meglio. E questo perché è più a suo agio chi attende ad è piazzato per intercettare la palla, di quello che non lo sia chi, lanciato, deve lavorarsela per aggiustore il tiro. Ed eccoci ancora una volta a fare l'elogio di Borgato che divide con Giordani il merito di avere contenuto Hirzer e di aver scongiurato una sconfitta. Il veneto che fu il più brillante rosso-blu a Bologna quindici giorni or sono, lo fu un po' meno ieri, ma ancora tanto da farlo ritenere col neo-nazionale Giordani, il più brillante giocatore della squadra campione d'Italia. Gasperi, più irruente del compagno non ha sfigurato nel di lui confronto anche perchè ha dovuto sbrigare situazioni meno pericolose, e lo stesso si deve dire di Gianni in porta. Weber è un centro-sostegno che si vede solo a sprazzi. E' un ragazzo che ha dei mezzi fisici ma che non sa con ugual misura svolgere il gioco di difesa e di attacco. Lo si trova più facilmente a ridosso dei terzini che degli avanti e provoca troppo spesso dei vuoti fra sè ed i suoi forwards, che l'occhio esperto di Della Valle avverte. Si rende necessario così l'arretramento del capitano dei bolognesi a tutto danno dell'efficienza della prima linea. Si sono visti nel secondo tempo dei lunghi passaggi a Muzzioli dell'half Della Valle, che solo col suo arretramento trovava la maniera d'avere il pallone per passarlo all'ala, inoperosa a metà campo. Questo squilibrioal centro della squadra bolognese fu motivo di parecchie discese abbozzate e non conchiuse per la mancanza di una prima linea che sapesse sfruttare le varie occasioni provocate da un traversone (...). Meglio di Weber seppe laro Genovesi, ritornato in squadra dopo parecchi mesi d'assenza, a sostituire Martelli che copriva il posto di Pozzi. Della prima linea non ci ripeteremo. Presi singolarmente hanno tutti giocato bene: tutti assieme non hanno saputo faro il goal.

La bella prova di Combi

Tuttavia Perin, Muzzioli e Martelli hanno regalato tre tiri a Combi che solo l'abilità di un portiere intelligente e accorto come lui poteva parare, non è colpa loro se Combi ha bloccato i tiri insidiosi che sarebbero potuti essere altrettanti punti. Ne consegue che è merito del portiere torinese aver saputo opporre tempestivamente la sua abilità a quella altrui. E a Combi vanno gli elogi più vivi soprattutto perché, testimone di quello che non sapevano fare i compagni, ha saputo reagire a... tanto cattivo esempio e compiere una bella partita. Applausi dal suo pùbblico non gli sono mancati, quel pubblico che da troppo tempo era abituato attribuire il successo della squadra del cuore più ad altri che a lui. Degna di elogio la partita di AIlemandi. Inferiore all'attesa Ferrero che ha però l'attenuante di essere convalescente d'una malattia ribelle, cho l'ha lasciato molto indebolito. Per questo la sua prova merita di essere segnalata anche se egli non ha potuto fare quel molto che è solito compiere in ogni partita. La seconda linea ha svolto un gioco strano. Viola impeccabile nel primo tempo, calò nel secondo forse anche perchè vedeva pendere sul suo capo una spada di Damocle che poteva anche essere la minaccia di provvedimenti a suo carico poco piacevoli. Meneghetti fu vittima della fatica e del caldo e Bigatto di una svogliatezza inconcepibile: entrambi hanno poi commesso errori non degni certo del loro nome e della loro valentia. Ma dove si è concluso meno fu tra gli avanti. Pur tenendo presente che mancava Wojak non si capisce come Rosetta non sia stato in grado di intedersela con Munerati e con Hirzer, e come abbia potuto rinunziare alla sua qualità di calciatore potente lasciando sfruttare ad altri — i quali poi non facevano più in tempo — situazioni che egli avrebbe potuto risolvere favorevolmente. Munerati pure ha scorrazzato molto con poco costrutto Effetto forse dot posto che fu chiamato a occupare ora ch'egli sia affinandosi come ala ? Oppure la sua giornata nera va inquadrata nella cornice generale, per cui ha dovuto scontare le deficenze dogli altri? Grabbi e Torriani non si può dire che abbiano fatto male, ma certo non hanno compiuto prodigi. Ora poiché ognuno dogli uomini dell'attacco ha giocato al di sotto delle sue normali possibilità ne è derivato che tutta la prima linea ha avuto un rendimento mediocre. E basterà un particolare per tutti: dei tiratori come Hirzer, Rosetta e Munerati il solo shoot che Gianni ha parato gli è giunto da Grabbi. Ma è il caso di dire che come una rondine non fa primavera neppure un solo shoot fa il goal. E si è giunti così all'esito pari, esito che infine a seconda dello spirare del vento le squadre hanno difeso strenuamente e che i bolognesi hanno salutato con gioia. Messi al sicuro da una sconfitta a Torino, dopo una partita che li vide più agguerriti e più forti, essi sperano di poter trarre miglior partito dalla contesa che si svolgerà su campo neutro a Milano. Tuttavia si può in proposito osservare: per aver ragione della Juventus, che alla distanza accusò minor stanchezza dei bolognesi, bisogna pensare che essa debba disputare una partita meno concludente ancora di quella di ieri. Ora tutto è possibile, ma se i ricorsi mnemonici possono valere qualche cosa diremo che di partite così scialbe i bianco-neri al pubblico torinese ne hanno offerta una sola: quella contro il Padova. Il bis e venuto dopo qualche mese, forse perchè i iuventini ritenevano non troppo (...) impresa dominare in casa loro i rosso-blu. A Milano potrebbero anche ritrovare la loro giornata. Sa cosi fosse sarà possibile agli uomini di Della Valle battere i bianco-neri; dopo che essi, nelle precarie condizioni di forma in cui giocò la Juventus ieri, furono incapaci di concretare in maniera tangibile la loro superiorità? Le nostre sono domande a cui non è consentito rispondere. Tuttavia sarà consentito dire sin d'ora che un pronostico in merito non solo non è prudenza farlo, ma è altresì impossibile trarre l'oroscopo sulla contesa che si vivrà a nostro parere fino alla fine in una splendida incertezza. Sul campo del Milan chi avrà più rete farà più tela...

La partita

Quando Gama chiama in campo le squadre il cielo è coperto, perciò Bigatto che è favorito dalla fortuna per la scelta del campo preferisce la parte a nord. Allo 16.40 è dato il calcio di invio. Greve palleggio e la palla va fuori. Rimessa in gioco, tentativo di Della Valle di scendere verso Combi, pronto intervento di Bigatto e il pallone è ancora fuori. Si ricomincia e questa volta le cose si mettono male pel Bologna. Meneghetti allunga a Hirzer questi a Torriani. Pochi passi e poi il pallone arriva a Rosetta che è libero. Come una folgore è su Gianini... a pochi passi in un attimo di esitazione... il precipitarsi di Borgato e Gasperi... e il pallone non entra. L'azione è stata chiara, travolgente, impetuosa. Avrebbe meritato maggior fortuna. Il Bologna si risveglia e abbozza un tentativo di discesa fatto a dovere. Muzzioli non sa concludere. La palla ritorna al centro; al 5.o minuto Grabbi rompe una discesa di Genovesi con un fallo. Poco dopo è Weber che carica in malo modo Rosetta; il calcio di punizione provoca una mischia presso Gianni. Altra sgroppata bolognese. La seconda linea offre l'estro alla prima per una bella discesa che è rotta da Allemandi. Un minuto dopo Hirzer fa trattenere il respiro ai supporters rosso-blu, ma Borgato salva a tempo. Si assiste ora a una controffensiva in piena regola dei bolognesi: saranno i soli minuti, pochi per altro, durante i quali il Bologna ha dimostrato la sua potenza e... la sua debolezza. Combi ha visto concludere con parabole alte e a lato tiri, sull'esito dei quali se indirizzati esattamente non si sarebbe sentito di guizzare. Giordani e Genovesi costituiscono in questo scorcio di tempo una retroguardia preziosa per gli avanti. All'undicesimo minuto Combi salva un tiro di Schiavio, sparato da vicino e alto, che gli costa anche qualche dolore fisico. Poco dopo Ferrero per cavarsela col minor danno manda in corner. Ecco Perin chiamare ancor al lavoro Combi, il quale ha un po' di tregua grazie a Hirzer, mentre Borgato salva la situazione punto allegra per Gianni, situazione che si ripete e che si chiarisce a tempo opportuno pel Bologna per un fallo di Rosetta contro il veneziano.

Pressione bolognese

Ma riecco il Bologna all'attacco, per cui Viola al 21.o minuto manda in corner; nella stessa maniera, salva due minuti dopo una fuga di Muzzioli, che si annunziava pericolosa assai. Combi para il tiro a pugni chiusi, il pallone viene raccolto da Della Valle che potrebbe segnare con facilità... ma il pallone va fuori, che è troppo alto. Il pubblico incita a gran voce la Juventus che riesce a uscire da quel cerchio; conduce la sgroppata Hirzer, ma Borgato salva ancora. Poco dopo il Bologna è in corner, per miracolo. Tutta la prima linea bianco-nera è nell'area di Gianni. Si combatte vivacemente. Un rinvio di Meneghetti consente a Grabbi di passare a Rosetta che gira al volo. Mal piazzato « Viri » calcia debolmente. Con un balzo felino Gianni arresta la palla proprio presso il palo e il ball va in corner, che è nullo. Le minaccia presso lo singole porte hanno il potere di scuotere la squadra pericolante, e infatti la reazione bolognese è pronta e termina con un tiro a pochi metri di Schiavio. Ma la palla è una volta ancora troppo alta. Dello stesso peccato si rende colpevole Rosetta tre minuti dopo. Della Valle conduce ora verso Combi i suoi compagni, ma la palla tirata verso Combi passa rasente il palo. Ricomincia la pressione bolognese, potente e ordinata. E' anche merito di Weber, che sa ora essere di aiuto efficace ai compagni. Abbiamo così due tiri di Perin che hanno il torto però di essere indirizzati al pubblico anziché a Combi. Al 43.o minuto scontro tra Viola e Muzzioli presso la linea di fondo juventina: il bolognese esce per un paio di minuti e poi rientra... per sentir fischiare la fine del primo tempo. Bilancio: più compatta la squadra bolognese, più disordinata quella juventina, che non ha ancora saputo ritrovarsi. In complesso superiorità bolognese. Secondo tempo: è favorevole agli ospiti. La Juventus ha mosso Munerati al centro e Rosetta mezzo destro. Un mutamento che non porterà benefici di sorta. Per i primi minuti la difesa juventina ha il suo da fare a contenere l'attacco bolognese che è partito all'assalto con un brio indiavolato. Tutta la seconda linea, compreso Rosetta, è in aiuto dei terzini, tra i quali Ferrero si arrabatta o rende poco. E' Munerati che al quinto minuto porta via il pallone dall'area torinese e giunge fin presso Gianni dopo aver giocato quattro avversari. Ma Gasperi riesce a formare il pericoloso bianco-nero. Ma l'offensiva torinese si ravviva per merito di Hirzer.

Il lavoro di Combi 

Il quale per altro l'ha da dire continuamente con Giordani, che non lo abbandona mai. E se riesce a superare Giordani ecco Borgato, che dopo aver fermato Hirzer nella sua corsa allunga a Della Vallo precipitatosi in difesa. Un lungo traversone di questi e Muzzioli fa giungere improvvisamente la minaccia verso Combi. A due metri dal fondo il bolognese centra. La palla viene a cadere quasi a fil di palo. Combi a palmo aperto accompagna il pallone e riesce alfine a impossessarsene. Il pericolo è di incentivo ai torinesi. Hirzer fila come una saetta, ma premuto dai bolognesi passa a Grabbi. Nulla di fatto. Registriamo un fallo di Viola e poi un urto tra Allemandi e Martelli. Questi esce per qualche secondo e poi rientra, mentre Grabbi sfuggito a Genovesi passa inutilmente al centro. Ma il pericolo vero è ancora presso Combi. Prima Schiavio tira alto da una diecina di metri e Combi può respirare, ma subito dopo, sulla destra, ove Martelli lavora egregiamente, la situazione si fa più critica. Sono presso l'ala destra Allemandi, Bigatto e Della Valle. Martelli riesce a calciare da una dozzina di metri. La palla — non si riesce a capire come — passa in mezzo a numerose gambe e giunge a Combi. Un tuffo velocissimo e il goal che sembrava inevitabile è scongiurato. Il pubblico scatta in un frenetico applauso, ben meritato. Hirzer ritorna in scena ma Borgato gli intralcia il cammino. Poco dopo per un fallo di Bigatto contro Della Valle, Genovesi tira un calcio di punizione da una quindicina di metri. Combi blocca. Subito dopo altro tiro pericoloso di Martelli, il portiere juventino arresta anche questo sooth.

Riscossa bianco-nera 

Finalmente i torinesi si scuotono. Una discesa torinese è fermata per fallo di Della Valle. Nullo il tiro, la palla, su rinvio di Gianni, è a Meneghetti, che la rinvia agli « avanti ». Il Bologna è in « corner ». I « bianco-neri » stazionano nell'area bolognese, e Gianni ha il suo da fare. Hirzer tenta farsi luce, ma è soverchiato nella mischia presso la « porta » felsinea dalla mole degli avversari. Al 3.o minuto, altro « corner » contro Bologna. Ancora un paio di minuti e la riscossa torinese, che è durata sette o otto minuti, si esaurisce. Abbiamo così due tiri, alti però, di Schiavio e Martelli al 33.o e 36.o minuto. Sono peraltro gli ultimi guizzi dell'attacco bolognese, i cui uomini sono molto provati. Ne approfittano i « bianco-neri » per tentare il serrate finale. Al 37.o minuto Grabbi, che ha raccolto un lungo traversone di Hirzer, si sposta al centro e tira un preciso — anche troppo! — « soott » a Gianni, che lo blocca senza difficoltà. Poco dopo, un fallo bolognese, proprio sul limitare dell'area della « porta », provoca un tiro che Rosetta manda troppo alto. Da questo momento il vercellese è arretrato a « terzino », e Ferrerò passa in prima linea. Il provvedimento non rese vantaggi molto sensibili, perché Ferrero è indisposto e il suo contributo ai compagni di linea è relativo. La Juventus, tuttavia, insiste ancora all'attacco e proprio a un minuto dalla fine è la fortuna che protegge Gianni, il quale si salva non si sa come da una situazione criticissima. Ancora qualche trama torinese presso la porta del Bologna e poi la fine. I giocatori ospiti esultano e si baciano e abbracciano, mentre il pubblico, non troppo soddisfatto, sfolla lentamente. Era tanto il pubblico che sono occorsi quasi trenta minuti per sfollare il campo. Gli appassionati prendono congedo dalle conoscenze occasionali e dagli amici con l'arrivederci a Milano. Il cielo volesse che almeno ce ne partissimo dalla Capitale lombarda il 1.o agosto, dopo aver salutato sul campo la squadra campione. « Quod est in votis... ». Ecco le squadre:

Juventus: Combi; Ferrero, Allemandi; Viola, Meneghetti, Bigatto; Grabbi, Munerati, Rosetta, Hirzer, Torriani. 
Bologna: Gianni, Borgato, Gasperi; Giordani, Weber, Genovesi; Martelli, Perin, Schiavio, Della Valle, Muzioli.

Il pubblico

Un pubblico veramente enorme ha assistito alla partita. Il campo della Juventus non ha mai ospitato tanta gente. Si calcolano almeno 15 mila gli intervenuti; e l'incasso si dice rasenti le 200 mila lire. Due « record », non raggiunti neppure in occasioni di grandi matches internazionali. Due ore prima che la partita incominciasse nei posti popolari è stato messo il cartello dell'esaurito. Ma otto mila persone vi avevano già preso posto. Gremite le due grandi scalee laterali dei « popolari » e delle tribune; gremito il « parterre » con le sue gradinate di legno, quelle stabili e quelle allestite per l'occasione. Ogni angolo preso d'assalto. Difficile la circolazione. Fuori, lateralmente al campo, un immenso parco per automobili con centinaia di macchine. Ne sono venute da Bologna e da tutte le città dell'Alta Italia. Verso le 14.30 alla Barriera di Milano è stato notato il passaggio di una ventina di macchine, tutte in gruppo, che provenivano da Novara. A differenza del pubblico invernale che presenta l'aspetto di una gran macchia scura, quello di ieri, specie nel posti popolari, appariva intonato prevalentemente al chiaro. Ciò era dovuto al fatto che quasi tutti ai sono tolte le giacche, mettendo in mostra le camicie. Delle bambine vendevano dei rustici cappelli di paglia, con un piccolo nastro dai colori della Juventus (nero e bianco), al prezzo di due lire. Hanno fatto affaroni. Moltissimi si sono coperti la testa con quel cappotto a larga tesa che dava loro un aspetto da... messicani. Giornali e fazzoletti sventaglianti accrescevano la nota chiara. Hanno fatto affaroni anche i venditori di bibite rinfrescanti. Nelle tribune si notano molte eleganti signore. Sono pure presenti tutti i giocatori « nazionali » reduci da Stoccolma e quelli di molte squadre, anche di centri lontani. Le maggiori autorità calcistiche non mancano. Notiamo il commissario unico Rangone, l'avvocato Bozino, ecc. Si notano anche autorità politiche quali gli on. Bagnasco e Olivetti, autorità militari, come il generale Ferrari, comandante la Divisione, ecc. Numerosi rappresentanti della stampa. A girare in mezzo a questa folla si sentirebbero per lo meno metà dei dialetti d'Italia. Nei posti popolari ogni tonto fa la sua apparizione una bandiera rossa e bleu, cioè dai colori del Bologna. Attorno ad essa è tutta una colonia di bolognesi. Un treno speciale infatti, ha portato nella nostra città centinaia di « supporters » dei campioni d'Italia. A non molta distanza dal vessillo bolognese, ecco comparire di quando in quando, un altro a strisce bianche e nere, il simbolo della Juventus. Ma, per buona sorte, si agitano solo i vessilli: gli... eserciti stanno fermi e calmi al loro posto in attesa degli eventi. E neppure durante la partita si sono avuti a lamentare incidenti. Qualche battibecco, qualche manifestazione di simpatia o antipatia un po' esuberante, qualche coro di fischi ma nulla più. In complesso, contegno educato da entrambi le parti. Come misura precauzionale, però, l'autorità aveva disposto per un ampio servizio d'ordine. Fuori del campo si trovavano carabinieri a cavallo, internamente, carabinieri a piedi e milizia. Anche nel recinto destinato ai giuocaton sono stati scaglionati dei carabinieri, per impedire eventuali invasioni del campo di gioco. Ufficiali e funzionari sono al comando di questo abbondante servzio d'ordine, che però non ha occasione alcuna di intervenire. Intanto, all'avvicinarsi dello 16.30 il pubblico reclama a gran voce i giuocatori. Per ingannare il tempo, si è già cantato e suonato delle trombe... E' tosto accontentato. Entrano per primi in campo l'arbitro Gama con i guardia-linea Gama « junior » e Bonello. Poi irrompono di corsa i giocatori bolognesi, salutati da grandi applausi, tosto seguiti dai juventini, cho riscuotono lunghe acclamazioni. Macchine fotografiche e cinematograflche entrano in azionei. Qualche minuto di palleggio poi avviene lo scambio dei fiori. A Meneghetti è presentato, a parte, un mazzo di fiori, dono della colonia novarese di Torino, che l'ha accompagnato con un cartello recante la caricatura del popolare « Menega ». Una tromba, che ricorda quella dei tram a vapore, si fa interprete dell'impazienza generale, suonando l'arrivo... E l'arbitro, cortese, fischia subito l'inizio della partita. La contesa è seguita col massimo interesse, con la vivacità e l'esuberanza, che tuttavia non trascende mai, che è propria dei « supporters », del giuoco del calcio. Incitamenti a gran voce sono gridati agli uomini che lottano nel prato, specie ai juventini. A momenti di silenzio e di sospensione seguono alti clamori. Bonaccia e burrasca... Applausi e fischi. Man mano che il gioco procede si nota un senso di delusione nei sostenitori della squadra concittadina. Essa non sembra all'altezza della sua fama e del suo recente passato, che le ha valso brillantissime vittorie. Ce chi dice che i bianco-neri non hanno mai giocato cosi male. E doveva capitare proprio nella partita culminante. Anche i sostenitori del Bologna, però, sono contrariati. La loro squadra si dimostra superiore all'avversaria ma... non riesce a segnare. E' un bel guaio ! Senza goals non si prende il campionato. E difatti la partita finisce senza marcature di punti, pari, zero a zero. Tale risultato lascia dell'amaro agi uni e agli altri per le speranze di vittoria andate deluse! Ma l'amaro maggiore, a giudicare dai commenti, lo provano i supporters dei torinesi i quali trovano proprio che i loro beniamini hanno avuto quello che si dice una pessima giornata. Ma, siccome c'è conforto a tutto, tutto, la pillola amara del presente è addolcita collo zucchero del futuro. « Se la Juventus, si dice, non è stata battuta oggi che ha giocato male come non mai, non lo sarà neanche domenica a Milano, nella decisiva, poiché è impossibile che non giochi meglio. Perciò possiamo bene sperare nella vittoria...» . Ma anche i bolognesi hanno il loro otttmismo: « Non ci hanno vinto in casa loro; siamo stati superiori; lo saremo ancora di più in campo neutro, a Milano ». Così, fra questi conversari, il pubblico sfolla.

Stagione
Squadra
Campionato
Coppe naz.
Coppe euro.
Altre coppe
Totale
Com
Pres
Reti
Com
Pres
Reti
Com
Pres
Reti
Com
Pres
Reti
Pres
Reti
1922-1923
Bologna
1D
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
1923-1924
Bologna
1D
24
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
24
0
1924-1925
Bologna
1D
29
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
29
0
1925-1926
Bologna
1D
23
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
23
0
1926-1927
Bologna
DN 
19
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
19
0
1927-1928
Bologna
DN 
14
0
-
-
-
-
-
-
-
-
-
14
0


109 
0


-
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109
0
Legenda:
1D – 1ª Divisione (massima serie).
DN – Divisione Nazionale (massima serie).






Giovanni Borgato (Venezia, 10 gennaio 1897 – 1975). 109 presenze nel Bologna tra 1D e DN con 0 gol, dall'esordio, 7 ottobre 1923, all'ultima partita in rosso-blu, 15 luglio 1928. Per un lustro terzino titolare del Bologna e pilastro della linea difensiva. Con i rossoblù ha vinto 1 scudetto (1924-1925). Con la Nazionale 1 presenza e 1 convocazione come riserva con 0 reti.